Jonathan, da 5 anni vive in una “casa-trappola”. Il Comune risponde: “Ecco come stanno le cose”

Un drammatico incidente avvenuto nel maggio del 2011 ha cambiato drasticamente le loro vite. Adesso chiedono solo di vivere in un posto più adeguato alle loro esigenze

di gniccolini

Ci sono due rampe di scale ripide, ripidissime, in cui anche il cuore fa fatica a salire e, spesso, scivola. Ci sono due rampe di scale troppo “cattive” che tolgono ogni felicità, tagliano la speranza e abbattono la voglia di vivere. Alla fine di questi gradoni alti e stretti c’è l’appartamento di Jonathan Migliacci, di suo padre Mario e di mamma Tiziana. Alla fine delle rampe c’è casa. Un caffè, anche due, le sigarette “Nazionali”, la polvere di vita, le lenzuola appena stese sul letto disfatto da quelle poche ore di sonno fagocitate male, le foto delle figlie: quella di 8, bionda con lo sguardo vivido e vispo, e quella di 5 che Jonny non ha praticamente mai visto e che tiene sul cellulare. Sì quella che ha due occhi così celesti da perdersi dentro e quello sguardo di babbo, troppo uguale, troppo bello.
C’è dentro tutta la voglia di evasione in questa casa (leggi in fondo la risposta del Comune). La storia di Mario e Tiziana e di suo figlio Jonathan è una storia fatta di dolore, calvario, umiltà e speranza.
Il dolore. Quello piombato come una bomba nelle loro vite quel dannato 27 maggio 2011 quando Jonathan, portuale e appassionato viaggiatore e fotografo, a bordo del suo motorino urta contro il cordolo in viale Italia tra il Caprilli e l’ingresso dell’Accademia. La corsa con la vita in ospedale, la rianimazione, i 45 giorni di coma, quel danno al cervello che distrugge il futuro che danneggia per sempre il suo equilibrio, la sua capacità di parlare il sonno e la capacità cognitiva.
Il calvario. Quello dei sei mesi a Volterra, quello di due genitori di 63 e 61 anni costretti a rinunciare al proprio lavoro, a perdere tutto per vivere accanto all’ospedale dove cercano di salvare Jonny da un destino che fa fatica ad arrampicarsi su quelle scale troppo ripide e che oggi non gli consentono di vivere come si deve. Il calvario è quello fatto dalle tante, troppe operazioni subite, dalle ore ed ore di riabilitazione spese. Il calvario è vedere gli occhi umidi di Jonny quando parla delle “sue bimbe” che vivono a Napoli con l’ex compagna e che vede una volta ogni “quandodiohavoglia”.
Umiltà. Quella con cui l’ex cuoca Tiziana e l’ex portuale Mario vivono nel loro appartamento di piazza 2 Giugno al 31. Un posto auto disabili perennemente occupato da chi non ne ha il diritto, una casa di edilizia popolare di 80 metri quadri ma non adatta a loro con un bagno troppo stretto per il deambulatore di Jonathan, con 40 scalini che diventano l’Everest quando babbo Mario, 6 ischemie all’attivo e un cesto di medicine da digerire tutti i giorni per il cuore e non solo, deve caricarsi il figlio ormai 41enne sulle spalle ogni giorno per portarlo fuori in piscina, fuori per un caffè o solo anche per una boccata d’aria.
La speranza. La speranza è quella a cui si attacca la famiglia lanciando ogni sorta di “avemaria” da quelli più laici chiamati graduatorie per il cambio alloggio a quelli più intimi affidati alle preghiere sul cuscino e ad occhi aperti. La speranza è quella che un giorno gli venga affidata una casa popolare al piano terra o fornita di ascensore per lo meno.
Una casa con ascensore o al piano terra – “Quello che chiediamo da cinque anni – spiega Mario Migliacci – è un cambio di casa. Vorremo un appartamento al piano terra, o con l’ascensore, che ci consenta di avere una vita diciamo normale. La mia salute è quel che è, e io e mia moglie iniziamo a non farcela più a portare nostro figlio ogni giorno fuori e a risalire. Anche il bagno è troppo piccolo come potete vedere (nella foto si vede chiaramente ndr), il deambulatore non passa dalla porta della toilette e diventa un’avventura anche sopperire ai bisogni più banali di pulizia. Ne approfittiamo quando andiamo in piscina. Lì Jonathan può farsi una doccia. Non vogliamo niente di straordinario. Chiediamo un cambio. Questa è una bella casa, 80 metri quadri, la veranda, due camere, c’è tutto. Magari la potrebbe prendere una coppia giovane. Per noi sta diventando una prigione stare qui”.
La voglia di vivere – La casa in questione era stata assegnata alla famiglia Migliacci tre mesi prima dell’incidente fatale.  Tre mesi, 90 giorni prima dell’irreparabile. “I danni che ha subito mio figlio – continua Mario davanti a un tazza di caffè affogata nel fumo delle sue Nazionali – sono irreparabili. E caricarselo addosso ogni giorno per fare quelle rampe sta diventando impossibile. Questa storia ci ha tolto ogni voglia di vivere. Non usciamo quasi più, non facciamo quasi più niente se non andare per ospedali e centri riabilitativi. Siamo in graduatoria per il cambio casa, siamo 22esimi, ma dicono che non ci sia niente da festeggiare per questa posizione e che potrebbe cambiare anche in peggio. Fra qualche giorno ho un incontro con il dirigente dell’Ufficio Casa del Comune. Cercheremo di capire cosa si possa fare per ottenere un appartamento che ci ridia la dignità di poter condurre una vita come tanti altri, con i nostri problemi certo, ma con la possibilità di uscire di casa e di poter far fare una doccia a nostro figlio. Abbiamo chiesto di poter montare un montacarichi ma non ci sono le autorizzazioni, le scale sono troppo ripide si rischierebbe il ribaltamento. E sono troppo strette anche per poter montare una di quei trasportatori automatici”.
La porta si chiude, dietro il caffè, le foto, gli occhi azzurri, la moka, il bagno stretto, l’umanità, la voglia di ricominciare. Davanti gradini. Gradini. Scale e gradini. Troppi gradini che sembrano insormontabili.
La risposta del Comune –  Nell’articolo dal titolo “Jonathan, da 5 anni vive in una “casa-trappola. Il padre: “Dateci un altro appartamento” pubblicato su QuiLivorno.it dal 20/4/16 sono riportate affermazioni del sig. Mario Migliacci che contengono gravi e fuorvianti imprecisioni. Infatti il sig. Migliacci non è titolare di una assegnazione di Edilizia Residenziale Pubblica per la quale sia possibile chiedere la mobilità (ossia il cambio di alloggio) al fine di ottenere un’altra casa popolare e quindi non è presente nella relativa graduatoria. E’ presente invece in una graduatoria per ottenere una delle case a canone sostenibile (in specie quelle collocate in via Galilei) e quindi a concorrere all’assegnazione solo di questo tipo di alloggi; ovviamente solo se questi alloggi fossero disponibili.

Riproduzione riservata ©