Parà ucciso sul Romito: c’è il dna dell’assassino
Marco Mandolini, sergente della Folgore, fu massacrato con una pietra. Un delitto misterioso che si è intrecciato anche con le indagini sull'omicidio di Ilaria Alpi
Diciannove anni dopo, forse ad una svolta l’inchiesta per l’assassinio di un sottufficiale della Folgore, il sergente maggiore Marco Mandolini, trovato con la testa fracassata sulla scogliera del Romito. C’è forse il Dna dell’assassino, colui che quel giugno del 1995 massacrò con una pietra il paracadutista. Gli esami scientifici hanno infatti appurato che il sangue trovato sul luogo del delitto non era solo quello della vittima (che era affetta da una grave malattia) ma di un’altra persona, verosimilmente il suo carnefice. Il movente del delitto è sempre rimasto misterioso. Forse un incontro occasionale, forse un regolamento di conti, forse una questione di soldi. Il caso Mandolini è stato finora uno dei delitti irrisolti più misteriosi nelle cronache giudiziarie livornesi. Mandolini era stato nella scorta del generale Bruno Loi, comandante della Brigata Folgore, ai tempi della missione Ibis in Somalia. Una missione al centro di tanti misteri, compreso il caso di Ilaria Alpi e del fotoreporter della Rai trucidati a Mogadiscio. Il caso Mandolini finì con l’incrociarsi anche con le indagini sull’omicidio dei due giornalisti, che recentemente hanno avuto sviluppi clamorosi con il coinvolgimento dei servizi segreti. Gli esami scientifici e quel Dna sulle tracce di sangue potrebbero dare ora una svolta clamorosa per diradare, diciannove anni dopo, il mistero sull’efferato delitto del sottufficiale della Folgore.
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