Trw, prima la telefonata del mio Gianluca poi l’incubo. Volevamo sposarci, ora vogliamo risposte

Lettera aperta a Quilivorno.it di Agnese, compagna di un lavoratore Trw

Spett.le Redazione,
mi permetto di scrivervi perché dal giorno 16 ottobre 2014 non vedo più la luce. Non capisco se sia un blackout generale oppure se improvvisamente sono io che sono diventata cieca… probabilmente non è nessuna delle due opzioni, più semplicemente siamo in molti a vivere questa condizione. Contestualizziamo la cosa: una sera esco da lavoro, è tardi, il mio compagno è andato a cena da sua madre, da quando conviviamo lei è rimasta sola quindi so quanto le fa piacere avere suo figlio a casa; lui ha il turno di notte, decido di rimanere a bere un caffè con una collega e poi andare a casa nostra, nessuno stasera mi aspetta se non la lavatrice e una pila di panni da stirare, ma sono felice perché quelli sono i nostri vestiti da lavare, sono i nostri abiti da stirare. Abbiamo lottato per ottenere questo, abbiamo combattuto per avere due stanze solo per noi, per restare abbracciati sul divano il sabato sera senza dover per forza uscire per vedersi, per decidere chi avrebbe pulito il bagno, per litigare davanti ad un dibattito televisivo.
Siamo nel 2014, il tasso di disoccupazione non accenna a diminuire ma noi a testa bassa siamo rimasti uniti e abbiamo cercato di prenderci almeno una parte di quello che ci spetta, chiedere una vita insieme ci sembrava veramente il minimo. Abbiamo rischiato, in fondo io ho solo un contratto a tempo determinato, ma ci sembrava già tanto… e poi c’era lui, con un contratto stabile, o almeno così credevo fosse. Volevamo sposarci e avere anche dei figli, presuntuoso vero? Non ci interessava la macchina nuova o il viaggio all’estero, eppure a quanto pare sognare dei beni effimeri come questi sarebbe stato meno pretenzioso. Quella sera alle 21.55 ci sentiamo, lui sa quanto tengo alla sua telefonata prima che inizi il turno e al solito ci promettiamo di sentirci a mezzanotte, ho bisogno della sua buonanotte per essere serena; piccole abitudini, come i biscotti alla marmellata che preparo quando fa il turno di mattina. Ci sono io a fare tutte queste cose adesso, gesti ripetitivi ma che continuano ad avere una strana magia al loro interno. Poi il telefono che squilla ad un’ora improbabile, e l’inizio dell’incubo. Non c’è più lavoro, non c’è più futuro, è finito tutto. Ho paura, continuo a chiedermi “ E adesso?” Quella domanda echeggia nella mia testa da tutto questo tempo, leggi il giornale e ti rendi conto che anche tu sei fra quelle 450 famiglie che tremano dopo l’annunciata chiusura della TRW. Rimani aggrappato alla speranza ma ogni ora che passa diventa sempre più difficile, ti domandi se e dove hai sbagliato, ma in cuor tuo sai che stavolta non puoi darti colpe.  Sono qui che vi scrivo perché voglio delle risposte e le voglio adesso, non possiamo più aspettare. Gli ultimi comunicati dell’azienda non sono dei più rosei, diteci qualcosa, non lasciateci soli. E scrivo anche a nome dei giovani come me: lavoro e grazie ai miei genitori continuo con fatica anche a terminare gli studi, ma per andare avanti ho bisogno di vedere la luce. Io e Gianluca siamo una giovane famiglia, non vogliamo tornare indietro, vogliamo guardare avanti e avere quelle possibilità che ai loro tempi hanno avuto i nostri genitori. Ad oggi non possiamo chiedere un mutuo e a quanto pare neanche comprarci una lavatrice nuova se mai ce ne fosse bisogno, d’altra parte quali garanzie possiamo offrire? Rendetevi conto che questo significa interrompere la crescita del paese, lasciare noi indietro significa non dare speranze alle generazioni successive che a questo punto probabilmente non vedranno neanche mai la vita… con grande rammarico, credete forse sia semplice cercare di frenare  i propri sentimenti e speranze, pensare ad un figlio e rigettare subito quell’idea perché capisci che semplicemente non puoi farlo?  Non giocate con noi, abbiate rispetto per chi sta cercando di costruirsi un futuro e per chi deve dare da mangiare alla propria famiglia. Caro sindaco mi rivolgo a lei, mi rivolgo anche a tutte le istituzioni, non lasciateci soli, non lasciateci senza stipendio, noi vogliamo lavorare e guadagnarci da vivere, non rendeteci persone vuote e senza dignità.

Agnese

 

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