Fruzzetti, il fotografo che “indaga” con i suoi scatti. L’intervista
di Jacopo Razzauti
L’occasione e l’aspirazione di intervistarlo è stata quando ha vinto un premio importantissimo, a Merano: si è conquistato il primo premio del Circuito Portfolio Italia con un lavoro dal titolo “Memoria a breve termine”. Lui è Alessandro Fruzzetti, fotografo per passione da moltissimo tempo, una passione che condivide con gli amici del Foto Club di Collesalvetti. Ma il suo nome sta girando vorticosamente negli ambienti della fotografia a livello nazionale: ecco perché lo abbiamo contattato per farvelo conoscere.
Alessandro, raccontaci di questo premio importante…
“Memoria a breve termine” è un’indagine sull’uso degli smartphone oggi. Il lavoro è nato osservando la quantità infinita di foto scattate con i telefonini, foto di gatti, piedi, pizze, poi che cosa rimarrà? Niente, non esisterà mai più un album di famiglia, perché nessuno stampa più le foto.
La tua passione per la foto: quando inizia?
Sin da piccolo sono sempre stato molto attento all’estetica, ho sempre disegnato, dipinto e mi sono interessato alle arti visive in genere. La fotografia l’ho scoperta intorno ai 20 anni facendone però un uso principalmente familiare, seppur sempre con una certa attenzione alla composizione. L’approccio “fotoamatoriale” è iniziato seguendo un corso base al Fotoclub Collesalvetti BFI (Benemerito della Fotografia Italiana n.d.r.) nel 2011; da lì è esplosa una vera e propria passione che è cresciuta nel tempo.
Che cosa significa approccio foto amatoriale?
Per me significa porre particolare attenzione a ciò che si fotografa, dando importanza alla composizione del fotogramma e a far in modo che la fotografia sia l’espressione dell’emozione che ho provato nel momento in cui ho deciso di scattare e che rappresenti il mio punto di vista. Quindi non solo documentare una situazione, ma fotografare diventa un atto creativo di interpretazione ed elaborazione personale della realtà. Non è sufficiente “guardare” ma bisogna “vedere”.
E come si raggiunge una “visione personale”?
Per me è fondamentale che un fotografo sia riconoscibile ed il più possibile originale. Come in ogni campo, anche in fotografia, si è già visto quasi tutto; ed è proprio per questo che è indispensabile dare un apporto personale per far sì che le nostre immagini non siano una brutta copia di ciò che è già stato fatto.
Il tuo lavoro è vicino alla tua passione o è completamente altra cosa…
l mio lavoro è piuttosto distante dalla fotografia, però la formazione tecnica è fortemente presente nelle mie fotografie che spesso hanno un’impronta geometrica, sia per la composizione che per il taglio.
Vai in cerca dell’ispirazione o è l’ispirazione che ti cerca?
Entrambe le cose, con gli occhi scatto continuamente fotografie cercando sempre nuove ispirazioni. Poi però alcuni lavori più complessi o anche delle foto singole sono nate da una frase ascoltata o letta in un libro, da una sensazione, da un sentimento o da un’idea improvvisa magari frutto di ragionamenti inconsci.
Un esempio è il lavoro dal titolo “Le due mamme”, raccontaci di questo progetto.
Le due mamme sono due donne innamorate, compagne di vita da molti anni; avevano entrambe un fortissimo desiderio di ampliare la loro famiglia con un figlio. Con le mie foto ho cercato di far vedere il loro amore, il loro sogno e la sua realizzazione. L’intento era quello di raccontare il tutto con delicatezza, cercando di dare un’impronta di “normalità” avendo ben chiaro che l’amore vince sempre e supera ogni apparente barriera.
Il tuo primo riconoscimento fotografico?
Nel giugno del 2013 mi classificai al primo posto in un concorso fotografico indetto dal Lions Club Host insieme al Leo Club di Livorno che aveva come tema: “Livorno: crocevia di popoli e culture” La foto premiata aveva per titolo “Migrazione ebraica” e rappresentava la sinagoga di Livorno dalla quale sembrava uscire una scia di nuvole…metafora di una processione.
Chi ami tra i grandi fotografi?
Mi affascina la poetica delicata di Luigi Ghirri, le sue fotografie dall’impronta metafisica sono state motivo di ispirazione
Che ruolo ha la fotografia… cosa ti aspetti da un fotografo?
Per me la fotografia è il modo più sincero che ho per esprimermi e raccontarmi; mi permette di trasferire in immagini i sentimenti, le emozioni e il mio punto di vista. Credo che dalle mie foto si intuisca chi sono. Riguardo a cosa mi aspetto da un fotografo, cambia molto se si tratta di un professionista -che quindi deve sottostare alle esigenze della committenza- o un fotoamatore che è libero di esprimere sé stesso. Io sono affascinato da chi riesce a trasferire nelle immagini il proprio sentire e la sua individualità.
Ultima domanda, molto delicata, visto che sei stato intervistato per i lettori di Quilivorno: è vero che sei pisano?
Si, è vero: sono nato nel ’71 a Pisa ed ho vissuto fino a 25 anni ad Asciano Pisano, poi mi sono trasferito a Collesalvetti che è una terra di confine. Ho nel cuore sia Pisa che Livorno.
Riproduzione riservata ©