Famedio di Montenero, via al restauro. Il Comune stanzia 25 mila euro
L’Associazione Giosuè Borsi ne ha raccolti altri 11 mila
Il Famedio di Montenero, monumento all’identità livornese, che ospita le tombe di alcuni dei più importanti protagonisti della storia della nostra città, sarà oggetto di interventi di messa in salvaguardia. Da tempo si sono infatti evidenziate infiltrazioni dalla terrazza sovrastante con danni alle volte interne delle cappelle.
Il Famedio è parzialmente di proprietà comunale. Da qualche anno l’Associazione “Giosuè Borsi” ha assunto la “tutela etica” dell’importante monumento ed ha avviato, in stretto accordo con l’Amministrazione, una raccolta di fondi da associazioni e privati per coprire le spese relative alle parti non di proprietà pubblica.
Grazie a questa sinergia si sono determinate le condizioni per avviare il risanamento del Famedio.
Secondo una stima attendibile, il costo globale dell’intervento si aggira sui 50mila euro (impermeabilizzazione della terrazza e sistemazione delle volte). Nelle spirito di fattiva e responsabile collaborazione tra Amministrazione comunale e Associazione “Giosuè Borsi”, la Giunta Comunale ha stanziato 25 mila euro (risorse approvate nel Bilancio 2014 approvato dal Consiglio comunale nella seduta del 29 aprile e subito disponibili), mentre l’associazione “Giosuè Borsi” ha finora raccolto 11 mila euro e sta fattivamente operando con l’obiettivo di raggiungere i 25 mila euro di parte privata. Un obiettivo che si spera di raggiungere entro l’estate.
Con le risorse fin qui certe (36 mila euro) si sarà in grado di provvedere agli interventi di risanamento di base, mentre con le risorse aggiuntive si provvederà al completamento dell’intervento sulle volte interne delle cappelle.
Soddisfazione per il risultato fin qui raggiunto viene espresso dai dirigenti dell’Associazione “Giosuè Borsi” e dall’assessore alle Culture del Comune di Livorno, con l’auspicio che questo importante segnale consenta alla “Giosuè Borsi” di completare la raccolta di risorse e dunque portare a compimento il progetto di restauro.
SCHEDA STORICA- FAMEDIO DI MONTENERO
Il loggiato che oggi costituisce il Famedio di Montenero fu eretto a partire dal 1794 dall’abate don Rodesindo Marcucci per dare riparo ai fedeli che raggiungevano in pellegrinaggio il santuario mariano. Successivamente all’ampliato della costruzione, avvenuta nel 1852 con la realizzazione a cura dei padri vallombrosiani delle quattro arcate terminali, la prima delle quali di accesso al piazzale, la strada pubblica che allora attraversava la piazza del Santuario fu deviata lungo il lato esterno del loggiato. Due anni dopo, finiti i lavori finanziati dal Comune, l’ingresso al Santuario assunse l’attuale aspetto con la scalinata di accesso ed il lungo loggiato non ancora suddiviso in edicole.
Negli anni Sessanta dell’800 i padri vallombrosani cedettero ai componenti della famiglia Castelli le ultime tre arcate dell’edificio, mentre le prime cinque furono incamerate dal Comune a seguito della legge di devoluzione dei conventi soppressi del luglio 1866.
Con la morte di Francesco Domenico Guerrazzi, avvenuta il 23 settembre 1873, la quinta arcata del loggiato fu concessa al nipote dello scrittore per rispettare così la sua volontà, espressa anni prima, di essere sepolto a Montenero. L’anno successivo venne inaugurato il monumento eretto da Aristide Despotti Mospignotti, sormontata dal busto in marmo, opera di Carlo Niccoli da Carrara. La tomba nel 1888 fu poi donata al Comune dalla famiglia Guerrazzi, accogliendo il principio che le ceneri degli uomini illustri dovessero appartenere al Comune nel quale ebbero i natali.
La destinazione a Famedio del loggiato prospiciente il Santuario di Montenero si consolidò l’anno successivo con l’iniziativa presa dal Comune di tumulare, nell’arcata adiacente a quella di Guerrazzi, la salma di Pollastrini, morto a Firenze il 10 gennaio 1876, assumendo le spese per le onoranze funebri, per la sepoltura e per la collocazione delle lapidi e dell’effigie marmorea del pittore, opera di Giovanni Paganucci.
Nella stessa arcata, la quarta, il 15 settembre 1895, furono collocati i resti dello scrittore Carlo Bini, morto nel 1842. La tomba è adornata dalla replica di un busto scolpito da Temistocle Guerrazzi collocato nel 1864 sulla tomba di Bini nel cimitero di Salviano. Due anni dopo le ceneri di Carlo Meyer, morto a Roma il 3 giugno 1897, vennero riposte presso quelle di Pollastrini e poi contraddistinte da una lapide dettata nel 1903 da Giovanni Targioni Tozzetti. Sempre nella stessa arcata, il 4 settembre 1898, furono traslati i resti di Paolo Emilio Demi, morto l’8 maggio 1863 e sepolto nel cimitero di Salviano. L’ultimo livornese ad essere accolto nella quarta loggia fu Giovanni Fattori, morto a Firenze il 30 agosto 1908.
Le successive sepolture furono collocate nella seconda arcata dove, nel 1922, fu inumato Giovanni Marradi, ricordato con un busto in bronzo opera di Umberto Fioravanti, e nel 1928 furono traslati i resti di Ernesto Rossi, morto il 4 giugno 1896, ricordato in un’iscrizione dettata da Salvatore Orlando e da un busto scolpito da Pietro Magni. Nella stessa edicola, nel luglio 1966, furono collocate lapidi in onore del commediografo Dario Niccodemi e dell’attore Gustavo Salvini e nel 1975 quella in ricordo dello scrittore e giornalista Guelfo Civinini
La prima edicola, quella che si apre sulla città, accoglie dal giugno 1951 una lapide in onore di Pietro Mascagni e dal 1988 i resti del pittore Mario Puccini ed il ricordo di Giosuè Borsi ed Amedeo Modigliani
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