Lombardi terzo all’ultramaratona di Seregno: “Non smetto mai di correre”
di Gabriele Pritoni
100km di corsa: a tanto ammonta la distanza da coprire nelle ultramaratone più lunghe, che i migliori corrono all’incredibile ritmo di 4’30″al chilometro. Così è stato per Marco Lombardi, atleta della Libertas Runners, che è giunto terzo al traguardo di Seregno domenica scorsa con 7 ore 31 minuti e 16 secondi, suo nuovo primato personale.
“Sono soddisfatto – ci ha detto – peccato soltanto che fossi solo (dal 40esimo km è consentito agli atleti di avere accanto a sè un “accompagnatore” in bicicletta di cui Lombardi non disponeva) altrimenti avrei potuto ambire all’argento: il mio avversario mi ha superato al 50esimo km ma intorno all’80esimo lo avevo ripreso. A quel punto ero però molto disidratato perché faceva caldo e io potevo rifornirmi solo ai ristori sul percorso (ogni 5 km) mentre lui aveva accanto, oltre a un motivatore, anche una fonte di rifornimenti continua”.
Marco, 33 anni, psicologo, sposato con 4 figli, fa l’educatore nelle scuole, occupandosi di ragazzi disabili. A vederlo non lo si direbbe un gran fondista, visto che il fisico è piuttosto robusto. “All’inizio gli avversari mi prendevano in giro indicandomi ipotetiche arene per la lotta, non potendo credere che fossi alla partenza per una gara di corsa; la muscolatura però mi sostiene e mi aiuta nei giorni di recupero”.
Quanto conta l’aspetto mentale?
“Moltissimo, io devo ringraziare il mio carattere testardo e i miei allenatori Marco Milani prima e Luca Panichi ora (entrambi ex atleti di rilevanza nazionale): soprattutto Luca, che sta lottando contro un tumore (ha scritto un libro in proposito: “La mia corsa continua”) è un grande esempio di volontà. Ci sono atleti che sono maratoneti olimpionici ma che si fermano al 60esimo km perché cedono di testa”.
Come ti sei avvicinato a questa disciplina così faticosa?
“Vengo dal calcio, dove ho giocato in prima categoria: mi è sempre piaciuto correre, e l’anno che mi hanno messo difensore centrale anziché mediano mi sono sentito un lupo in gabbia, visto che in quel ruolo si corre poco e finivo le partite quasi senza sudare: ho così iniziato, parallelamente al calcio, la preparazione per la corsa e ho partecipato, quasi per caso, a una gara a Montenero. Avevo le scarpe da calcetto e alla partenza i livornesi non si sono peritati a ironizzare; all’arrivo scherzavano molto meno. La vera scintilla è scattata però il giorno della mia prima maratona: il pomeriggio, dopo aver gareggiato, ho giocato a calcio e ho visto che il fisico reagiva bene”.
Quanto ti alleni e come?
“Mi alleno tutti i giorni, 3 volte alla settimana faccio lavori mirati e duri (ripetute, sprint in salita, corsa lunga), gli altri giorni qualcosa di più leggero: mai stare fermi, neanche durante il recupero post gara”.
L’intervista si svolge infatti mentre Marco pedala sulla cyclette e per capire cosa intenda con corsa lunga, lui è uno che si alza all’alba (suo orario di allenamento, il resto del giorno pensa al lavoro e alla famiglia) e parte dal suo quartiere delle Sorgenti, con tanto di torcia frontale, per una corsetta fino a… Pontedera. E ritorno.
Quante 100km si possono fare in un anno?
“In condizioni normali, per fare risultati, il numero giusto è due; il resto dell’anno si fanno maratone o ultramaratone più brevi, tipo 50 o 60km per preparazione. Ci sono anche gare a tempo, in cui vince chi fa più strada; l’anno scorso ho esagerato e ne ho fatte 4 ma quest’anno sarà diverso anche perché punto ai mondiali in Qatar”.
Avrai la possibilità di essere convocato dalla nazionale?
“Sarà molti difficile, gli atleti nazionali saranno tre: uno è Di Cecco (vincitore a Seregno), uno è Calcaterra e il terzo difficilmente sarò io perché ci sono altri atleti validi. Se però trovassi uno sponsor per il viaggio potrei comunque essere accettato e questo è il mio obiettivo per quest’anno: per non rovinare la preparazione non parteciperò neanche alla 100km del Passatore, gara cui tengo moltissimo e dove ho vinto nel 2012 nella mia categoria arrivando 14esimo assoluto”.
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