Don Carlo, addio senza Giusti. “Ti abbiamo lasciato solo”

Il funerale è stato celebrato mercoledì alle 10 nella chiesa di S. Simone davanti a una folla di fedeli. Ecco la lettera letta dal parroco durante l'orazione funebre

Una folla commossa si è stretta nella chiesa di San Simone mercoledì 3 giugno per l’ultimo saluto al suo parroco. Sull’altare Don Luca Albizzi, amico di seminario del prete suicida, che ha celebrato la messa funebre davanti a centinaia di fedeli.
In chiesa assente il vescovo Giusti come aveva richiesto lo stesso Don Carlo nelle sue volontà lasciate scritte prima del tragico gesto.
Don Luca ha letto, a nome suo e della comunità, una toccante lettera d’addio che vi proponiamo in versione integrale qua sotto in cui si chiede perdono per averlo lasciato solo in un momento così difficile della sua vita.

Ecco la lettera letta in chiesa:
“Caro amico ti scrivo… Come diceva il testo di una canzone famosa. Si, Carlo carissimo, anch’io oggi ho preferito scrivere, per fissare un po’ di pensieri e insieme ricordare.. Ci siamo conosciuti circa 25 anni fa, arrivasti a Fiesole in seminario e lì si aprì per te una nuova esperienza, una realtà molto diversa dalla tua Livorno. Abbiamo condiviso momenti belli e fatiche: la difficoltà della vita comune e allo stesso tempo la crescita, in modo vero e profondo, giorno dopo giorno dell’amicizia e della stima reciproca; le risate spassionate durante i famosi dopocena giocando a carte; il confronto serrato sulla dottrina cattolica, la teologia e la politica che ti portava a sostenere dibattiti feroci; le tue passioni: il mondo della Certosa, la musica, l’amore alla tradizione, il cinema di qualità; la tua ironia e le tue battute caustiche e pungenti: le tue piccole manie, e chi non ce l’ha?

Poi il tuo cammino di prete, la parrocchia, la tua visione pastorale molto particolare e tanto lontana dalla mia, le passeggiate con gli amici all’Ardenza per fare qualche bagno e un po’ di mare, le visite da Beppe alla Barcarola…Ricordi belli impressi dentro di noi. Ma il tuo carattere spesso non ti aiutava e tu lo sapevi bene; le tue rigidità, la tua apparente durezza, il tono polemico che ti distingueva sempre durante le discussioni e che parlava delle tue radici e del tuo percorso, cosa che vale per ciascuno di noi.. Eri un solitario, ma bastava saper andare oltre l’apparenza e si scopriva un mondo: una bontà infinita unita ad una grande generosità, una sensibilità che parlava di una storia dolorosa e di tante ferite, un’acuta e curiosa intelligenza, una buona cultura.

Potrei continuare ma non voglio esagerare, non lo vuoi e non è necessario. Il problema, caro Carlo, è che anche in questo mondo e in questo tempo spesso ciò che conta è apparire, più che essere e non si riesce, o forse non si vuole uscire da questa dinamica ambigua e pericolosa. Parole cattive, giudizi sommari, conclusioni affrettate sulle persone e sulle situazioni…dimenticando che, come ricorda una sentenza dell’Antigone di Sofocle: “Molte sono le cose misteriose, ma nulla è più misterioso dell’uomo”. La bontà, la libertà, l’autenticità sono oggi purtroppo spesso fraintese e bistrattate e, a mio parere, fanno paura e ti isolano!

Si preferisce un gioco di equilibri che però è tanto lontano dal coraggio evangelico e dallo stile del nostro Maestro. Che dire ancora, c’hai voluto stupire una volta di più. Dentro di noi c’è un dolore sordo e profondo, c’è sgomento, disorientamento, forse ti abbiamo lasciato solo, ti abbiamo abbandonato, non abbiamo saputo cogliere fino in fondo i segnali che tu ci mandavi..Perdonaci Carlino.
Perdona la nostra distrazione e la nostra superficialità, il poco tempo dedicato alle cose che alla fine contano davvero nella vita di un uomo. Credo che insieme al vuoto, in questo momento tu lasci a tutti noi un invito che diventa anche un insegnamento o forse meglio un compito: imparare a fare silenzio, tacere, essere umili e più misericordiosi verso gli altri, riscoprire la pietà cristiana, astenersi sa ogni tipo di giudizio, vivere sempre la prossimità a chi sta male nel corpo ma anche nello spirito, superando certe forme di falso pudore, recuperare un profondo senso del rispetto della persona.. Con la certezza- come ci ricordava il passo del libro di Tobia- che: “Tu sei giusto, Signore, e giuste sono le tue opere.

