Intervista a 360° al candidato Ruggeri (Pd) che si infervora sulla sanità: “Invertire rotta o monto sul tetto”

.“Quando ho annunciato Punto e a capo hanno pensato che fosse solo uno slogan elettorale, poi ho presentato il programma…Noi gli interpreti del cambiamento sento questa responsabilità”

di Arabel Padovan

Una panoramica a 360 gradi faccia a faccia con il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra, Marco Ruggeri, sostenuto dal Partito Democratico. Il giovane, ma navigato, politico ci ha ricevuto presso la sede del suo comitato elettorale di Piazza Grande circondato dai giovani volontari del Pd. Gli abbiamo posto 11 domande, entrando in merito alle 70 pagine del suo programma. (E’ possibile anche vedere e ascoltare l’intervista integrale fatta dalla nostra giornalista politica Arabel Padovan cliccando sul link in fondo all’articolo ed entrando nella nostra videogallery).

1. Ruggeri, il suo programma, come ha specificato più volte, si pone l’obiettivo di essere attuabile il giorno dopo le elezioni, quali sono gli elementi che lo rendono tale?

“Noi non abbiamo molto tempo da perdere. Abbiamo un’emergenza immediata e c’è bisogno di interventi concreti, per farli è necessario arrivare al comune, prendere in mano la macchina burocratica ed essere in condizioni di modificarla prima possibile – senza che questo paralizzi tutto – per poter cominciare a dare delle risposte. Faccio un esempio: il decoro della città, questo è un aspetto che non può aspettare, c’è bisogno di fare e subito. Per fare tutto ciò abbiamo bisogno di risorse, perché la finanza comunale è al limite della tenuta, deve entrare in campo anche la regione Toscana per cofinanziare i progetti. La mia esperienza mi consente di mettermi al tavolo con il Presidente della Regione il giorno dopo le elezioni e costruire una serie di progetti che possono servire ad aiutare Livorno in questa fase di difficoltà.”

2. Ha più volte parlato della discontinuità con il passato, il vostro slogan è “Livorno punto e a capo” sembra quasi un’ammissione di colpa rispetto alla politica passata, lo è? Scorrendo la vostra proposta, oltre, al cambiamento della classe politica si evince la necessità di un cambiamento di mentalità anche da parte dei cittadini livornesi, affinché siano più coinvolti nella realtà locale con un maggiore senso di responsabilità. Quali sono le motivazioni rintracciabili nel vostro programma, che potrebbero essere un incentivo per i cittadini a questo cambiamento?

“Livorno punto è a capo è una chiara ammissione di necessità di discontinuità, ammissione dovuta al fatto che siamo consapevoli che abbiamo commesso errori nella gestione della città e che la politica cittadina e l’istituzione Comune non sono più in sintonia con i cittadini livornesi. O si ammette questo in maniera serena, sapendo che è necessario cambiare o non si va da nessuna parte. Dopo di che, l’obiettivo è provare a costruire un nuovo progetto per la città, rovesciando l’ordine dei fattori. Per troppe volte abbiamo tentato di spiegare ai Livornesi come dovevano vivere, bisognerebbe cominciare a pensare di costruire insieme ai livornesi questo progetto. Mi spiego meglio, se noi vogliamo cominciare a costruire Livorno come città turistica non è necessario solo cambiare il fronte a mare della città, per renderlo più allettante per le crociere, ma c’è bisogno anche di costruire la mentalità del sistema commerciale e dei cittadini a fin che vedano nel turismo una prospettiva e diventino accoglienti nei confronti di questo. Ma se prima non diamo noi un segnale di cambiamento non possiamo pretenderlo da loro.”

3. Entrando nel merito delle questioni, il lavoro e la crisi sono i primi problemi, affrontati nel vostro programma, si parla di “non perdere il lavoro che abbiamo, crearne altro, attraverso sinergie per favorire l’apertura di nuove attività, introdurre il turismo e la cultura come settori da sviluppare”. Concretamente, quali saranno le azioni che renderanno possibili questi progetti?

