Porto 2000 ai privati, c’è l’ok. Nogarin contrariato. Proteste e fumogeni dei lavoratori

Il sindaco: "L’Autorità Portuale ceda soltanto il 23% o, al massimo, il 37%. Le crociere la vera urgenza"

di admin

La linea del Piave, mentre in strada andava in scena la protesta dei lavoratori (fotogallery di Simone Lanari in fondo all’articolo) che potete leggere nel capitolo sotto, è stata fissata. E il Comitato Portuale, pur non dovendo votare alcuna delibera, ha espresso un orientamento ben definito. Certo, non all’unanimità, ma a larga, anzi larghissima maggioranza, diverse puntualizzazioni. Un parere contrario, quello del sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, e una sorpresa: l’annuncio da parte della Camera di Commercio della cessione delle quote a propria disposizione.
E’ questo il bilancio conclusivo di una seduta al termine della quale il Parlamentino di Palazzo Rosciano ha consegnato nelle mani del presidente dell’Authority, Giuliano Gallanti, la disponibilità a procedere verso la vendita della Porto 2000, la società (72% APl e 28 Camera di Commercio) che a Livorno gestisce la stazione marittima e i servizi ai passeggeri. Il percorso, avviato già nel lontano 2005, e definito nel 2011 con una delibera approvata all’unanimità che dava mandato all’Apl di confezionare “lo schema di gara per la cessione delle quote maggioritarie della società”, non prevede, quindi, alcuna deviazione. Nessuna deviazione di rotta sulla dismissione degli asset, perché su questo Gallanti, e non soltanto lui, è stato chiaro: “La legge ci impone di scendere sotto il 50% – ha specificato – e recentemente abbiamo ricevuto sollecitazioni anche dalla Corte dei conti e dall’Autorità Garante per la Concorrenza, se non andiamo avanti l’APL rischia di andare incontro a precise responsabilità penali e amministrative”. Nessuna deviazione nemmeno su quanto vendere: il 23%, ovvero il minimo necessario previsto dalla legge o almeno il 51%? Anche qui, l’analisi che l’advisor Kpmg ha consegnato nelle mani dei vertici dell’Authority ha trovato una quasi unanime condivisione in comitato (12 i pareri favorevoli): per evitare che la gara vada deserta è necessario sia ceduta la maggioranza assoluta delle quote. E questo, nonostante le perplessità del sindaco che – dopo il consiglio comunale di venerdì scorso – si era attestato sulla posizione della salvaguardia del ruolo pubblico all’interno della compagine societaria della porto 2000. “Ritengo – ha detto Nogarin – che sia auspicabile che l’Autorità Portuale ceda soltanto il 23% o, al massimo, il 37%, ovvero la maggioranza delle quote a sua disposizione. Non è necessario procedere oltre. La vera urgenza è dare una certezza degli accosti alle crociere“. Ma il primo cittadino è stato praticamente l’unico ad aver espresso una certa insofferenza per il percorso di cessione delle quote. Assieme alla sua poche altre riserve, o meglio puntualizzazioni, come quelle fatte da chi ha insistito sulla necessità di dare piena attuazione al piano di zonizzazione del Prp prima di vendere la Porto 2000 (leggi Claudio Sodano, rappresentante dei lavoratori) o come quelle fatte da altri rappresentanti in merito alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Sul primo e sul secondo punto, il numero uno dello scalo labronico è stato chiaro: “I due percorsi, cessione delle quote e approvazione del prp – ha spiegato Gallanti – procederanno parallelamente. Se tutto va bene il bando di gara sarà pronto per la fine dell’anno e, per allora, avremo già in mano il master plan del porto approvato dalla Regione”.
Anche sulla necessità di garantire i livelli occupazionali (puntualizzazioni espresse dai rappresentanti del lavoratori, in primis Picchiottino e Strazzullo) e sulle paure che la cessione prenda la china di una deriva monopolista, Gallanti ha messo le mani avanti: «Ne discuteremo quando avremo cominciato a preparare il bando di gara. L’obiettivo è quello di inserire delle clausole sociali che prevedano A) che i lavoratori della Porto 2000 conservino il proprio posto di lavoro, B) che il soggetto aggiudicatore, se armatore, non impedisca alle navi concorrenti di approdare in porto. Una volta confezionato il bando, torneremo in Comitato per avviare una discussione dettagliata”.
A voler sintetizzare, quindi, vendere non è solo una necessità imposta dalla legge, ma una opportunità per lo scalo labronico: e se questa opportunità deve essere colta occorre valorizzare al meglio il comparto crocieristico con un progetto di sviluppo ad ampio spettro. “Noi vogliamo vendere alle migliori condizioni possibili – ha chiosato Gallanti – e riteniamo dirimente ai fini dell’aggiudicazione della gara europea la presentazione di un piano di investimenti serio che giustifichi da parte nostra la proroga della concessione”. Perché – e qui sta il punto politico – la concessione oggi in capo alla Porto 2000 scade nel 2019 e non potrà essere rinnovata en passant, senza bandire una nuova gara, a meno che, a fronte della richiesta di rinnovo, il concessionario non metta sul piatto tanti, tantissimi soldi per la realizzazione di un nuovo terminal crociere e per lo sviluppo del waterfront porto-città.
Altro che accelerazione, altro che svendita, insomma; Gallanti, che non ci sta a passare come “quel signore il cui mandato scade a fine marzo e che ha fretta di chiudere la partita delle crociere”, ha cercato subito di sgomberare con fastidio anche i presenti spettri di autoritarismo o di tradimento del “pubblico”. “Tra la fine dell’anno e l’inizio del 2015 – ha spiegato – avremo a disposizione il lato nord del Molo Italia e lo potremo utilizzare o per delocalizzare fin da subito i traffici dei forestali oppure per ospitare le cruise boat più grandi. Questo è il momento migliore per procedere con vendita della Porto 2000, anzi, dobbiamo sbrigarci perché oggi abbiamo già la possibilità di dare delle risposte certe a chi chiede di investire a Livorno”.
L’appello, che sembrano avere accolto in diversi, a cominciare da Silvio Fremura (Asamar) e Umberto Paoletti (Confindustria), ha trovato una sponda anche nel presidente della Camera di Commercio, Sergio Costalli, che davanti ai membri del Comitato ha annunciato di voler di vendere una parte delle quote a propria disposizione: “Siamo disponibili – ha detto Costalli – a portare avanti assieme all’Authority un piano di dismissione che porti la partecipazione pubblica ad un terzo del capitale della società. Ma prima chiediamo venga modificato lo statuto della Porto 2000: sia previsto il raggiungimento della maggioranza qualificata dei voti per le decisioni più importanti, quelle che impattano maggiormente sulla società”.
Insomma, sia pure con qualche riserva e qualche distinguo, il percorso di cessione delle quote va avanti. “Mettiamoci in testa una cosa – ha ammonito Gallanti – se non ci muoviamo, se non vendiamo la Porto 2000 prima che scada la concessione, allora sì che i lavoratori della società rischiano veramente di finire in strada. Una cosa, infatti, è preparare una gara a triplo oggetto per la ricerca di un soggetto privato, di un gestore dei servizi e di un concessionario, un’altra sarebbe quella di bandire una gara soltanto per l’affidamento della concessione. A quest’ultima potrebbe partecipare chiunque. Altro che sette milioni di euro. A quel punto chi volesse accaparrarsi il traffico delle crociere a Livorno, potrebbe farlo per un pugno di noccioline e senza dover rispettare alcun tipo di clausola sociale o onere contrattuale. E, badate bene, la Porto 2000 parteciperebbe alla gara dell’aggiudicazione come qualsiasi altro soggetto concorrente”.