Ogni tua via è misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo”. Mi raccomando, ora che sei più vicino alla Luce, da lassù accompagnaci e sostienici, ne abbiamo tutti bisogno, e ne hanno più bisogno la tua mamma e tuo fratello.. Sicuramente incontrerai don Antonio, mons. Ablondi, don Riccardo e altri amici, salutaceli. Un abbraccio da tutti noi e buon viaggio!”.

Il vescovo sulla vicenda. L’intervista da “lasettimanalivorno.it”- Mons. Giusti racconta al giornale della Diocesi (clicca qui) come negli ultimi giorni don Carlo fosse molto più sereno, aveva chiesto di andare fuori Diocesi ed aveva trovato accoglienza a Volterra; si stava già preparando al trasloco. Il 21 giugno avrebbe salutato la parrocchia. Nessuna avvisaglia dai parrocchiani o dai familiari.
Eccellenza lei nel suo comunicato parla di stupore per la morte di don Carlo, ma lei o suoi collaboratori, non avevate avuto qualche avvisaglia di questo insano gesto?
«Certo che no, anzi nell’ultima settimana i rapporti si erano fatti molto più sereni. Posso elencare una sere di fatti: in una sua lettera inviatami qualche giorno fa mi annunciava la sua disponibilità a lasciare la parrocchia di San Simone così come concordato con lui più di un anno fa e mi diceva anche la data in cui avrebbe salutato i suoi parrocchiani, domenica 21 giugno. Nei giorni scorsi aveva anche incontrato il suo successore, don Valerio Barbieri, lo aveva accolto molto cordialmente e avevano iniziato a concordare i dettagli dell’avvicendamento. Il clima si era a tal punto disteso che in un’ulteriore lettera fattami pervenire alla fine della scorsa settimana, metteva per iscritto la sua rinuncia ad ogni azione di rivalsa presso la Santa Sede a proposito del trasferimento e mi chiedeva la possibilità di andare a esercitare il ministero pastorale con i suoi vecchi amici di Seminario ovvero di poter essere accolto o nella diocesi di Fiesole o in quella di Volterra. E’ stato ricevuto mercoledì scorso dal Vescovo Mario Meini di Fiesole ma non ha potuto accontentarlo perché in questo momento Fiesole non ha parrocchie disponibili, mentre invece la diocesi di Volterra aveva dato l’assenso per accogliere don Carlo. Come si può immaginare ieri ho ricevuto moltissime telefonate e in una di queste, quella del Vescovo di Fiesole, mi si diceva il dolore per la scomparsa di don Carlo ma al tempo stesso lo stupore dei suoi stessi amici Fiesolani che avendolo sentito e visto nei giorni scorsi,  ne avevano tratto una impressione di un uomo che stava superando, sia pure a fatica, un momento delicato della sua vita. Avevano visto don Carlo più sereno e grato per le porte aperte trovate. Inoltre, mentre nelle settimane scorse avevo ricevuto tante lettere dai suoi parrocchiani che mi raccontavano lo stato d’animo di don Carlo, in questa ultima giorni neppure un biglietto che mi accennasse o mi facesse pensare che le cose stavano precipitando.  Da quanto so, nessuno degli amici o familiari di don Carlo, aveva avuto la percezione di quanto si stava preparando. Come già  ho detto, i segnali erano ben altri».

IL VESCOVO GIUSTI (FOTO ALESSANDRO MAGGINI)

Ma allora cosa è successo?
«Non saprei proprio dire, mi auguro che gli inquirenti ci aiutino a fare luce su di un fatto tanto inaspettato quanto doloroso. Credo che al momento, l’unica seria cosa da fare, sia pregare e invocare la misericordia di Dio.  A questo proposito invito tutte le parrocchie della diocesi, a celebrare domani per il nostro confratello don Carlo».

I sette testamenti – Nella tragedia di San Simone, chiesa nella quale si è suicidato il parroco don Carlo all’età di 54 anni, spunta un giallo. Quello relativo a una cassaforte e a sette testamenti di un anziano prete. Come riporta il Corriere.it si tratterebbe di don Ezio che prima di lui era stato parroco a San Simone, e che per “don Carlino”, così lo chiamavano nel quartiere, è stato il padre spirituale. Ebbene, nella cassaforte della casa parrocchiale di don Carlo sono stati trovati e sequestrati dei manoscritti fra il parroco e il vescovo in cui si parla dei conti correnti bancari di don Ezio e gli estratti conto di una banca insieme a sette testamenti firmati proprio da don Ezio. Il giorno della tragedia la polizia ha inoltre sequestrato il computer di don Carlo, oltre al telefonino e al tablet che adesso dovranno essere analizzati per fare luce su questo giallo. La Procura, intanto, ha aperto un fascicolo.

