Il sindaco: “25 aprile patrimonio inestimabile”

Lunedì 25 aprile, ricorre il 71° anniversario della Liberazione Nazionale. Il programma delle cerimonie -promosse dal comune, dalla prefettura e dallapProvincia di Livorno – è stato presentato alla presenza dell’assessore alla cultura Serafino Fasulo, del direttore Istoreco Catia Sonetti e dei rappresentanti di Anpi, Anpi Anppia, Coordinamento femminile Anpi Anppia, Arci Solidarietà, Anei, e Aned (clicca qui per leggere il programma di Shangai in Festa per il 25 aprile). Clicca sul link in fondo all’articolo per vedere le immagini all’interno della fotogallery di Simone Lanari.
L’assessore Fasulo ha dichiarato che “non saremmo abbastanza rispettosi della memoria se non facessimo un lavoro quotidiano, lavoro che può esser svolto attraverso l’arte in genere. Il lavoro è poi sul nostro patrimonio storico, sui personaggi che spesso hanno sofferto per liberarci tutti. Quindi dobbiamo rendere giustizia ai nostri morti e alla memoria che deve essere un bene del futuro e non un bene del passato”. Ma è stato anche il giorno dedicato alla tradizioni cittadine. Al via la stagione remiera con il Trofeo della Liberazione: clicca qui per saprene di più e per consultare il programma.

 

Il discorso del sindaco – “Il 25 aprile è un patrimonio inestimabile per il nostro Paese perché i valori della Resistenza e dell’Antifascismo sono impressi a chiare lettere, indelebilmente, nella nostra Costituzione e, fuori da ogni retorica, continuano a regolare, da oltre settant’anni, il nostro vivere.
Tutti noi ogni giorno, pur inconsapevolmente, beneficiamo di quelle conquiste, rese possibili grazie all’affermarsi di questi valori, che ormai in tanti danno per scontati, ma per i quali nostri cittadini e nostre cittadine hanno combattuto, spesso al costo della propria vita.
Difendere oggi la Carta fondamentale, da ogni tentativo di stravolgimento, è dunque un atto partigiano e non certo conservatore, perché la lungimiranza dei nostri Padri Costituenti ha fatto si che questa legge sia “viva”, dinamica, perché lo stesso Art.138 consente al Parlamento di poterla cambiare, democraticamente.
Ognuno di noi può, anzi, deve difenderla, attraverso il proprio agire quotidiano.
Antonio Gramsci nel suo “Odio gli indifferenti” ammoniva che “chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria”.
Fare il proprio dovere di cittadino, vivendo in armonia con gli altri, nel rispetto dei beni comuni, vigilando sui soprusi, equivale quindi a combattere l’indifferenza, praticamente celebrando il 25 aprile ogni giorno in omaggio a tutti coloro che hanno dato vita alla Lotta di Liberazione.
La guerra in Medio Oriente, gli attentati di Parigi e Bruxelles, l’incessante flusso di migranti verso la Vecchia Europa, i muri eretti alle frontiere, l’esplosione di spinte xenofobe sembrano pagine di un libro già letto e che speravamo aver relegato al Secolo Breve.
Le paure generano, da sempre, quei mostri della ragione per i quali l’unico antidoto è l’esercizio della Memoria perché, citando Santayana, “quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo”.
E’ quindi un dovere di ogni amministrazione ricordare, un impegno doloroso ma necessario: le leggi raziali, gli eccidi nazifascisti di Marzabotto, Fosse Ardeatine e Sant’Anna di Stazzema, l’orrore profondo dell’Olocausto.
La Resistenza non è stato solo il riscatto di un popolo al ventennio della dittatura fascista, ma ha dato i suoi frutti, anche dopo la fine della guerra, a partire da quel 2 giugno di settant’anni fa con il voto a suffragio popolare esteso, per la prima volta, alle donne.
Un passaggio fondamentale che ha cambiato radicalmente il Paese, con l’ingresso in politica delle donne, fatto che rivoluzionò il ruolo stesso della donna italiana, fino ad allora esclusa dalla vita pubblica e relegata, anche in ambito familiare, in posizione subalterna.
Ricordo qui le parole che Osmana Benifei, partigiana, pronunciò in occasione della cerimonia della Livornina che ebbi l’onore di consegnargli l’anno scorso:

“A fare la Resistenza non eravamo molte. Le donne dovevano occuparsi della casa e dei figli, era difficile fare politica attiva. Ma onori e riconoscimenti ce li siamo conquistati sul campo perché abbiamo collaborato a rimettere in piedi le strutture democratiche in tutto il Paese, a costo di grandissimi sacrifici”.

Mi piacerebbe che le sue parole risuonassero con forza dentro di noi, perché, senza la collaborazione tra cittadini, l’idea di un Paese veramente libero rischia di rimanere solo un’utopia.
Voglio un’altra grande figura femminile, quella di Teresa Mattei, la più giovane eletta nell’Assemblea Costituente tra le 21 donne che ne fecero parte, scomparsa tre anni fa.
Teresa, come Osmana, fu sempre in prima fila nella battaglia per i diritti delle donne, per l’uguaglianza dei cittadini, contribuendo nell’Assemblea Costituente, in particolare alla stesura dell’articolo 3, uno dei principi cardine della nostra amata Costituzione.
“Spetta a tutti noi (…) di partecipare attivamente alla gestione della cosa pubblica per rendere effettiva e piena questa sovranità popolare” disse durante il suo discorso alla Costituente nel marzo del 1947.”
Per questo l’invito rivolto, da Gramsci ai cittadini, a non essere indifferenti è, ancor oggi, un manifesto di straordinaria modernità perchè “non esistono i diritti se non si esercitano i doveri”.
Noi oggi festeggiamo questo 25 aprile in un clima generale del Paese che molto ha perso di quell’entusiasmo post-resistenza: ed è da qui che, invece, ritengo si debba ri-partire nella consapevolezza (e torno al rapporto diritti/doveri) che il punto più critico sia rappresentato dal rapporto intergenerazionale.
Vedete penso che per tutti noi sia necessario un atto di umiltà assoluta.
Noi stiamo vivendo in un Paese che ha al suo interno generazioni che dalla ricostruzione post bellica hanno ricevuto e stanno continuando a ricevere, in termini di stato sociale, forse “anche troppo”. Nel contempo ci sono invece da una parte generazioni successive a quelle che attualmente stanno ricevendo “poco” ma che grazie a quell’ “anche troppo” riescono ad andare avanti e dall’altra le generazioni più giovani che non solo non riescono a trovare lavoro ma che già sanno che nel loro futuro c’è un orizzonte in cui riceveranno da quello stesso stato sociale indubbiamente “troppo poco”.
Ecco il compito principale della politica è oggi quello di porre rimedio a questo conflitto intergenerazionale che, in chiave globale poi, altro non è che l’essenza stessa delle migrazioni.
Ed il punto su cui agire, seppure contestualizzato all’oggi, è lo spirito di fondo della Resistenza: ovverosia l’idea che nell’affrancamento della dittatura occorra porre il seme di una società giusta dove l’equidistribuzione delle risorse – che è altra cosa rispetto all’egualitarismo – rappresenti l’antidoto principale ad ogni rigurgito anti democratico.
Mi sembra però che questa non sia una consapevolezza diffusa e quindi oggi il mio augurio va proprio in questo senso.
Viva la Resistenza, Viva l’Italia, Viva l’Europa”

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