Santa Giulia, corteo tra 2000 fedeli. Coppa, trionfa il Borgo. I risultati
Il vescovo: "Il nemico? E' la burocrazia". I bianconeri si portano a casa la gara a dieci remi, quella femminile e il trofeo under 18
di Roberto Olivato
Una partecipazione così numerosa non si era mai vista. (leggi qui tempi, risultati e foto della Coppa Santa Giulia) Queste le parole di uno dei responsabili degli eventi religiosi della diocesi. Effettivamente sono state valutate in circa duemila le persone che ieri pomeriggio, festa di Santa Giulia, hanno preso parte alla processione ed altrettante presenti lungo il percorso, che assieme al vescovo Simone Giusti hanno accompagnato le reliquie della Patrona di Livorno, con la fanfara della brigata Folgore che ha garantito la colonna sonora (come di consueto potrete trovare la fotogallery del corteo nel link in fondo all’articolo).
La funzione religiosa svoltasi in cattedrale è stata quella delle grandi ricorrenze, con tutti i sacerdoti e diaconi della diocesi, autorità civili e militari, tantissime associazioni con i loro labari e tanta, tanta, tanta gente a dimostrazione della devozione che oltre alla Madonna di Montenero, i livornesi rivolgono a Santa Giulia come ricordato dal vescovo. “Sono a conoscenza di diverse grazie ricevute per intercessione di S.Giulia e mi auguro di vedere presto il tempietto della nostra Patrona arricchirsi di ex voto, come al Santuario di Montenero”, ha ricordato Giusti.
Ma monsignor Giusti parlando del martirio a cui fu sottoposta Santa Giulia, per non aver voluto rinnegare la propria fede, ha ricordato i casi di due giovani donne perseguitate perché cristiane. “Qualche giorno fa una giovane madre sudanese Mariam Yehya Ibrahim, incinta di otto mesi, è stata condannata a morte per impiccagione, perché cristiana, ma anche in Pakistan una madre di cinque figli è stata condannata a morte ed è in carcere da quattro anni. Questi sono esempi che devono farci riflettere – ha detto il vescovo -Ancora ai nostri giorni per amore di Gesù si arriva a farsi ammazzare pur di non rinnegarlo, del resto lui è finito sulla croce per il suo infinito amore verso l’umanità”.
L’amore verso il nostro prossimo ha offerto lo spunto a Giusti per ricordare quanto ormai sia urgente intervenire verso la povertà presente anche a Livorno, a sostegno del suo allarme ha parlato di 5000 persone a cui la Caritas giornalmente offre generi alimentari, ma anche abbigliamento ed a volte medicinali. “Bisogna che le istituzioni si attivino subito perché la situazione è veramente allarmante. La Caritas di via Donnini e di Torretta stanno per scoppiare, c’è bisogno di volontari che aiutino a gestire le migliaia di persone che quotidianamente si rivolgono a queste due sedi. Non ci è più consentito far finta di nulla, perché la povertà si sta’ estendendo a macchia d’olio”. A questa sorta di Sos ha richiamato anche i candidati a sindaco, augurandosi di poter vedere nel futuro sindaco un attivismo capace di attrarre investimenti, atti a rimettere in moto l’economia della nostra città, da troppo tempo in fase stagnante.
L’OMELIA DEL VESCOVO GIUSTI
Il martirio dei cristiani è tornato di triste attualità e non solo nei paesi dove è in vigore la sharia. Si torna ad andare in carcere se si indossa una maglietta pro-familia come a Parigi oppure se proclami dei versetti di San Paolo per le strade di Edimburgo nella laica Scozia. In Sudan una sposa e madre è condannata a morte perché non accetta di convertirsi a forza all’Islam, a Parigi o a Edimburgo si parla di ben altre sanzioni ma tant’è, è tornato rischioso l’essere cristiani. In Italia tutto ciò è solo un’eco per fortuna lontana anche se certe avvisaglie non mancano.
Ma ben altro martirio ci chiede per fortuna Giulia oggi a noi cristiani livornesi. Ci chiede il coraggio di rinnegare noi stessi, il nostro egoismo, il nostro narcisismo mortale per saper condividere con i molti nostri concittadini che sono in profondo stato di disagio, ci chiede di saperci fare prossimo. Non è facile farsi prossimi perché tendiamo sempre a considerarci il buon samaritano che soccorre, ben di rado, il povero uomo soccorso dal samaritano. Cercherò di spiegarmi meglio.