I funerali – Il Vescovo ed il Consiglio Episcopale hanno accolto le ultime volontà di don Carlo Certosino: il funerale sarà celebrato mercoledì alle 10 nella chiesa di S. Simone e sarà presieduto da don Luca Albizzi, sacerdote della diocesi di Fiesole, amico di don Carlo. Mons. Giusti si è detto inoltre disponibile a offrire la cattedrale per le esequie, così come richiesto da alcuni familiari del sacerdote. Il Vescovo ha inoltre nominato don Annibale Reyes amministratore parrocchiale della parrocchia di S. Simone e domenica prossima il sacerdote presiederà anche le prime comunioni.
Don Annibale resterà a S. Simone fino al 1° luglio, data in cui don Valerio Barbieri diventerà il nuovo parroco di S. Simone.

Don Carlo era stato trasferito – leggi qui

La tragedia (di Roberto Olivato) – “Chiama il 118, non voglio che mi trovi tu così”: questo il drammatico biglietto fatto trovare, assieme a una penna, il primo giugno ad una parrocchiana che come ogni mattina si recava alla chiesa di San Simone all’Ardenza. Poi don Carlo, parroco di San Simone da 14 anni, è salito nella canonica della soffitta con un panchetto, una corda e uno straccio. Intorno alle 11,30 la macabra scoperta da parte della perpetua stessa del corpo. Scatta l’allarme. Sul posto arrivano gli inquirenti della polizia e dei volontari della Misericordia di Livorno. Poco dopo si precipitano anche Massimo, fratello gemello del prete, l’anziana madre, 81 anni: entrambi residenti al Pontino, il quartiere dello stesso Carlo. Don Paolo Razzauti, don Alberto Vanzi, don Felice e altri sacerdoti. Nel pomeriggio un piccolo drappello di parrocchiani commentava l’accaduto, cercando una risposta a quell’imprevedibile gesto, ma le risposte contrastanti non chiarivano le motivazioni. Chi diceva che l’umore di don Carlo fosse cambiato da quando gli venne comunicato il trasferimento a S.Caterina, chi lo imputava ad una sferzante lettera scritta da una parrocchiana nei confronti del vescovo e del cui testo don Carlo non era assolutamente al corrente.
Un uomo sulla settantina abitante nella stessa palazzina dove viveva anche don Carlo, continuava a scagliare invettive contro il vescovo imputandolo di essere la causa del suicidio, ma chiedendo però l’anonimato, nel classico lancio del sasso nascondendo la mano. Molto probabilmente il clima pesante creato dai parrocchiani pronti a mettersi contro la Curia pur di non veder trasferito il loro parroco, ha esasperato l’animo del taciturno sacerdote lievitando a dismisura, raggiungendo il limite di sopportazione per il suo fragile carattere, come ricordato da una parrocchiana che lo conosceva da diversi anni. Che qualcosa stesse accadendo nell’animo del sacerdote se ne erano accorti i fedeli presenti alla Messa di domenica mattina, notando un affaticamento nel corso dell’omelia e quasi un’estraneità dalla celebrazione, come se la mente fosse già proiettata verso quell’insano gesto che lo avrebbe portato a salire le scale del sottotetto. Forse anche chi lanciava da tempo invettive contro il vescovo ha contribuito a dare il colpo di grazia alla profonda sensibilità di don Carlo Certosino.

Le parole del vescovo – Alla notizia della tragica morte di don Carlo Certosino, il vescovo Simone Giusti, impegnato a Bergamo con i responsabili dell’’ufficio scuola della Diocesi, anche a nome del clero e di tutta la Chiesa livornese ha inviato questo pensiero: “Con immenso dolore, il Vescovo e il Consiglio episcopale storditi, e stupiti, piangono la perdita di don Carlo. Ora è nelle mani di Dio e quindi è in buone mani. Sono mani che conoscono la croce e la disperazione. A queste mani affidiamo il nostro fratello sacerdote. Preghiamo per lui, per i suoi familiari, per la Chiesa tutta di Livorno”.

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