“Il dato della disoccupazione dell’ultimo trimestre, è del 16 %, uno dei valori più alti degli ultimi venti anni, il primo elemento è dunque non perdere più niente di quello che abbiamo, consolidando le imprese che oggi sono presenti. Per fare questo è necessario sburocratizzare, perché è la burocrazia uno dei fattori che determina l’abbassamento della competitività. I tempi di risposta e di adeguamento rispetto ai mercati che cambiano sono troppo lunghi. Dopo di che bisogna alleggerire il peso del sistema che grava sulle aziende, un esempio su tutti è quello delle tasse e della tassa dei rifiuti, di cui tutti quelli che ho incontrato, durante questa campagna, mi hanno parlato. In campagna elettorale è facile promettere la riduzione delle tasse, io non l’ho fatto perché – come ho già detto – il programma deve essere attuabile concretamente da subito e questa sarebbe una velleità difficilmente realizzabile nell’immediato. Posso affermare comunque che c’è bisogno di ripensare tutta la tassa dei rifiuti, che prima gravava su undicimila imprese in città, oggi undicimila imprese non ci sono più e quella quota di pagamento viene divisa tra molte meno realtà. Altra questione è quella di mettere mano all’efficienza del sistema delle aziende pubbliche, questa è una questione sulla quale prendo un impegno ben preciso, non ho intenzione di aumentare le tasse a causa dell’inefficienza del sistema, non è più sopportabile un aumento delle tasse su questa base, da questo punto di vista il limite massimo lo abbiamo raggiunto.
Abbiamo bisogno di attrarre nuove imprese per fare ciò abbiamo una sola strategia, metterci in rapporto con il comune di Collesalvetti, con il quale faremo il piano strutturale, definendo le aree produttive in maniera certa, mettendo insieme gli uffici atti a dare risposte alle aziende che si vogliono insediare. Diventando dunque, zona di crisi complessa, a questo punto il Ministero e la regione potrebbero erogare e concentrare più risorse per incentivare la re-industrializzazione. Utilizzando gli incentivi di cui stiamo parlando si abbatterebbero i costi per le imprese che si vogliono insediare.
Inoltre abbiamo bisogno di aprire e sfruttare gli spazi di mercato della cultura sfruttando ciò che abbiamo: abbiamo il sistema delle fortezze, dei fossi, il porto turistico – partita da decidere e chiudere rapidamente – abbiamo da ridisegnare il sistema portuale realizzando uno spazio dedicato al turismo e alle crociere. Questo cambia il volto della città.
Avere dei progetti chiari e definiti in merito a questi aspetti, ci permetterà di usufruire dei fondi europei, in passato non avere progetti ha portato a non sfruttare fino in fondo queste potenzialità.”

4. Il porto, è uno dei grandi temi del programma intorno al quale ruotano molti aspetti importanti per la città: piano strutturale, piano regolatore portuale, infrastrutture, economia, lavoro. Il Presidente Rossi, quando venne a novembre per l’inaugurazione del nuovo terminal crociere Porto 2000, ha parlato di una regione Toscana pronta a stanziare nuovi finanziamenti per il retro porto e per i collegamenti con la ferrovia, però chiedeva un dragaggio tempestivo, per rendere la realtà portuale livornese più competitiva. Come risolvere il problema dei lunghi tempi di adeguamento dei fondali? In generale, in che modo il porto e ciò che gira intorno ad esso, sarà una risorsa sfruttata da voi meglio che in passato?

“Il porto è governato da un ente che si chiama Autorità Portuale, un’emanazione del Ministero dei trasporti. Molti, obbiettano alle mie proposte sul porto, dicendo che il Comune, in realtà, ha molto meno potere rispetto a quello che paventa sulle questioni del porto. Io aggiungo a ciò che, se si ha un approccio solo burocratico sarebbe meglio che la politica si arrendesse dando spazio solo ai burocrati di stato. Sono convinto che la politica può incidere nei processi – anche quando questi non sono direttamente nel suo potere – partecipando alle scelte. Il sindaco di Livorno siede nel comitato portuale, non come presenza neutra, rappresenta la città. Quindi noi abbiamo la necessità di imprimere al porto la svolta drastica: cominciando a pretendere che siano realizzati in tempi certi e celeri, tutte quelle infrastrutture di cui si parla da anni. L’importante è non metterci solo l’apporto della burocrazia, ma cominciare a trovare soluzioni che servono, in situazioni di emergenza come quella in cui si trova il porto di Livorno. Se l’intera città fa un’alleanza con la comunità portuale e insieme si sostiene anche la burocrazia per rendere più celeri le scelte, presidiando anche fisicamente i ministeri, si faranno rispettare i tempi.
Ulteriore grande questione è quella delle ferrovie, altra partita da chiudere a Roma con l’amministratore delegato delle Ferrovie. La Regione Toscana ci ha già messo trenta milioni di euro, abbiamo urgenza che le Ferrovie facciano la loro parte intervenendo sul porto, lo sbocco ferroviario e la sua velocità sono importanti.
Anche la zonizzazione del porto e la realizzazione del piano regolatore sono fondamentali per fare in modo che il porto faccia il salto di qualità, attualmente le imprese portuali competono tra di loro e non con l’esterno, perché la struttura è rimasta quella di dieci anni fa.”

