Goldoni, intervista al direttore generale: “Con la cultura si mangia. In 10 anni il teatro ha prodotto 12 milioni”
"Il Teatro Goldoni è un volano economico per la città. Le spese? Ogni volta che il sipario si apre il costo si aggira sui 6000 euro. Il 2014 sarà il 10° anniversario della Fondazione Goldoni
di admin
Intervista esclusiva a Marco Bertini, direttore generale della Fondazione Goldoni dal 2011, già presidente del cda della stessa Fondazione dal 2004, che racconta il dietro le quinte del teatro e del rapporto fra il teatro stesso e la città.
Come si diventa direttore generale della Fondazione Goldoni?
Per la maggior parte della mia vita ho ricoperto il ruolo di “Esperto qualificato in radioprotezione”. Poi un giorno del 1990 ho deciso di affiancare il mio lavoro con la politica, come membro del PSI. Il mio successo andò molto al di là delle aspettative, entrai in giunta diventando poi Assessore alla Cultura. Nel ’94, in seguito a una crisi di giunta, me ne andai, ma nel 1995 i voti seguiti alla mia candidatura furono ancora di più. Nel frattempo, dal ’90, ero diventato anche Presidente del CEL (Comitato Estate Livornese). Nel 2004 nasce la Fondazione Goldoni e in quell’anno lascio definitivamente il mio lavoro per dedicarmi a questo nuovo incarico, prima come Presidente CdA, poi nel 2011 come Direttore generale.
Lei in gioventù è stato scout nel Livorno 7. Questo ha influito sul suo lavoro?
Non posso dire di no. Vedevo nella politica la risposta a molti degli ideali che mi erano stati trasmessi, il modo per andare incontro ai bisogni delle persone in tutti i loro aspetti, fosse un disagio economico o mentale in senso lato. Avevo scelto dove mettermi al servizio degli altri, quello che mi si chiedeva anche come scout. Adesso non sono cambiati i valori che cerco di portare nel mio lavoro, il segno scout è troppo forte, non si è mai cosa vorremmo nella vita, ma scout lo si è per la vita!
Quale è la giornata tipo al Teatro Goldoni?
Si va a letto molto tardi, ci si alza presto, colazione abbondante e si inizia a lavorare. Se ci sono le prove dello spettacolo si diventa spettatori, poi si va in ufficio e si risolvono i problemi e le difficoltà inaspettate o no. Il nostro teatro è come una nave da crociera, con persone di tutti i tipi e imprevisti all’orizzonte. Però posso contare su uno staff di qualità che fa respirare un’aria sana in cui ci si prende cura dei rapporti personali.
Crisi sì o crisi no? Ci spiega in parole semplici se le voci di questa estate sulla possibile chiusura del teatro erano vere?
Prendete una famiglia che sa che a fine mese arriveranno 2000 euro di stipendio e che il 27 scopre che invece saranno 1500. A noi è successa la stessa cosa. I bilanci della Fondazione sono sempre stati in pareggio, salvo che, come è successo nel 2008, 2009 e 2012, sul finire della stagione il Comune attui dei tagli sui contributi per l’anno già trascorso che si traducono in perdite per l’anno successivo. In questo modo si sono accumulati 680 mila euro dovuti ai tagli in corso d’esercizio, ma mai da parte nostra c’è stata una dichiarazione del tipo “Il teatro chiude”.
E l’amministrazione comunale come ha tentato di risolvere la questione?
Con la decisione di mantenere l’impegno di 1 milione e mezzo di euro, anziché 1 milione e 300 mila euro del 2013. Oltre a questo come azione di “compensazione” per il 2008, 2009 e 2012 si è assunta l’onere di stipulare un mutuo che restituisse liquidità alla Fondazione e il conferimento dell’immobile che ospita gli uffici del Teatro, che gli apparteneva, alla Fondazione Goldoni.
Quanto costa un Teatro come il nostro?
Il nostro teatro è bellissimo e storico, ma anche per questo valore aggiunto necessita di alti costi. Ogni serata richiede almeno 500 euro di riscaldamento, a cui si devono aggiungere le luci, la sicurezza e tutti i servizi annessi. Ogni volta che il sipario si apre, la spesa si aggira intorno ai 6000 euro.
Ed è una spesa che apparentemente non produce utili, è davvero così?
Certamente no. Per prima cosa ci sono i 21 stipendi dello staff. A questi si aggiungono i contratti per le maestranze che ogni anno sono dai 500 ai 700, quasi sempre con attività artigianali di Livorno. Poi c’è tutto il lavoro legato al terziario: la pubblicità ad esempio e gli acquisti quotidiani che vengono fatti nei negozi livornesi. Senza dimenticare che gli artisti e gli spettatori che vengono da fuori Livorno, soggiornano in hotel cittadini e mangiano nei nostri ristoranti. In 10 anni abbiamo drenato e ridistribuito circa 12 milioni di euro.
Quindi la cultura dà pane?
Direi proprio di sì e con questi dati non si può negare che anche il Teatro Goldoni è un volano economico per la città. Dietro c’è un grande lavoro finanziario, un piano d’impresa come tutte le grandi aziende.
I livornesi apprezzano il vostro lavoro?
Dopo la ristrutturazione del teatro, i livornesi hanno ricominciato a apprezzare non solo l’edificio storico, ma anche quello che viene loro proposto, basti vedere la “rivoluzione civile” che è nata quando si è temuto che potesse chiudere. E poi, dati alla mano, dalla vendita dei biglietti ogni anno si ha un incasso che gira intorno al mezzo milione di euro, cioè il 25% del totale annuo.
E il resto da chi viene?
Il 36% arriva da contributi pubblici, il resto da Soci, Fondazione CRL, noleggi di strutture, pubblicità…
Che tipo di pubblico siede sulle poltrone rosse?
Di tutti i tipi. La stagione 2012 ha avuto un totale di circa 53.000 presenze distribuite nei diversi ambiti, di cui quasi 1400 abbonamenti. Tanti di loro sono giovani studenti, che lo scorso anno sono stati 2500 circa.
Parliamo di loro: i giovani. Cosa pensa del loro rapporto con la cultura?
I giovani hanno diritti incomprimibili. Uno di questi è il diritto allo studio e a una vita sociale di qualità, cioè una vita intrisa di esperienze culturali diverse. Basta guardarsi in giro, sia sulla scena che in sala, per vedere quanto il teatro sia centrale in questo. Però sono mancati loro modelli da seguire, la società ha insegnato l’intrattenimento, che non è approfondimento e piacere di conoscenza, ma evasione.
Il motto di questa stagione “L’insopprimibile voglia di teatro” voleva essere una provocazione anche a questo?
Noi la pensiamo in questo modo, perché il teatro è vita, e riemerge come anima di un popolo anche tutte le volte che si vuol far tacere.
Il 2014 sarà il 10° anniversario della Fondazione Goldoni. Avete in programma qualcosa di particolare?
Sì, il sindaco Alessandro Cosimi, Presidente della Fondazione, si è preso l’impegno di presentare la prossima stagione prima della conclusione del suo mandato. Sarà un lavoro impegnativo ma ci stiamo già lavorando perché sia come sempre di qualità ottima.
Riproduzione riservata ©