“Giornalismo in carcere” per riscrivere il passato

di Jessica Bueno

Scrivere per ridisegnare il proprio passato e trovare nuove opportunità per il futuro: è questo l’ideale che ha portato all’organizzazione del primo progetto “Giornalismo in carcere”. L’iniziativa è patrocinata dalla Casa Circondariale, dal Comune e dalla società Erasmo Libri e realizzata da Arci Solidarietà Livorno col contributo della Chiesa Valdese. Sono previste 11 lezioni che saranno tenute da giornalisti locali e non. Al termine di questo percorso, gli aderenti avranno la possibilità di partecipare con un proprio elaborato ad una sorta di concorso letterario: le opere vincitrici saranno pubblicate da Erasmo Libri. Verrà inoltre assegnato un premio in denaro ai primi tre.

“Il progetto si intitola ‘Giornalismo in carcere’ – spiega Francesca Ricci, una delle organizzatrici – Un anno fa abbiamo deciso di prendere un bando della tavola valdese, che devolve l’8 x 1000 a progetti di natura sociale, e di proporre questa idea che è piaciuta e che ha portato al finanziamento dell’iniziativa”.

“L’idea – continua – è quella di tornare al giornalismo vecchio stampo: i ragazzi potranno usare carta e penna, senza l’ausilio di social e media di cui attualmente ci si serve per comunicare. E’ un ottimo modo per potersi esprimere su varie tematiche utilizzando diversi stili. Ringrazio tantissimo la Chiesa Valdese che ci dà l’opportunità di portare avanti tutto questo”.

Il progetto ha lo scopo di aiutare il percorso riabilitativo dei detenuti, utilizzando la scrittura come mezzo prescelto. Tutto ciò ha sollevato interesse e curiosità: scrivere corrisponde a un momento di massima intimità, è un modo per comunicare con amici e parenti. Al contempo l’approccio giornalistico costituisce una sfida personale: i fatti andranno infatti riportati con obiettività e trasparenza.

“Esiste un legame – afferma Stefano, pastore della Chiesa Valdese – tra prigionia e letteratura. Possiamo trovare un episodio esemplificativo nella Bibbia che ha come protagonista l’apostolo Paolo, il quale durante il periodo di detenzione scrisse moltissime lettere. Da un contesto di chiusura si passa ad uno di apertura verso l’esterno, favorendo il dialogo”.

“In questo carcere – conclude il garante dei detenuti Marco Solimano – fervono molte attività e questo progetto costituisce un’opportunità in più. Tutte queste energie possono ridisegnare un modello di reinserimento che sia più produttivo per le persone e per la comunità”.

Riproduzione riservata ©