“Per il bene che ti voglio”, parla l’autore

di Lucrezia Del Re

Sabato 18 aprile lo presenterà alla Libreria Erasmo, di via degli Avvalorati, ma ha concesso a Quilivorno questa intervista esclusiva in anteprima assoluta: lui è Michele Cecchini, docente di materie letterarie in un istituto superiore cittadino ed autore, per “puro piacere”, come dice lui, di un nuovo romanzo che, appunto è in uscita in tutta Italia nei prossimi giorni , dal titolo “Per il bene che ti voglio”.

Il romanzo parla di un italiano, anzi un lucchese che, alla fine degli Anni Venti, parte per San Francisco non come l’emigrante-tipo, con la valigia di cartone, ma per fare carriera come attore – una prospettiva insolita, perché?

“Per far capire che può esser legittimo, in qualunque epoca storica, lo spostarsi in un altro Paese non solo per motivi economici e finanziari, ma anche per interesssi personali.” Risponde Cecchini

Da dove è nata l’idea del roamnzo?

“Come spesso accade da una serie di concause: in primis, forse, dal fatto che  un ramo della famiglia di mio padre si trova a San Francisco da quell’epoca, quindi io ricordo di aver incontrato questi zii americani e di averli osservati come degli alieni per come erano vestiti e per come parlavano… in italiese, come dico io”

Giusto, l’italiese, simpatica lingua che si comprende pronunciandola ma non leggendola, a metà fra l’inglese e l’italiano, ma entrambe storpiate.

“Esattamente, ed è per questo che nel libro ho inserito un vocabolario che spieghi i termini per chi legge; perché questa lingua che i nostri connazionali parlavano non era né italiano né inglese e rifletteva la loro condizione di non esser più italiani ma non esser ancora americani – e mi auguro che i lettori si divertano ad inserirsi nel ruolo dei vari protagonisti utilizzando il loro modo di comunicare.”

In copertina c’è un treno a carica, cosa significa?

“Il treno viene citato nel libro perché si parla della costruzione di ferrovie, ma è anche metafora del viaggio e l’ingranaggio che carica ha pure la valenza negativa dell’ingranaggio che ti può stritolare, come infatti succede al protagonista, che non riuscirà ad integrarsi in quella realtà che avrebbe voluto.”

Dunque un successo-non successo?

“Giusto, raccontare la storia di Antonio Bevilacqua, alias Tony Drinkwater, mi ha permesso di pormi e porre domande su cosa si debba intendere per successo – riconoscimento da parte degli altri?Fama? denaro? Gratificazione personale? “

Antonio è di Lucca, lei è nativo di Lucca – Antonio va a San Francisco, lei abita da nove anni a Livorno: dove sta l’analogia fra di voi?

“Forse finisce lì, forse agli occhi di Antonio la San Francisco degli Anni Venti può essere apparsa come a me Livorno: città di mare, con di fronte un’isola in cui ha sede un penitenziario, melting pot di culture entrambe, Livorno con il Pentagono del Buontalenti, San Francisco con i suoi Five Points, entrambe con una base militare nei pressi….ed altro ancora”

Sabato 18 aprile alle ore 18 presso la Libreria Erasmo, poi venerdi 24 alle ore 18 presso “Franotoio Il Casone” via Aurelia 52  A Vada, in giro per l’Italia, da Lucca a Pordenone, prima di San Francisco e Toronto, dove vi è una importante comunità di lucchesi.

Riproduzione riservata ©