5. Affrontando il problema casa, nel suo programma si parla dell’esigenza di una task force per l’emergenza abitativa, leggo: “il Comune, utilizzando le novità che arriveranno dalle normative regionali, potrà utilizzare le tante case già costruite ed invendute a causa della crisi, per metterle a disposizione dei cittadini che ne hanno diritto” ha parlato inoltre di rivolgersi al Prefetto per chiedere il blocco degli sfratti. Secondo lei, saranno azioni sufficienti per affrontare e superare un problema che in città, si presenta più oneroso che da altre parti?

“In questa situazione di crisi, gli sfratti sono quasi tutti per morosità incolpevole. Per gestire una situazione straordinaria come questa non si può pensare di usare regole ordinarie. Per questo abbiamo chiesto ai piccoli proprietari immobiliari l’allentamento della pressione sul Prefetto per l’esecuzione degli sfratti. La media degli sfratti in esecuzione continua ad essere quella di settanta sfratti al mese. Per dare risposte si devono far scorrere al meglio le graduatorie e accelerare i tempi delle manutenzioni degli alloggi popolari liberati, assegnandoli prima che questi (i lavori) vengano eseguiti. Si tratta di circa 100 alloggi l’anno da mettere a disposizione con questo sistema.
Per reperire altri alloggi si può fare riferimento alla nuova normativa regionale utilizzando il costruito invenduto, dando anche una boccata d’ossigeno all’edilizia. Un tentativo per utilizzare tutto quello che c’è, per cercare di dare risposta a un diritto che abbiamo il dovere di garantire: quello di far dormire le persone con un tetto sopra la testa, pur non accettando di barattare l’emergenza abitativa con l’utilizzo di immobili fatiscenti o immobili da demolire. La dignità degli alloggi è fatto imprescindibile. Sono disposto a discutere anche dell’utilizzo degli immobili della protezione civile per parlare di soluzioni temporanee ma necessarie.”

6. A proposito di cultura: quali sono gli elementi su cui puntare, rintracciabili nel suo programma, per un rilancio di una così importante risorsa della città lei ha parlato a tal proposito di sinergia di lavoro tra assessorato alla cultura e quello al commercio. Ha parlato anche di una Consulta delle Fondazioni per ottenere nuova chiarezza delle responsabilità, perché è necessario uno strumento del genere secondo lei?

“A Livorno, negli ultimi anni, uno dei punti di maggiore tensione tra le istituzioni e i cittadini nasce dal mondo della cultura. Perché noi abbiamo perso il senso del rapporto con parte della cultura livornese e abbiamo dato la percezione che ci fosse solo una cultura istituzionale, non lasciando spazio alla vivacità e creatività della cultura della città. Abbiamo bisogno di rileggere il sistema cultura. Il conflitto che io avverto, tra una bella cosa quale è il teatro Goldoni e una parte della cultura cittadina è un conflitto che va superato. Il Goldoni o viene vissuto da tutti come un’opportunità per la città o rischia di essere il teatro burocratico e quello burocratico non è un teatro. Abbiamo inoltre tutta una serie di beni culturali e di potenzialità che devono essere rilanciate, insieme ai personaggi protagonisti della storia della città. La cultura non è solo spesa pubblica e può dare spazi di lavoro. La mia proposta è rilanciare contenuti e contenitori culturali, dando spazio e disponibilità a chi vuole fare impresa culturale. Penso che la gestione dei musei potrebbe essere affidata ai privati sotto la garanzia del pubblico. Rispetto alla Fondazione credo che sia necessario fare un po’ di ordine mettendo insieme tutte le fondazioni e piccole imprese che ruotano intorno al mondo della cultura, cercando di creare una rete che ci consenta di risparmiare e di fare un sistema vero, un master plan della cultura con un’unica regia.”

7. Il nuovo ospedale. Come lei ha detto, non è tema di questa campagna elettorale. Dunque, è chiaro a tutti che il nuovo ospedale si farà. Veniamo alla sua proposta programmatica: si parla di riorganizzazione della rete e dei presidi, secondo un uso appropriato dell’ospedale, di una sanità territoriale integrata ospedale-territorio. Può definirmi meglio come si realizzerebbe sul territorio questo piano sanitario e quale uso si farebbe della vecchia struttura?

