Economia, cresce la deflazione nella nostra città. Livorno diventa un caso nazionale. I dati

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Una mattinata densa di argomenti quella che si è svolta alla Camera di Commercio di Livorno,lo scorso 13 giugno, in occasione della 12esima Giornata dell’Economia. Molti i punti toccati a partire dalla relazione del Presidente Sergio Costalli che ha inaugurato l’incontro, delineando un’analisi sociopolitica su più temi e difendendo tenacemente gli organismi rappresentativi di interessi generali, come le Camere di Commercio, a rischio d’estinzione secondo le recenti direttive del Governo Renzi.
“Le Camere di Commercio sono presenti in Toscana, grazie al Granduca Pietro Leopoldo, dal 1770 – ha commentato il presidente Costalli – e hanno abbondantemente dimostrato di essere un più che valido strumento al servizio delle imprese, dei consumatori e del lavoro. Ancor oggi stanno dando un grande contributo per condurre il Paese oltre la crisi. Ove venisse a manifestarsi una deprecabile evenienza, noi ubbidiremo alla legge ma, siatene certi, non resteremo in un operoso silenzio”.
Interessante spunto di riflessione è stato lo studio condotto sul crocierismo a Livorno da Francesco di Cesare, presidente di Risposte Turismo srl.
Le prime stime sul 2014 del traffico crocieristico del porto di Livorno, non permettono d’investire un trend in calo delle toccate iniziato dal 2010 ( -30% nei 5 anni) e che dovrebbe far registrare 350 call nel 2014 rispetto alle 420 del 2013. Dal 2000 ad oggi, si è comunque registrata una decisa crescita fino al 2012 per movimenti passeggeri, quando venne superata la soglia del milione, per poi scendere ed attestarsi su livelli più che tripli rispetto a quelli di inizio millennio. Si parla in sostanza qui a Livorno di un fenomeno di deflazione, ovvero il processo inverso dell’inflazione: progressiva diminuzione dei prezzi. Chiaro sintomo di mancanza di liquidità e denaro e per questo scendo i prezzi delle cose che non trovano più mercato. Segnale evidente di crisi, delle più nere.
Andando più nel dettaglio, si stima che i 736.000 crocieristi movimentati nel porto di Livorno nel 2013, avrebbero speso a terra oltre 47 milioni di euro, con un valore medio di 65 €, frutto dell’alto ricorso ad escursioni organizzate dal costo medio di 80 €.
Di queste escursioni però solo lo 0,8% viene fatto all’interno della città ed appena lo 0,2% nella provincia, come ad esempio Bolgheri, contro il 67% di quelle che vengono fatte in altri luoghi toscani.
Circa 10 milioni di euro è il contributo che arriva a Livorno dalle spese dirette dei crocieristi, che in pratica corrisponderebbe al 21% del totale di quanto speso dai crocieristi in transito. Un valore di spesa media catturato dal territorio provinciale di appena 13 € procapite, 15 € se si considerano solo i passeggeri scesi.
Visto sotto un più ampio spettro, si indica attorno ai 70 milioni di euro il contributo totale generato a livello nazionale nel 2013 dalle spese dirette a Livorno dell’attività crocieristica. In termini occupazionali, l’attività crocieristica livornese, attiva 502 unità di lavoro complessive che implicano oltre 11 milioni di euro di redditi.
Il porto di Livorno dunque, ha trovato affermazione nel suo porsi come accesso al mare ad una regione ricca di risorse turistiche, ma per ridurre la consistente differenza fra quote di spesa con destinazione provinciale ed extraprovinciale è necessario un tipo di lavoro diverso da parte della città, degli amministratori pubblici e dagli operatori privati.
Ha chiuso la giornata l’estrema sintesi dell’accurato Rapporto sull’economia della provincia di Livorno, illustrata da Federico Doretti del Centro Studi e Ricerche Cciaa.
Dall’analisi è emerso che il 2013 si è caratterizzato per l’affievolirsi del processo di riduzione numerica delle sedi d’impresa ( + 0,6%) rispetto al 2012 e rispetto al 2008, indicato come inizio della crisi, le sedi d’impresa registrate sono aumentate di mezzo punto percentuale. Il 2014 ha mostrato un cambiamento di tendenza (al rialzo). Inoltre il valore dei tassi di crescita per forma giuridica, evidenzia il costante sviluppo delle società di capitale e delle altre forme giuridiche a scapito soprattutto delle imprese individuali e delle società di persone.
Il settore agricolo risulta essere il più colpito, dall’inizio del secolo le imprese attive nella provincia si sono ridotte di oltre 600 unità, per una perdita del 19%, in pratica un’impresa su cinque è sparita.
Le imprese di artigianato manifatturiero non hanno effettuato alcun investimento nel biennio 2012-2013, però il 64,9% del fatturato deriva da vendite sul mercato finale, contro il 35,1% di fatturato derivante da subforniture o lavorazioni per conto terzi.
Per quanto concerne il commercio estero, peggiora il deficit commerciale livornese, che in un anno passa da 2,5 miliardi di euro a 2,9, inoltre il calo delle esportazioni è diretta conseguenza dei risultati del settore manifatturiero ( -17,8%) che ne rappresenta la quasi totalità.
Come già osservato nel 2009 e nel 2012, si rileva un discreto avanzamento nei risparmi. Per le famiglie il conto corrente è preferito rispetto agli investimenti finanziari, caratterizzati da un rischio che non si è disposti a correre. Le imprese rimandano non solo gli investimenti non ritenuti vitali, ma anche le assunzioni. Una tendenza al “conservatorismo” che purtroppo sembra non arrestarsi.

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