Rette Rsa, il Comune può chiedere l’Isee. Respinto il ricorso di due livornesi

Respinto il ricorso avanzato contro il Tar dalle figlie. L'assessore: "Ora confido che queste cittadine tornino negli uffici comunali fornendo la documentazione necessaria per fare un calcolo conforme alla legge"

Il Consiglio di Stato ha confermato quanto aveva già affermato il Tar nel marzo 2013: e cioè che il Comune di Livorno è pienamente legittimato a chiedere l’Isee dei familiari degli assistiti nelle case di riposo per l’eventuale contribuzione alle rette (familiari in linea retta entro il primo grado e coniuge).
Lo stabilisce una sentenza che il supremo organo di giustizia amministrativa ha emesso lo scorso 14 gennaio, respingendo il ricorso avanzato contro il Tar dalle figlie di una anziana assistita in una RSA livornese, le quali, come si ricorderà, contestavano appunto la richiesta del Comune di Livorno di una compartecipazione dei familiari nel pagamento delle rette. Il Consiglio di Stato nella propria sentenza, sottolineando che “l’appello è infondato e va respinto”, in più passaggi sottolinea la correttezza del comportamento del Comune di Livorno, confermando contestualmente la validità della normativa della Regione Toscana (la Legge Regionale 66 del 2008 che, all’art.14 prevede appunto che “la quota di partecipazione dovuta alla persona ultrasessantacinquenne ricoverata in una Rsa venga calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado”).
Validità della Legge Regionale che le stesse cittadine livornesi avevano messo in dubbio, ricorrendo addirittura alla Corte Costituzionale: quest’ultima, a sua volta, nel dicembre 2012, aveva respinto il ricorso dichiarando “non fondata la questione della legittimità costituzionale dell’articolo 14 della Legge Regionale Toscana 66 del 2008”. Tornando alla sentenza del Consiglio di Stato, in un passaggio molto significativo il Collegio osserva, richiamando anche la sentenza della Corte Costituzionale sopra citata, che “la previsione di compartecipazione ai costi delle prestazioni di tipo residenziale può costituire un incentivo indiretto che contribuisce a favorire la permanenza dell’anziano presso il nucleo familiare ed è , comunque, espressiva di un dovere di solidarietà che, prima ancora che sulla collettività, grava anzitutto sui prossimi congiunti”.

“Mi ritengo veramente molto soddisfatta di questa sentenza – dichiara l’assessore al Sociale Carla Roncaglia – che mi sembra mettere definitivamente un punto fermo sulla questione, confermando la correttezza assoluta del Comune. Mi sembra ben chiaro a questo punto – rileva l’assessore – che sono totalmente infondate le richieste di queste cittadine, così come quelle dell’Aduc, che le aveva sostenute nel loro percorso giudiziario. Oltretutto, oltre che affermare un principio di giustizia sociale, anche a livello “umano” mi sembra nella logica che i figli o comunque parenti prossimi contribuiscano, naturalmente nei limiti delle loro possibilità economiche, all’assistenza dei loro familiari, senza gravare totalmente sulla collettività. Confido nel fatto che a questo punto, in maniera ragionevole – conclude l’assessore Roncaglia – queste cittadine tornino negli uffici comunali fornendo la documentazione necessaria per fare un calcolo conforme alla legge, che ci consentirà eventualmente di rivedere la tariffa”.

Riproduzione riservata ©