Rapinatore tradito dall’impronta digitale. In manette dopo una fuga lunga 5 mesi
Il 27 maggio scorso aveva fatto irruzione insieme ad un complice all’interno della filiale di Vicarello della Banca Monte dei Paschi di Siena, puntando un taglierino alla gola di un impiegato e costringendolo a consegnargli oltre 6.000 € in contanti custoditi nelle casse. Dopo il colpo i due malviventi erano poi riusciti a dileguarsi facendo perdere le proprie tracce. La fuga di uno dei due rapinatori, tuttavia, è terminata alle prime luci di questa mattina, martedì 27 ottobre, quando i carabinieri sono andati a prelevare a casa il 40enne Giuseppe Emilio Gangemi per arrestarlo con l’accusa di “rapina aggravata in concorso”.
A tradire il Gangemi, presentatosi quella mattina all’interno dell’agenzia a volto scoperto, sono state le immagini dalle telecamere a circuito chiuso presenti all’interno della Banca e, soprattutto, le impronte digitali repertate dai militari durante il sopralluogo. L’uomo, infatti, nell’accedere in banca ha lasciato all’interno dell’ingresso girevole l’impronta del proprio dito indice poi archiviata dai Carabinieri di Livorno e successivamente inviata ai colleghi del Ris di Roma i quali sono riusciti ad identificare con assoluta certezza detta impronta con quella del Gangemi, già inserito nella relativa banca dati a causa dei suoi numerosi precedenti penali. A completare il quadro accusatorio nei confronti dell’uomo è poi risultato fondamentale anche il riconoscimento effettuato dall’impiegato della filiale.
Le indagini dei Carabinieri del Reparto Operativo di Livorno hanno inoltre consentito di verificare e ricostruire gli spostamenti di Gangemi proprio nei giorni a cavallo della rapina, riuscendo ad accertare la sua presenza a Livorno e, in particolare, a Collesalvetti.
I militari del Reparto Operativo di Livorno, pertanto, coadiuvati dai colleghi di Catania, questa mattina hanno prelevato il Gangemi dalla propria abitazione traendolo in arresto in esecuzione di Ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Tribunale di Livorno e trasferendolo poi presso il carcere catanese.
Le indagini dei militari sono tuttora in corso per riuscire a dare un nome anche al secondo complice, al momento ancora ignoto.
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