“Grazie a mia madre ho scelto l’atletica”

di Gabriele Pritoni

Gianluca Picchiottino porta un pezzo di Livorno, sponda Libertas, a Murcia e torna a casa con un ottimo sedicesimo posto, secondo tra gli italiani, e con il nuovo primato personale. Nella cittadina spagnola si è corsa la Coppa Europa di marcia, evento secondo per prestigio solo agli europei e dedicato esclusivamente alla disciplina del tacco punta, e tra i più forti del continente c’era anche Gianluca, che si è meritato la seconda convocazione in nazionale in virtù dei tempi fatti segnare in questo fantastico inizio di stagione.
Ventiseiesimo ai primi mille metri, l’amaranto ha riguadagnato qualche posizione e si è poi mantenuto intorno alla ventesima fino agli ottomila, gestendo le forze e riuscendo, pur senza allungare, a chiudere quattro posti più avanti. Il suo 43’26” non solo è 53 secondi inferiore al precedente primato personale ma è anche sotto il minimo per i campionati europei di Svezia.

Il tecnico Passoni è soddisfattissimo anche se non smentisce la sua natura esigente: “Il risultato è ottimo ma si può ancora limare qualcosa e puntare a scendere sotto i 43’. Sono contento per Gianluca perché raccoglie i frutti di tutto il lavoro fatto negli allenamenti, spero che continui a crescere con questa costanza”.
Alcuni giorni or sono, con la convocazione che era nell’aria ma cui mancava ancora l’ufficialità, avevamo incontrato Gianluca Picchiottino al Campo Scuola per raccogliere le sue impressioni sulla stagione e conoscere meglio uno degli atleti più promettenti della nostra città. Terminato l’allenamento guidato da Passoni, abbiamo quindi rivolto alcune domande a Gianluca, sotto lo sguardo attentissimo di Marina Lodovici, tecnico Libertas dei Ragazzi che segue però anche il marciatore quasi coccolandolo.

 

Gianluca, come vedi l’avventura di Murcia?
“Ancora non è ufficiale per cui preferisco non parlarne tanto, comunque mi sento bene e spero di fare meglio rispetto a Poderbrady (luogo della prima gara in azzurro, ndr) quando per una serie di ragioni, anche emotive forse, non ho reso bene. Il fatto che sia outdoor mi dà fiducia, la pista è lunga 400m invece che 200m come nelle gare al chiuso e si fanno curve meno strette”.

Come sei arrivato a praticare la marcia? Normalmente non è una disciplina molto “gettonata”.

“Da esordiente e cadetto non ci si specializza; praticavo quindi molte discipline. Spinto da mia madre ho lasciato il calcio per l’atletica: la prima cosa che mi ha affascinato è stata il mezzo fondo, mi piacevano la tattica e la lunghezza delle gare, poi ho visto che nella marcia andavo bene e mi sono legato a questa particolare camminata veloce, in cui conta la tattica prima ancora della tecnica, che comunque è fondamentale”.

Quali sono le regole della marcia?
“A parole sono semplicissime e sono solo due: la gamba davanti va appoggiata a terra solo da stesa, pena il richiamo per “sblocco”, e deve sempre esserci almeno un piede a contatto con il terreno, pena il richiamo per “sospensione”. Al terzo richiamo, il giudice ti squalifica”.

Com’è il rapporto con i giudici in gara?
“Non è facile averci a che fare perché il metro è diverso da una a gara all’altra, specie nella gare minori; a volte vedi gente che praticamente corre e rimane in pista, altre c’è più fiscalità e fioccano le squalifiche…”.

Quanto curi la tecnica negli allenamenti?
“Mi alleno tutti i giorni della settimana, con qualche giorno di riposo ogni tanto, e almeno un paio di sessioni sono dedicate alla tecnica: la marcia può apparire come una pratica noiosa a chi non la conosce ma ha un grande fascino per me proprio per il lato tecnico. A volte appare addirittura ridicola per via del nostro ancheggiare e sul lungo mare quando ci alleniamo capita spesso che qualcuno ci prenda anche in giro… in verità è una disciplina di forza, testa e tecnica ai massimi livelli”.