Sulla strada verso Gerico. Il teatro del dramma è una via tracciata in una gola profonda che porta da Gerusalemme a Gerico, in una zona disabitata, propizia alle imboscate: scenario di morte che ben riflette il dramma umano che vi si consuma (colui che scende è semplicemente un uomo). Non ha caratteristiche speciali, ruoli o status sociale. Incappato nei briganti viene spogliato, percosso, abbandonato, mezzo-morto. Dopo la presentazione del ferito, ecco quella laconica di un sacerdote e di un levita che lo incontrano, ma lo rifiutano, passano dall’altra parte, lo evitano. Essi non si riconoscono nel ferito, perché pieni del loro ruolo. E l’indifferenza è sottolineata dal loro andare oltre, pur passandogli accanto e pur avendolo visto. L’ascoltatore disgustato dal comportamento del sacerdote e del levita viene poi disorientato vedendo entrare in scena un ‘buon’ Samaritano. Il Samaritano, uno scismatico (!), non si chiede se il ferito sia giudeo o no, compatriota o straniero, amico o nemico; gli basta trovarsi in presenza di un uomo che ha bisogno di aiuto per «sentire compassione viscerale». Perciò fa per lui non solo qualcosa, ma tutto ciò che può. Il rifiutato viene adottato da un Samaritano che gli fa come da madre e da padre. Il distanziato è così avvicinato, l’evitato è raggiunto, il privo di valore viene restituito alla sua dignità. Si noti che questa sollecitudine continua anche quando il contatto fisico viene meno: «abbi cura di lui e al mio ritorno…». Questi gesti ricordano non solo l’agire di Gesù, ma alludono a quello di Dio stesso. Il provare profonda emozione, il chinarsi, l’abbracciare, il portare in braccio, il curare e fasciare le ferite, ricordano sia alcuni indimenticabili passi di Osea sull’amore di Dio verso Israele, sia la figura del padre buono nella parabola di Luca, palese metafora dell’amore e del perdono divini. L’amore di Dio è certamente il centro della Legge, ma amarlo vuol dire lasciarsi plasmare da Lui fino a far diventare la propria vita una trasparente immagine del chinarsi misericordioso di Dio sulle sue creature. Siamo dunque spinti dalla parola di Gesù a vedere il prossimo come qualcosa di concreto e da un preciso punto di osservazione: a partire dalla situazione di sventurato salvato, più che dal punto di vista del soccorritore-guaritore! Il dottore della Legge viene invitato a prendere posizione a sua volta, ma non dalla parte di chi può fare del bene, bensì di chi è nella sventura. Solo dopo potrà operare da ‘prossimo’. Soltanto così ci si introduce seriamente al concetto di prossimità della fede cristiana: non si può definire il prossimo a partire da noi stessi, come il termine di un proprio fare, di una propria attenzione. Lo si definisce correttamente invece solo a partire da un Altro che ci ha usato misericordia, che ci ha ridato valore, che si è identificato con noi e che si è avvicinato per primo.
Siamo chiamati a farci prossimo non perché siamo buoni ma perché solo l’Amore salva. Solo essendo amore e tenerezza guariamo dai mali che ci affliggono. Chiamati a testimoniare un Amore che guarisce e salva anche dalla morte. Per questo Amore si può dare non solo denari o tempo ma come ci insegna Santa Giulia, tutto se stessi. Sono chiamati a dare se stessi, inderogabilmente se cristiani, coloro che si propongono per la gestione di ciò che è comune. Ma ciò è possibile se si è segnati nella nostra carne dalla sofferenza dei molti abbandonati per le vie del nostro territorio. Dobbiamo «sentire compassione viscerale» verso chi ha bisogno! Charitas Christi urgete nos! Appunto urgenza. Non ordinaria amministrazione. Chi si accinge al governo dei nostri Comuni deve essere consapevole di rapportarsi con città e paesi profondamente mutati i quale esigono risposte pronte a problemi brucianti.
Un Comune non è un imprenditore ma deve facilitare in ogni modo gli imprenditori affinché investano e offrano lavoro. Dovrà creare le condizioni perché si avviino se utile, nuove forme cooperative. Uno dei nemici da vincere è la burocrazia che ad esempio, come è emerso sulla stampa nei giorni scorsi, ci penalizza nello sdoganamento dei container, 48h ad Amburgo, una settimana a Livorno. Ma la burocrazia non è un perfido gioco dell’oca, può essere divenuta espressione di una vigilanza degenerata in potere, al fine di passare dallo stato di diritto a quello dei favori e degli amici giusti, politici o no.
Siamo pronti ad un cambiamento profondo? Ad una rivoluzione, non “contro”, ma “per” qualcuno? C’è la volontà di combattere una burocrazia sovente asfissiante? Si vuole soccorrere chi è steso per terra oppure si continua a passare oltre perché c’è da portare rispetto, in porto o fuori del porto, a poteri forti che non si possono toccare?
Le reliquie della Santa a San Jacopo il 21 maggio
Ultima partecipazione da sindaco per Alessandro Cosimi alla festa di S. Giulia. “Questa è la mia ultima partecipazione da sindaco alla festa della patrona di Livorno città laica ma dove, nonostante la sua marcata laicità sociale ha saputo aprirsi ad una chiesa che, a sua volta, ha saputo integrarsi agendo in sinergia con l’amministrazione, partecipando attivamente alla ricerca di soluzioni alle problematiche della città”. Il breve intervento di Cosimi è apparso più che una commemorazione della Patrona, un saluto ed un ringraziamento al vescovo Giusti per l’attività sociale svolta dalla diocesi. Monsignor Giusti, intervenuto subito dopo il primo cittadino, ha ricordato brevemente la storia della giovane martire ricordando la caparbietà dei livornesi nel volere trattenere in città una reliquia di Santa Giulia, prima che il corpo della Santa venisse trasferito a Brescia. “A dimostrazione dell’affetto e della forte devozione alla santa Patrona che i livornesi ripongono nella loro Patrona, ma vi è un altro segnale della devozione, rappresentato dalle numerose ragazze di nome Giulia presenti a Livorno”.
A trasportare le reliquie della Santa a S. Jacopo, i mezzi della Misericordia assieme a quelli dell’Svs, giunti sul piazzale della chiesa, dopo l’esibizione della fanfara della Brigata Folgore che ha intrattenuto la folla in attesa dell’inizio della cerimonia che è terminata con il tradizionale spettacolo dei fuochi artificiali. Il martirio di S.Giulia, causato dall’essere cristiana, è ancora purtroppo di grande attualità come dimostrano due martiri contemporanee: la pachistana Asia Bibi madre di cinque figli, condannata a morte ed in carcere da quattro anni, oppure la sudanese Mariam Yehya Ibrahim, 27 anni incinta di otto mesi, condannata a morte per impiccagione, perché cristiana. I secoli passano, ma le persecuzioni sembra proprio di no .
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