“Uno dei limiti della sanità livornese è quello di non avere chiaro quale sia la missione dell’ospedale. La funzionalità dell’ospedale è stata trascurata negli ultimi anni. Io penso che si debba costruire una sinergia con Pisa, utilizzare Pisa anche per far crescere i nostri medici. Avevo proposto al presidente Rossi, di pensare alla presenza di dipartimenti sperimentali interaziendali, per far ruotare i medici tra Livorno e Pisa.
Per ciò che concerne la riorganizzazione territoriale bisogna fare riferimento ai distretti, abbiamo tre distretti Salviano, viale Alfieri, via del Mare, mancherebbe il distretto a Nord, la cui realizzazione dovrebbe essere contemporanea allo spostamento dell’ospedale. I distretti garantirebbero una distribuzione omogenea sul territorio dei servizi sanitari, insieme alla presenza degli ospedali di comunità e delle case della salute (pronto soccorsi sparsi sui territori per i codici bianchi). Ciò darebbe dei riferimenti molto più vicini ai cittadini per le piccole cose. Tutto ciò vuol dire ridisegnare il sistema sanitario e integrare questo con il sistema sociale. Non tutta la sanità si risolve con l’ospedale, questa è un’idea anacronistica, che fa dei danni soprattutto alle persone anziane, che vanno curate a casa o vicino a casa. I medici di base devono tornare a fare il loro lavoro, non sono burocrati ma medici. E’ necessario progettare un sistema di sanità più diffuso e più vicino ai cittadini. Il nuovo ospedale è un tassello, non è l’unico sistema per parlare di sanità in questa città. La discussione è molto più seria e articolata, basti pensare alle liste d’attesa per gli esami diagnostici, questi sono i problemi da affrontare. 400 giorni d’attesa per una mammografia è impensabile. All’assessore regionale l’ho detto: bisogna cambiare tendenza, perché sennò scoprirete una mia faccia che non avete mai visto, mi metterò la fascia tricolore e salirò sul tetto”.

8. Lei, da programma, punta sul commercio e sui centri commerciali naturali, ma la realizzazione del nuovo centro di Porta a Mare, terrorizza i commercianti già in difficoltà. Come concilierà la realizzazione dei nuovi centri commerciali con il sostegno ai commercianti?

“Credo che la realizzazione del nuovo centro di Porta a Mare spaventi molto i commercianti di Borgo e credo che questa scelta sia stata gestita molto male. Abbiamo investito molto anche per la riqualificazione di Borgo Cappuccini, però non si può raccontare ai cittadini solo metà parte di un progetto, la presenza del centro “commerciale” non era stata spiegata. Il progetto di Porta a Mare va integrato con Borgo, magari proponendo con incentivi alcune realtà commerciali di Borgo all’interno di Porta a Mare. Calare una struttura del genere senza aver costruito un progetto con i cittadini diventa un elemento destabilizzante, che crea preoccupazione e allarmismo. Anche in rapporto alla grande distribuzione e alla realizzazione della Coop, io non sono in assoluto contro la grande distribuzione, ma va costruito un modo per integrarla con il sistema di Borgo altrimenti quella struttura avrà in me (se sarò eletto) un nemico. Che poi in questa città il disegno dei centri commerciali, fatta eccezione per Porta a terra, sia stato fatto più sull’emergenza che non su un disegno vero di città, su questo sono d’accordo. Qualora eletto, con il piano strutturale rileggerò anche questo disegno.”

9. Livorno città di sport: la sua legislatura, ho letto, lavorerebbe ad un adeguamento strutturale dell’esistente per la realizzazione di una cittadella dello sport. Dunque, si sfrutterebbe solo quello che già c’è, senza prendere in considerazione velleitarie delocalizzazioni degli impianti sportivi?

“Pensare che un’amministrazione comunale possa costruire un nuovo stadio, quando ha settanta sfratti al mese, lo dico chiaramente, è una velleità. Io sono un appassionato di calcio, un tifoso del Livorno, però ci sono delle priorità. Altra cosa sarebbe, se ci fosse un soggetto che vuole investire nel Livorno Calcio e che propone alla città un’opzione anche per lo stadio, sarei pronto a discuterne. Livorno è una città che ha una grande tradizione sportiva e tanti impianti, che hanno bisogno di essere messi in rete, rivisti e messi a norma. Costruendo per chi li gestisce un sistema nuovo per il quale non ci sia solo l’assegnazione della società sportiva, o polisportiva, ma ci sia una responsabilità condivisa anche per la messa a norma.
Altra grande questione è quella legata alla zona intorno allo stadio, dove già naturalmente si sviluppa una cittadella dello sport, che potrebbe avere anche un valore dal punto di vista turistico. Il turismo sportivo è un aspetto importante a cui la città può puntare. L’idea è di mettere a posto quell’aria che può diventare un sistema che porta risorse alla città.”

