Mascagni, saggio per Massimo De Bernart
Venerdì 16 maggio alle 18, nell’auditorium Cesare Chiti dell’Istituto Mascagni, si tiene il saggio d’Orchestra del Mascagni, che l’Istituto dedica alla memoria di Massimo De Bernart, di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte. Sotto la guida di Carlo Piazza, affermato direttore e da quest’anno docente del Classe di Esercitazioni orchestrali dell’Istituto, l’orchestra esegue, di W. A Mozart, la Gran Partita e l’Ouverture dall’opera La finta semplice, cui farà seguito il quarto movimento, Adagio – Allegro molto vivace, della Sinfonia n. 1 in do maggiore di Ludwig Van Beethoven. “Abbiamo voluto dedicare il saggio di quest’anno a Massimo De Bernart”, dichiara Stefano Guidi Direttore del Mascagni, “ nel decimo anniversario della sua scomparsa. Non solo e non tanto per ricordare un artista di genio e di grande sensibilità, prematuramente scomparso, ma anche perché qui al Mascagni – dove fu docente di solfeggio e prestigioso docente di Esercitazioni orchestrali – il suo ricordo è ancora vivo e palpitante”.
Con lui, infatti, l’Orchestra dell’Istituto visse un intenso periodo di attività e un’esperienza di crescita prodigiosa che ne fece una compagine di livello professionale, benché annoverasse in organico, insieme con i ragazzi più avanti nel percorso di formazione, anche gli studenti che frequentavano i primi anni di strumento.
De Bernart, scomparso all’età di 54, si manifesta sin da giovanissimo quale geniale artista: appena diciasettenne vince il “Premio Viotti” di composizione ed è poco più che un ragazzo quando approda all’Istituto livornese, avviando un’esperienza che gli allievi di quegli anni ancora ricordano con emozione. Fu allievo e assistente di grandi direttori quali Franco Ferrara, Bruno Bartoletti e, all’Accademia Chigiana di Siena, di Piero Bellugi e più di Gianandrea Gavazzeni.
Salutato come uno dei più promettenti giovani direttori del suo tempo, si guadagnò la stima di colleghi e critici, tanto che Michelangelo Zurletti, che dalle colonne della Repubblica lanciava gli strali della sua critica feroce cui nemmeno i grandi sfuggivano, lo definì “un professionista coi fiocchi, capace di sollecitare le orchestre più refrattarie a dare il meglio di sé, espertissimo nel campo operistico, quello più coltivato, ma molto apprezzabile anche in quello sinfonico”. “Ecco – conclude Guidi – noi vogliamo riprendere le fila del bellissimo lavoro che Massimo realizzò in quegli anni. E venerdì saranno con noi a ricordarlo suo fratello, Alberto Paloscia, suo amico fin dai tempi degli studi comuni in Conservatorio oggi direttore artistico per la lirica del Goldoni di Livorno, e Lorenzo Parigi, che gli subentrò nel ruolo di docente dell’orchestra dell’Istituto”.
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