“Tutti esauriti”, successo al Goldoni
Mancano 10 minuti alle 21, è il 6 giugno 2014, “Tutti Esauriti – quel qualcosa che non trovo” della Compagnia Mayor Von Frinzius (MVF) andrà in scena a breve (nella foto di Federico Bernini una scena dello spettacolo). Il sipario del Teatro Goldoni è chiuso, ma l’energia che nasconde si manifesta in un “M…! M…! M…!” ovattato dal velluto.
Le luci si spengono, il regista Lamberto Giannini dà il benvenuto al pubblico, e sulle note di “Wish you were here” dei Pink Floyd, 80 attori in pigiama riempiono platea e palco. I costumi di scena sono primo chiaro elemento evocante il termine con cui i registi hanno voluto giocare e provocare il pubblico quest’anno, “esaurimento”: richiamano alla mente sonnambulismo, insonnia, depressione.
Le due ore successive fluiscono rapide, facendo sussultare a colpi d’ironia e malinconia attori e pubblico. Il tempo scorre veloce quando a scandirlo sono emozioni vere, reali, di quelle che si toccano con mano. Questo è uno dei tratti distintivi di questa compagnia: i personaggi che calcano la scena, e dunque le emozioni da essi provate, sono frutto di esperienze e sensazioni avvenute davvero, “Gocce di memoria” che costituiscono la storia della Compagnia e dei suoi singoli attori. È questo il modo in cui la MVF crea spettacoli in cui il pubblico può specchiarsi, immedesimarsi e immergersi, su cui può riflettere, che può capire, perché il linguaggio delle emozioni non ha bisogno di vocabolari.
Nella nuova produzione Mvf, in associazione con Haccompagnami e Fondazione Teatro Goldoni, l’esaurimento delle certezze del passato che echeggiano nel presente, è il filo conduttore che permette ai registi di affrontare temi importanti. La storia umana è una catena di eventi, direzioni e scelte che s’influenzano l’un l’altra ed hanno in comune una costante: la catena non è riavvolgibile.
In “Tutti Esauriti” si esauriscono l’introspezione, ormai perduta dalla “guru” del gruppo; l’autismo, sconfitto e annullato dall’apertura delle discoteche del silenzio, nelle quali le cuffie isolano persone fisicamente vicine, emotivamente distanti; il discorso politico, oggigiorno ormai lontano da ciò che fu nell’Antica Grecia.
Il ritmo dell’esaurimento è scandito da uno splendido Elvis che, accompagnato dalla sua valletta, canta “Can’t help falling in love” emanando, avvolto nel suo costume dorato e bianco, un’aura di malinconia e struggente consapevolezza che tornare indietro nel tempo, non è possibile.
Ma non è tutto bello ciò che si esaurisce. Una delle scene più esilaranti è quella in cui un Professore e il suo fidato bidello Giacomo, “ultimo baluardo della scuola che fu”, si divertono a mantenere una ferrea disciplina a scuola, adottando una scala valutativa severa e non gratificante e mortificando gli alunni. Ma il pensionamento del bidello pone fine alle punizioni, nonché alla vita del Professore, lasciato solo. Si esauriscono punti fermi del passato per lasciar spazio a nuove surreali realtà: all’eliocentrismo, si sostituisce il Maranocentrismo, teoria basata sulla capacità di Cristina Marano, una delle attrici più conosciute della compagnia, di non “muovere un ciglio” in anni di partecipazione a spettacoli che si basano sul movimento.
Anche quest’anno, non mancano momenti crudi e provocatori, che scuotono lo spettatore con parole forti e scene inverosimili, come la “terapia cruda”, in cui due ragazze recitano le diagnosi di alcuni attori della Compagnia senza utilizzare mezzi termini ma anzi deridendoli, poiché “la cura parte dalla consapevolezza della malattia”. Altrettanto forte, provocatoria e divertente – soprattutto memori di alcune polemiche sorte nel corso dell’estate del 2012 – risulta una scena in cui una delle registe della MVF definisce alcuni attori “scimmie incapaci di pensare autonomamente”, sostenendo che sono solo “marionette”, in grado di ripetere ciò che viene loro detto. Lo spezzone si conclude vedendo ovviamente smentite le affermazioni precedenti. Le provocazioni e l’ironia sono ormai una sorta di firma per il gruppo diretto da Lamberto Giannini, e sembrano essere un’arte in cui la Compagnia si è specializzata, riuscendo sempre a giocare abilmente sul filo del rasoio senza mai risultare offensivi: l’amore che si respira su quel palco fa sì che le provocazioni siano chiaramente percepite come tali. Qualora qualcuno le percepisca come offese, probabilmente è perché vede in scena pensieri negativi già presenti nella propria mente, e non riesce a vedere oltre, ad applicarvi il filtro di amore, rispetto e integrazione di cui invece la MVF è maestra da anni e su cui pone le basi per far Teatro, con la T maiuscola.
In “Tutti Esauriti”, il movimento potente e liberatorio preponderante gli scorsi anni, lascia spazio a coreografie elaborate e di qualità create dai registi e dalla coreografa Silvia Tampucci; a monologhi citanti autori importanti, da Sartre a Pasolini, passando per Deriddà o testi scritti dai registi Giannini e Mazzeranghi.
L’esaurimento portato in scena da MVF è un limbo nevrotico, lo spettacolo è un’incubazione di energia e nervi tesi come corde di violino. Gli attori sembrano cercare nei loro pigiami “quel qualcosa che non trovano” in punta di piedi, incapaci di staccarsi dal passato e terrorizzati dal futuro, consapevoli di essere troppo esauriti, consumati per affrontarlo con serenità.
La catarsi arriva durante gli ultimi minuti dello spettacolo: “Rebel rebel” accompagna una lotta in cui gli attori saltano e si colpiscono con cuscini bianchi, in una liberazione ovattata e uno scarico di energia soffice, come a marcare la necessità di una scossa morbida, nei casi di esaurimento.
Alle 23:30 circa il cerchio si chiude, le orecchie del pubblico del Teatro Goldoni sono nuovamente carezzate da “Wish you were here”. Va in scena la mancanza, una mancanza universale, che abbraccia tutti i presenti: “quel qualcosa che non troviamo” è proprio la causa del nostro esaurimento. Infine, arriva la pioggia – sì, i tecnici del Teatro Goldoni sono riusciti a far piovere sul palco!, che lieve, cade sugli attori e lava via ogni nevrosi, ogni tensione, lasciandoli fragili, ma tornati alla vita.
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