Costagliola, il Monuments Man livornese che salvò le opere del museo Fattori

Torna di attualità con l’uscita del film di Clooney, Monuments Man, la figura, misconosciuta ma importantissima, di un grande “amico dei musei e dei monumenti livornesi” ante-litteram, ovvero Giuseppe Costagliola, eroico custode del Museo Civico Fattori negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Come si legge in un interessante studio di Irene Amadei sulla ricostruzione del museo nel dopoguerra, fu infatti anche grazie agli interventi, in larga misura volontari e talvolta rocamboleschi, di Giuseppe Costagliola, braccio destro dell’illuminato Soprintendente ai Beni Culturali Piero Sampaolesi, se il patrimonio artistico di Livorno si salvò quasi per intero. Tanto che il primo sindaco del dopoguerra, Furio Diaz, poté citare come simbolo della rinascita della città proprio il riordinamento del Museo Civico, “con le intatte e superbe collezioni del nostro grande Fattori”.

Di seguito l’intervento dell’assessore alle culture Mario Tredici sulla figura di Giuseppe Costagliola, un grande “amico dei musei e dei monumenti livornesi” fatto nell’ottobre 2009 in occasione del convegno nazionale del F.I.D.A.M (che vede riuniti a Villa Henderson i rappresentanti delle 110 associazioni museali federate del Paese e, con loro, i presidenti e responsabili di numerose delegazioni internazionali)  

Livorno ha avuto, negli anni terribili della seconda guerra mondiale, un vero e grande “amico dei musei e dei monumenti”. Si chiamava Giuseppe Costagliola, era un semplice funzionario del Comune di Livorno, ma fu anche grazie anche ai suoi interventi, in larga misura volontari, se il patrimonio artistico della città si salvò quasi per intero, tanto che il primo sindaco del dopoguerra, Furio Diaz, poté citare come simbolo della rinascita di Livorno proprio il riordinamento del Museo Civico, “con le intatte e superbe collezioni del nostro grande Fattori”. Il Museo Civico “Giovanni Fattori”, che fino alla seconda guerra mondiale aveva avuto sede in piazza Guerrazzi, nella zona del centro cittadino di Livorno più drasticamente interessata dagli eventi bellici, andò purtroppo distrutto sotto i bombardamenti del 1944, soccombendo al tritolo e al fosforo. Ma Costagliola, oscuro ma eroico custode del Museo Civico, si adoperò tra mille rischi per mettere al sicuro una gran parte delle opere e verificò negli anni, anche sotto il pericolo costante di improvvisi bombardamenti, lo stato di conservazione di quanto rimasto invece nelle sale di piazza Guerrazzi. Questa persona, e quei periodi drammatici, vengono ricordati in un articolo scritto una decina di anni dopo la guerra da Piero Sampaolesi, allora direttore della Soprintendenza al Monumenti e Gallerie per le Province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa-Carrara. Sampaolesi fra il 1943 e 1944 si occupò di proteggere il patrimonio delle province toscane che gli erano state affidate, e fra queste Livorno. Nel 1940 per iniziativa del direttore dell’ufficio Belle Arti del Comune di Livorno Costanzo Mostardi e con il determinante aiuto del custode del Museo, appunto Costagliola, erano partite per la scuola comunale della Valle Benedetta dodici casse, contenenti tutti i dipinti, le acqueforti e i disegni di Fattori. Insieme ad essi vennero trasferiti anche i tre dipinti di Silvestro Lega, l’acquerello di Telemaco Signorini, un quadro di Terreni, due ritratti di Angiolo Tommasi, alcune opere d’arte antica e sedici tele di Enrico Pollastrini. Presumibilmente le tele più grandi di Fattori, le Cenciaiole livornesi di Cecconi e la Crocifissione di neri di Bicci furono portati nel rifugio di Valle Benedetta senza casse, perché troppo grandi. Il 23 giugno 1940 fu approntato il trasporto dei più importanti materiali della collezione archeologica del Museo Civico, ma la maggior parte degli oggetti rimase al suo posto. Solo nel ’43, quando gli eventi stavano per precipitare si riuscì a mettere in salvo una seconda scelta di dipinti e sculture. In quella circostanza purtroppo l’opera “Gli esuli di Siena” di Enrico Pollastrini rimase al suo posto e finì distrutta nei bombardamenti. Quadri e sculture del Museo Civico, ricoverati nella scuola elementare di valle Benedetta, furono lasciati alle cure e alla sorveglianza di una maestra, la maestra Guidi, e al controllo volontario di Costagliola. Costagliola, che nel ’41 era stato esentato dal servizio, continuava infatti ad occuparsi delle opere in maniera volontaria, e fu anche protagonista del rocambolesco episodio di recupero del materiale ricoverato a valle Benedetta, messo in pericolo dalla presenza di un reparto di militari tedeschi nella palazzina nella quale si trovavano le opere. Il 18 novembre 1943, in una giornata umida di pioggia, Sampaolesi e Costagliola, con una fuga fra spari di petardi e bombette a mano, riuscirono a caricare alcune “piccole ma deliziose” tavolette dei macchiaioli e a condurle in salvo nella Certosa di Calci. I più importanti dipinti del Fattori vennero ricoverati a Poggio a Caiano con un viaggio lungo e tortuoso, nel tentativo ben riuscito , come avrebbe più tardi ricordato un cronista della Gazzetta, di far perdere le tracce dei preziosi carichi a garanzia contro il saccheggio o contro i furti. Le altre opere che si trovavano a Valle Benedetta in quegli stessi giorni, furono prese in consegna dalla Soprintendenza e messe a riparo a Poggio a Caiano, dove si trovavano già i bronzi dei Quattro Mori, il monumento più celebre di Livorno, anche questo messo in salvo grazie all’opera decisiva di Costagliola. Perfino nell’ottobre del 1944, quando Livorno era stata liberata, l’ufficio di Pubblica Istruzione si rivolse a Costagliola per mettere in salvo dalle intemperie e dai furti le non molte opere superstiti che erano rimaste all’interno del museo bombardato. E nel 1947, sempre dopo un intervento del solito e prodigo Costagliela a Calci, finalmente le opere d’arte livornesi ritornarono a Livorno, collocate prima nel palazzo detto “Le Quattro stagioni” in corso Amedeo, successivamente a Villa Fabbricotti, essendo la sede storica del Museo Civico non più utilizzabile. Il grande rimpianto di questa persona che si può definire il grande “amico dei musei e dei monumenti livornesi” fu quello di non aver salvato gli “Esuli di Siena” del Pollastrini. Il Soprintendente Sampaolesi, nell’articolo citato in apertura di questo intervento, ricorda che “il 27 gennaio 1944, un giorno invernale, grigio e desolato, Giuseppe Costagliola insieme a lui e a due professori tedeschi che gli avevano rinnovato il permesso di entrare nella “zona nera”, si soffermò e sospirò di fronte all’imponente tela del Pollastrini, troppo lunga e pesante per essere rimossa e portata in salvo”.
“La lasciammo lì- scrive il Soprintendente- vittima di un evento in qualche modo paragonabile a quello che vi aveva rappresentato il pittore”. L‘ultimo terribile bombardamento infatti avrebbe di lì a poco ferito ancora più a fondo la città, devastando tra gli altri il palazzo del Museo.

(Tratto dallo studio di Irene Amadei “Il Museo Civico livornese dalla Seconda Guerra Mondiale alla fine degli anni Cinquanta”)

 

 

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