Siberia, il disco d’esordio venerdì al The Cage
I Siberia presentato, in anteprima, nella loro Livorno venerdì alle 22 al The Cage, “In un sogno è la mia patria” il loro album d’esordio in uscita ad aprile nei negozi di dischi e su tutte le piattaforme di digital download e streaming, per Maciste Dischi.
I Siberia sono una band che nasce nel 2010 a Livorno e che prende il nome dall’immaginario evocato dal libro di Nicolai Lilin “Educazione siberiana”.
Rappresentano il connubio più onesto tra lʼesasperazione new wave e la dolcezza del cantautorato italiano. La loro estetica musicale non ha nulla di ironico o sarcastico: rimane sempre seria, nella sua cupezza drammatica, così come nello slancio e nella felicità dei momenti più splendenti, che non mancano.
Curioso è l’aneddoto legato a questa giovanissima formazione (tutti nati tra il 1991 e il 1994). La loro lirica e forma di scrittura, eminentemente italiana, si scontra infatti con il paradosso che tutti i membri del gruppo sono per metà stranieri: Francia, Belgio, Perù, Inghilterra sono i paesi di origine.
“In un sogno è la mia patria” è stato registrato e mixato presso lo storico Real Sound di Milano (Giorgio Gaber, Donatella Rettore…) con la produzione artistica di Ettore “Ette” Gilardoni (Marky Ramone, Prima Donna…).
Il disco si presenta, fin dalle prime battute, come profondamente intimista, seppur energico, veloce, aggressivo. In una parola “urgente”. La ricerca di una forma solo in apparenza ossequiosa di certe tradizioni del rock d’autore italiano, lascia volentieri lo spazio alla varietà e alla freschezza di canzoni anche molto diverse tra loro – ma sempre dotate di una certa immediatezza d’ascolto, giacché l’intento principale dei quattro è soprattutto comunicativo. Trait d’union di questo collage di emozioni, testi evocativi più che descrittivi, enigmatici e capaci comunque, a tratti, di spiazzante sincerità. La “Nuova onda” dei Siberia ha lʼincarico di importunare il pop innalzando in maniera aristocratica e al tempo stesso scapigliata un certo tipo di “sentire” poetico, nascosto nel quotidiano e ben radicato in quellʼambivalenza tipicamente umana tra il potere e il dovere. In un sogno è la mia patria è perciò un disco diretto, nonostante le stratificazioni di cui si pregia.
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