10. Quali errori commessi dall’amministrazione che l’ha preceduta, si è proposto di non fare qualora eletto?

“Io credo che l’amministrazione che mi ha preceduto – che è fatta da persone per bene – ha commesso un errore enorme, quello di perdere il rapporto con la città, ritirandosi un po’ troppo nella dimensione istituzionale. Livorno è una città che ti vuole vedere in faccia tutti i giorni, ha bisogno di essere ascoltata, perché la lamentela fa parte dell’approccio costruttivo del livornese. Dall’altra parte ci sono alcune scelte o non scelte che questa città doveva fare e non ha fatto. Io non credo che rimandare le scelte, per evitare di creare conflitti in città, sia una buona strategia in un momento di crisi. Io nel programma, per esempio, ho detto che, la stagione delle grandi navi mercantili riparate dentro i bacini livornesi è conclusa. Non si possono aspettare 15 anni per affermare questo. Lo sapevano tutti, nessuno aveva il coraggio di dirlo. Bisogna prendere un po’ di coraggio e sapere che a volte bisogna litigare con qualche parte della città. Scegliere non è sempre negativo a volte vuol dire fare qualcosa.
Se uno fa Livorno punto e a capo vuol dire che ha capito che c’è bisogno di dare una svolta, ha capito che c’è bisogno di rientrare in sintonia con la città, consapevoli di essere l’unica opzione per il cambiamento, o noi cambiamo la città o noi saremo i responsabili di aver fatto perdere ulteriori occasioni alla città.”

11. Ha detto che non scenderà a compromessi con i poteri forti della città pur di vincere al primo mandato, ha parlato di “stilettate” nei suoi confronti da parte di queste figure. Quali sono questi poteri forti? Quali sono i punti del programma, che teme questa parte della città, da lei definita conservatrice e perché?

“In questa città i poteri forti non ci sono, magari ci fossero, almeno ci sarebbero grandi soggetti economici che potrebbero investire. Quello a cui mi riferivo, era un’idea di conservazione che è presente in questa città e che è presente, in larga parte, anche nel mio partito e nel mio schieramento. Tutte le volte che ci si trova a spingere sul cambiamento, è li che si trovano le principali resistenze. In questa città non c’è mai stata una vera competizione elettorale e quindi si è teso ad adagiarsi, piuttosto che giocare la partita d’attacco sulle questioni. Ci sono un sacco di rendite di posizioni, in città, dispiegate nel mondo dell’impresa, ma anche nel mondo dell’associazionismo. Io penso che non bisogna disperdere niente di tutto questo, ma bisogna capire che è necessario un cambiamento volontariato e delle associazioni.
La cosa che mi preoccupa, è che quando ho annunciato Punto e a capo, hanno pensato che fosse solo uno slogan elettorale. Quando ho poi presentato il programma e ho proposto alcuni elementi di cambiamento per la città e ho detto alcune cose – ad esempio che sono per superare l’attuale sistema delle partecipate e per dare un cambio alla classe dirigente della città e anche alla classe dirigente che compone il mio partito – hanno cominciato a capire che non si trattava di uno slogan ma di un progetto politico. Ciò ha comportato resistenze e discussioni, lì ho affermato che o si percorreva questa strada o la mia generazione avrebbe rinunciato a compiere le sue funzioni.
Le sollecitazioni – anche pesanti – che ci arrivano, da una parte delle liste che si presentano a queste elezioni. Parlo di Buongiorno Livorno, Cannito e anche della lista di Grillo, sono sollecitazioni per le nostre mancanze, siccome nessuna di queste liste potrà andare oltre il venti per cento – o quello che sarà secondo quello che dicono i sondaggi – noi dovremo essere gli interpreti del cambiamento e io questa responsabilità la sento tutta. Ritengo che il confronto sia sano, vivo queste istanze come una cosa che ha aiutato il partito democratico a cambiare e io voglio farmi interprete di questo cambiamento. Già in passato ho provato a fare degli strappi in questa città, questo potrebbe essere lo strappo definitivo. E’ questo il senso del punto e a capo, so bene che avrò tante resistenze, mai pubbliche. Probabilmente dovrò discutere con tanti amici e compagni che in passato hanno anche avuto ruoli istituzionali in città, ma io credo che venga prima la città e poi la storia del centrosinistra, ora è la storia del centrosinistra ad essere al servizio della città.”

 

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