Il barista: “Così mi sono liberato e ho chiesto aiuto”

Il racconto di Angelo Pocai, 38 anni, legato e imbavagliato da due malviventi la sera di mercoledì 24 febbraio. "Ho mangiato lo scotch che mi teneva chiusa la bocca e sono corso in strada"

di gniccolini

“Non so se le pistole fossero finte o meno, ma vi assicuro che quando hai puntata al cervello una canna di un’arma da fuoco stai attento a tutto tranne al fatto che sia vera o no”. Angelo, detto Andrea, Pocai (38 anni) è tornato al lavoro dietro al bancone del suo “Bar Torretta” in via delle Cateratte 28 dopo un giorno di riposo passato a casa a seguito della spaventosa rapina subita la sera di mercoledì 24 febbraio (clicca qui per leggere la notizia). Il suo locale è un via vai di persone, amici, clienti abituali che lo salutano con affetto e chiedono “come va”. Lui lavora a testa bassa. Un caffè, una pasta, un cappuccio, grazie mille. Il sorriso è stampato sulla faccia. Dentro tanta amarezza e paura per quello che è accaduto, addosso nessun segno evidente se non un bel “bozzo” sul collo che mostra scoprendo il maglione. “Qui è dove mi hanno colpito con il calcio della pistola prima di gettarmi come un pacco e chiudermi dentro la cucina”.  Ciao grande come stai oggi, bene grazie si va avanti perché indietro non si torna. A Livorno si sa, tutto si smacchia con un sorriso, con una pacca sulla spalla e un “ti offro una sigaretta”. Anche la paura, il terrore di una notte da incubo può sparire con un raggio di sole e un buon caffè, ma il ricordo non si toglie. Rimane.

IL RETRO DEL BAR TORRETTA DOVE I DUE MALVIVENTI HANNO SCASSINATO LE SLOT E RINCHIUSO IN CUCINA ANGELO POCAI

“Tutto è iniziato intorno alle 21 circa. Erano da poco usciti gli ultimi due clienti, circa dieci minuti – spiega Angelo Pocai a Quilivorno.it – poi sono entrati questi due con passamontagna, occhiali da sole e due pistole puntate. Ho capito subito che non c’era da fare l’eroe, non era proprio il caso quando davanti hai due malviventi che, con tutta probabilità, avevano studiato il colpo alla perfezione. Sapevano infatti dove tenevo le chiavi del bar, hanno abbassato loro le saracinesche per chiudersi dentro e poter agire indisturbati. Se non avessero messo in atto il colpo mercoledì, forse lo avrebbero fatto il giorno dopo, o quello dopo ancora. Ormai ero nel mirino“.
Angelo è sereno e il suo racconto prosegue tra un “macchiato” e una consegna di latte fresco da mettere in frigo.
“Avevano portato dietro uno scotch da pacchi di quelli alti, trasparenti. Mi hanno unito le mani come se dovessi pregare, le braccia protese in avanti con i gomiti perpendicolari al petto, poi mi hanno legato dagli avambracci fino alla punta delle dita. In bocca tre, quattro giri di scotch. Parlavano con un accento dell’est, mi hanno portato sul retro dove abbiamo la saletta con le slot machine e, con una botta sul collo mi hanno chiuso in cucina”.
Angelo racconta che non ha mai perso conoscenza, che ha sentito tutto, ha ascoltato il rumore della violenza infrangersi sui video-poker, le monete cadere a terra, i due rapinatori confabulare. Poi il silenzio. Minuti interminabili per capire se fosse stato il momento di uscire. “Dopo circa mezz’ora ho deciso che, sì, potevo, non sentendo più alcun rumore provenire dal bar. Il problema era evadere dalla cucina. Nel frattempo avevo mangiato lo scotch che mi avevano messo come bavaglio alla bocca, non potevo far

LE SLOT MACHINE SCASSINATE DAI RAPINATORI

altrimenti per poter provare a parlare. A quel punto ho spaccato lo stipite della porta con un calcio e sono corso fuori in strada ma non c’era nessuno. Via delle Cateratte era completamente al buio e non passava un’auto. Così sono arrivato all’incrocio con via Lamarmora dove mi sono dovuto mettere in mezzo di strada per fermare un motorino che fortunatamente ha capito la gravità della situazione e ha fatto partire l’allarme”.
Poi il soccorso dei volontari della Svs, la polizia, la scientifica, le ricerche dei due malviventi. Tutto come in un film. “Sono stato in ospedale fino alle 3 di notte e poi un giorno a casa. Ma la cosa che mi fa più male è pensare che in un anno ho subito già due furti con scasso e ora una rapina. Così non è possibile andare avanti. Come si fa. Ho tre dipendenti da mantenere, lavoro 16 ore al giorno e ogni giorno qui è il far west. E’ davvero dura”.
La polizia è sulle tracce dei rapinatori anche se, senza telecamere e con poche impronte trovate a malapena, non sarà semplice acciuffarli in tempo breve. Il tutto per poche centinaia di euro.
Angelo sorride, fa l’ennesimo caffè, mette lo zucchero nel dosatore. La giornata di lavoro è quasi finita. Fra poco si torna a casa. Fuori, come dice lui, rimane il far west e la paura di aprire ogni giorno la saracinesca del proprio negozio.

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