“In nome del popolo italiano”

Da oggi è disponibile in libreria il nuovo libro edito da Erasmo “In nome del popolo italiano. La sceneggiatura”, film scritto da Age e Scarpelli e diretto nel 1971 da Dino Risi. Il volume è curato da Massimo Ghirlanda, con una prefazione di Giacomo Scarpelli e contributi e schede critiche di Federico Govoni e Paolo Cotza.

Questo è il terzo libro edito dalle Edizioni Erasmo nella collana “Dedo” Quaderni della Storia del cinema (Centro Studi commedia all’italiana). I precedenti volumi, curati anche questi da Massimo Ghirlanda sono: “La storia del cinema – I Capolavori” (2011) e “Ettore Scola-Ruggero Maccari. Il sorpasso – La sceneggiatura” (2012).

Il film è la storia di due personaggi: “Lorenzo Santenocito, affarista senza scrupoli, imprenditore a capo di decine di aziende, elargisce tangenti a politici corrotti, e Mariano Bonifazi, determinato quanto severo giudice istruttore, dotato di una dolorosa coscienza politica, lotta strenuamente contro una società malata e impotente di fronte agli abusi, di cui Santenocito è, ai suoi occhi, bieca incarnazione.

Silvana Lazzorini è una giovane che si rivolge a Santenocito per una raccomandazione alla Standard, ma finisce in un giro di prostituzione di cui l’industriale si serve per concludere i suoi affari. Quando la ragazza viene trovata morta, Bonifazi non ha il minimo sospetto su chi possa essere stato il colpevole… “

(dalla prefazione al volume di Giacomo Scarpelli) Di quale misteriosa essenza è portatrice quest’opera, sceneggiata dalla stessa coppia dei Soliti ignoti, Age e Scarpelli, e diretta da Dino Risi? Forse l’impedimento viene proprio dalla sua sostanza epocale – che del resto è ciò che la  rende appetibile per un rifacimento – il suo precorrere, il suo rimanere avanguardia nell’indagare e nel giudicare la nostra società. Conosciamo la storia degli Stati Uniti prevalentemente grazie ai film che l’hanno raccontata. Conosciamo un po’ meglio la storia d’Italia con l’aiuto di alcuni buoni film che hanno provato a descriverla e anche a farne satira. Dentro In nome del Popolo Italiano era stato calato, fin dal 1971, molto, quasi tutto: il rapporto nascosto tra potere politico e potere finanziario, la corruzione morale del libero mercato, l’abusivismo edilizio, la questione dell’autonomia della magistratura, e poi il montare dell’inquinamento nel mare e nelle città, il traffico di ragazze sedotte dal miraggio di denaro e successo, e, persino, la degenerazione del tifo calcistico. Nel corso degli ultimi decenni nessuno dei problemi è stato risolto e forse è proprio per questo che non occorrerebbe un remake, basterebbe vedere o rivedere il film che di essi svelava la genesi, oppure leggere questo volume che ne contiene il testo, curato con passione e scrupolosità da Massimo Ghirlanda. In un’età in cui la preponderanza dei mass-media confeziona una visione falsata della realtà, è compito della finzione narrativa dire la verità: questo precetto espresso di recente da Salman Rushdie valeva già per  Age, mio padre Furio e Risi. Il lavoro consisteva nell’analisi profonda delle magagne patrie e nell’impegno civile, affiancato da un sapiente processo di elaborazione creativa, da cui scaturivano vicende, personaggi, dialoghi drammaturgicamente convincenti e, in definitiva, memorabili. Intuizione e razionalizzazione artistica hanno fatto sì che il film non sia invecchiato, anzi risulti un passo avanti.

Massimo Ghirlanda, è insegnante di Storia e Letteratura nelle scuole superiori di Livorno e fra i fondatori del Centro studi Commedia all’italiana di cui è presidente dal 2009.

Titolo: Age & Scarpelli, In nome del popolo italiano
Curatore: Massimo Ghirlanda
Prefazione: Giacomo Scarpelli
Schede critiche: Federico Govoni, Paolo Cotza
Edizioni: Erasmo – Livorno

Novembre 2014
Collana: Dedo, I quaderni di Storia del cinema
pp. 312
euro 18

 

Riproduzione riservata ©