Messa per i defunti in Venezia
di Roberto Olivato
Probabilmente è stata colpa del maltempo, ma i partecipanti alla S. Messa delle 17,30 di sabato scorso, celebrata dal parroco padre Emilio Kolaczyk, in suffragio dei defunti del quartiere della Venezia sono stati veramente molto pochi, quasi che l’evento interessasse solo agli organizzatori. Una debacle inaspettata, dove forse il nubifragio ha avuto la sua parte di colpevolezza. La rimembranza degli oltre quattrocento nomi, accompagnata con canti liturgici dall’Associazione Corale Sarda, è una ricorrenza che nel mese di novembre si ripete ormai da diversi anni, grazie all’interessamento di Gino Corradi, veneziano doc, geloso custode di un elenco da lui ricostruito con dovizia di particolari, oltre che con i nomi propri e i casati, anche dei con i soprannomi con i quali una volta si identificavano gli abitanti del quartiere, caratteristica ormai cancellata dal passare degli anni, eccone alcuni: Alessandro detto saltapasi, Sandro detto truciolo, Bruno detto bambolino, Ivo detto birillino, ma anche Mauro detto gattino, Bruno scimmiottino, Egisto il bellino, Marino il rosso e tanti altri, tutti figli di una leggenda, come ricordato da Otello Chelli che, rivisitando il clima del quartiere dove anche lui nacque, ha evidenziato come sia scomparso il senso di appartenenza: “ gli abitanti del quartiere si sentivano facenti parte di un’unica famiglia ed una volta al mese organizzavano in via Caprera, lunghe tavolate, dove ogni famiglia portava quel poco che aveva da mangiare per dividerlo con gli altri, pur di stare in compagnia.” I commoventi ricordi di Chelli raccontati, al termine della liturgia, possono essere rivissuti fra le pagine del suo libro Gente della Venezia . Come tutti gli altri quartieri della città, anche quello della Venezia è cambiato dopo la fine della seconda guerra, a causa dei bombardamenti che hanno stravolto non solo le infrastrutture ma l’intero tessuto sociale, sparpagliando gli abitanti in altre zone della città, se non addirittura fuori Livorno. Il nobile scopo di voler far sempre sentire presenti nel loro quartiere tutti i Veneziani, ormai passati a miglior vita è senz’altro un’iniziativa encomiabile, ma forse per ottenere più partecipazione sarebbe il caso di conoscerne i famigliari, coinvolgendoli in una più approfondita ricerca informativa circa i loro defunti.
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