Il presidio dei lavoratori – E mentre era in corso il comitato portuale sulla privatizzazione della Porto di Livorno 2000 un centinaio di suoi dipendenti ha scioperato presidiando la zona antistante di Palazzo Rosciano, sede dell’Autorità Portuale, dove era in corso il comitato portuale, per mostrare tutto il loro sdegno riguardo alla cessione delle quote. Dipendenti ma anche semplici cittadini a cui stanno a cuore le sorti di una parte fondamentale della città, come il comitato già autore del documento “Non svendiamo la Porto di Livorno 2000” presentato in Camera di Commercio e rappresentato da Sergio Landi, Andrea de Peppo e Andrea Raiano.
“La nostra richiesta è semplice, vorremmo invitare l’Authority a fermarsi per non prendere decisioni affrettate – ha spiegato Andrea de Peppo – la Porto di Livorno 2000 non ha ancora gli strumenti adatti per essere appetibile per una possibile cessione. E’ ancora in attesa di attuazione il Piano Regolatore del Porto, così come il piano urbanistico, non è possibile cederla così sottostimata”.
Al presidio capeggiavano diversi striscioni, solidali con i lavoratori ma anche alcuni indirizzati al numero uno dell’AP, come: “Sig. Gallanti non ha un po’ di nostalgia di Genova? Tempo scaduto!”, proprio perché il mandato di Giuliano Gallanti è in scadenza.
Ma i lavoratori, con un volantino più che esaustivo, hanno dimostrato di sentirsi abbandonati anche dai gruppi sindacali, accusandoli di non essersi mostrati sufficientemente a favore degli interessi dei dipendenti della Società.
Puntano il dito anche contro il presidente della Regione, Enrico Rossi esortandolo, dopo essersi occupato delle vicende aeroportuali, a non abbandonare Livorno, visto che è il principale porto della Toscana, ma anzi suggeriscono di mandare un suo rappresentante per vigilare sulla questione.
Un momento non favorevole per la cessione delle quote di una realtà non ancora strutturata e consolidata, ma soprattutto il timore per la tenuta occupazionale, per il futuro di questi 107 lavoratori, che esigono che il loro parere venga preso in considerazione, essendo parte portante della Porto di Livorno 2000.

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