Pallanuoto. Romano è sicuro: “Progetto grande e ambizioso, improntato sulla crescita del settore giovanile”
Un grande allenatore, per un grande progetto. Ma in realtà Federico Romano, oltre a dirigere la Nuoto Livorno in Serie C, ricoprirà le veci di direttore tecnico dell’intero settore, che comprende anche la storica società Pallanuoto Livorno (prima squadra affidata a Fabio De Prophetis). In estate, infatti, si è deciso di seguire un sentiero comune, la stessa strada da intraprendere per far sì che la tradizione labronica torni un giorno alla ribalta, anche su scala nazionale. E allora ecco svelato il motivo dell’impegno profuso nel settore giovanile e la costituzione di due formazioni, entrambi in iscritte al campionato di C, da aggiungere alla Serie B femminile guidata dalla sorella (ex azzurra) Francesca.
“Più che un grande tecnico, mi ritengo un maturo appassionato di pallanuoto e di dinamiche sociali dei “gruppi squadra”, avido di competenze e novità, curioso fino a sfiorare l’inopportuno”. Non la manda certo a dire Chico Romano, che al contempo ci tiene a precisare che “il progetto è invece grande e ambizioso, basato su tre punti cardine: in primo luogo vi è la forte volontà di creare un ambiente sano e stimolante per tutti i ragazzi che si affacciano a questo sport, facendo sì che ognuno trovi soddisfazione in quello che fa e vada a costituire un mattone di quella che possiamo chiamare casa nostra. Successivamente di sognare una pallanuoto che riesca ad autofinanziarsi (da qui l’intelligente presa di coscienza da parte delle due società di unire le forze, ndr) e infine la ferma convinzione che la giusta ricetta ha tutte le dosi in regola per esprimere al massimo il potenziale rappresentato dalla nostra città”.
Perché del resto, Livorno, è ricca di passione, competenze e voglia di eccellere, logisticamente perfetta per fornire ai suoi atleti spazi dove allenarsi, anche durante l’estate: “Basandosi sui dati che riguardano il numero di iscritti si evince che il duro lavoro effettuato l’estate scorsa ha dato i suoi frutti, infatti i 20 bambini sotto i 13 anni del 2012 sono diventati 60 nel 2013 dei quali 30 sotto gli 11 anni. La domanda retorica che mi sorge è però la seguente: siamo sicuri che la maggior attrattiva degli sport “eccellenti” non sia modificabile a favore di chi investe in visibilità e competenza? Che il processo di cambiamento della cultura sportiva sia difficile e lungo è sotto gli occhi di tutti, ma allo stesso tempo non è impossibile (vedi Lazio, Liguria e Campania, ndr) e come tale il cambiamento deve partire dalle categorie giovanili. Vincere è sempre bello, ma dico sempre ai miei ragazzi, è necessario vivere gli eventi come parte di un percorso, di un tragitto che conduce verso l’unica vittoria importante, quella di diventare giocatori di pallanuoto più forti, ma soprattutto uomini migliori”.
Riproduzione riservata ©