In quale di questi aspetti ti senti più sicuro e dove invece c’è da lavorare?
“Me la cavo in tutti e tre, anche se ovviamente c’è tanto da migliorare, ma se devo sceglierne uno ti dico la testa. In gare così lunghe conta moltissimo la tattica, è importante capire quando un avversario è in difficoltà, quando è giusto forzare il sorpasso e quando invece è più redditizio stare dietro magari per frustrare un suo forcing”.

Chi è il tuo principale avversario in Italia?
“E’ Gregorio Angelini, mio coetaneo pugliese che ha già vinto 8 titoli italiani (è arrivato 11esimo a Murcia con 42’42”) e che è davvero veloce. Spero di poterlo raggiungere”.

C’è un campione cui ti ispiri?
“Mi piaceva moltissimo Schwazer, prima ovviamente dello scandalo doping. Ho sentito della sua volontà di rientrare e di diventare quasi una bandiera dello sport pulito ma la cosa non mi piace e non mi convince; ho firmato, insieme ai miei colleghi in azzurro, una polizza etica che dice che chi si macchia di doping non potrà più vestire l’azzurro, non capisco perché per lui non dovrebbe valere. Inoltre ha fatto delle affermazioni poco simpatiche, tipo che in Italia se vogliamo una medaglia olimpica dobbiamo necessariamente rivolgerci a lui, un po’ come dire che dobbiamo riammetterlo per forza in azzurro”.

Cosa fai nel tempo libero? Come vanno gli studi?
“Di tempo libero, tra scuola e allenamenti, non è che ne rimanga tanto comunque mi piace la lettura e soprattutto uscire con gli amici. A scuola va bene, quest’anno c’è la maturità per cui sono abbastanza impegnato”.

Hai deciso cosa farai dopo?
“Sinceramente no (sorride), mi rendo conto che il tempo stringe ma devo ancora pensarci”.

Scopriamo di aver frequentato la stessa scuola (Enriques) e perfino la stessa sezione ma al terzo nome completamente sconosciuto che Gianluca ci fornisce in risposta a una domanda indagatrice sui professori, tanto per sapere se ce ne sia ancora qualcuno in comune, ci rendiamo conto dei 21 anni che ci separano e decidiamo che sia meglio lasciar perdere.

I 21 anni si sentono anche di più quando decidiamo improvvidamente di chiedere a Gianluca di insegnarci a marciare; il giovane amaranto abbandona definitivamente la sua aria riservata e un po’ emozionata e, sempre sorridendo, ci accompagna per un giro di pista ripetendoci le regole base: ci concentriamo, tendiamo la gamba davanti e non stacchiamo il piede dietro prima di averla appoggiata a terra. Gianluca educatamente ci corregge e inizia anche qualche timido complimento ma se la ride sotto i baffi insieme alla fotografa perché, a onor del vero, sembriamo un burattino incollato male. Ai 200m le tibie e le natiche ci ricordano che non sono solo i professori a separarci dal campione amaranto, cui chiediamo di mostrarci qualche passo: nel giro di pochi secondi, con una fluidità quasi magica, Gianluca si allontana in stile perfetto e ci aspetta a fine giro per lo stretching.
“La marcia impegna muscoli che normalmente non si usano, è per quello che senti male; è questione di abitudine, anche io sentirei male se ora mi mettessi a correre”. confida Picchiottino. Mentre ci annodiamo per copiare i suoi esercizi di allungamento cerchiamo di convincerci che le gentili parole di Gianluca siano vere e che sia solo questione di abitudine e ci salutiamo con la speranza di incontrarci di nuovo a parlare di Svezia.

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