Martelli, il recordman: “La mia vita tra vogate, famiglia e primati mondiali”. L’intervista

di GIANNI PICCHI

L’isola del Giglio, domenica 29 settembre, ha applaudito i magnifici 8. Otto amici, che sono voluti andare nell’isola dove si consumò una tragedia. Lo sport accomuna la gente ed i popoli, e quegli otto atleti, in quella giornata, hanno voluto stringersi con le famiglie per non dimenticare. Una spinta in più per realizzare l’impresa sportiva. E così è stato.

Il giorno dopo ti aspetti un Mauro Martelli con la voglia di avere un giorno dedicato a se stesso, e smaltire l’adrenalina. L’uomo, e l’atleta, smentisce tutti. Nel pomeriggio lo trovi in cantina, quella dei Vigili del Fuoco, con i suoi “bimbi”, con il sorriso, ed una parola per tutti, e noi diventiamo la sua ombra. “Il mio primo sport è stato il calcio. Giocavo ala sinistra nel Sorgenti Corea la Cigna. Purtroppo un infortunio al legamento crociato del ginocchio, mi ha impedito di continuare. Poi, dopo qualche anno, ho trovato un altro sport che mi affascinò. E mi affascina ancora”.

Esce e va verso la cantina del Palio Marinaro. Lì, come ogni giorno, ci trovi Gino Falanga, un maestro per i vogatori, ed timonieri. Lo abbraccia, e gli dona la maglia che ha indossato al Giglio: “Sono arrivato tardi al canottaggio; ma credo di aver ripreso un po’ di tempo perso. Correva gli anni ottanta. Mosca organizzò le olimpiadi; ma la “guerra fredda” non permise di partecipare agli americani. Non potevano fare gare, così qualcuno ebbe l’dea di inventare una macchina, il remoergometro, per il canottaggio indoor rowing, e per poter fare gli allenamenti dove non vi era l’acqua. Poco dopo furono organizzati campionati e relativi record, con tanto di ranking mondiale”.

Poi, insieme ad alcuni amici, crea in acqua la barca per gli allenamenti dei suoi atleti. Gli atleti di Sportlandia: “Nella mia bacheca ci sono 17 titoli. Il primo nel 2005, titolo italiano. Il più dispendioso di energie, quattro mesi di allenamenti, è stato la 100 km, in coppia con Claudio Cecconi ( 2008) a Roma. E’ stato il primo record del mondo. Il più importante la 24, che feci a Livorno alla scuola Fattori, dove allora ci andava a scuola mio figlio Lorenzo. Ero in coppia con Sara Baran, figlia di Primo, il primo italiano che ha vinto un titolo olimpico nel canottaggio”.

Torna sul puntone per tirare fuori dall’acqua la barca, che ha terminato l’allenamento, e metterla in cantina: “Nel mio futuro sono già ad aprile quando andrò a Roma, piazza di Spagna, per tentare di migliorare i record mondiale sulle 24 ore. E poi sono felice di essere Testimonial dell’Airc. Questo mia ultimo record lo dedico a mio padre, che, fra pochi giorni, dovrà subire un intervento delicato”.

Mentre guardiamo questa scena vien alla memoria che la gara , sua, migliore, è quella che sconfitto la non vita. E ti accorgi come è riuscito a scindere l’uomo, la sua famiglia, il suo lavoro, e lo sport. Da dove ha perso la forza per tornar a sudare, e vincere, in uno sport dove gli amici stanno insieme, ultimamente erano otto, nella vittoria e nella sconfitta.

Riproduzione riservata ©