Lottizzazione abusiva, sigilli al Donoratico Resort
Nella mattinata del 3 dicembre è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Livorno (dr.ssa B. Dani) su richiesta dei pm Marrara e Petralia nei confronti dell’area denominata ex Club Mediterraneé a Donoratico (località Pianetti), adesso denominata “Donoratico Paradu Resort”. I reati per i quali è stato disposto il sequestro sono di lottizzazione abusiva in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
In particolare è contestata la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria (rete idrica, elettrica e fognaria; e anche una rete viaria cementificata) e di un numero di unità prefabbricate, le “case mobili” (al momento 193 quelle già realizzate con la prospettiva di arrivare a 654) in assenza del prescritto titolo abilitativo. L’area oggetto del sequestro è inclusa tra i beni paesaggistici soggetti a tutela.
Il regolamento urbanistico prevede la possibilità di realizzare un insediamento turistico, dove sorgeva il precedente villaggio, l’allora Club Mediterraneé. L’attuazione deve però avvenire attraverso la predisposizione di un piano attuativo con apposita valutazione di impatto ambientale. In assenza di piano attuativo sono consentiti solo limitati interventi. Gli interventi urbanistici posti invece in essere dalla Medonoratico srl si sono realizzati attraverso richieste con procedura semplificata che fanno tutte riferimento al medesimo cantiere con identico committente e con le stesse ditte esecutrici. Questo ha consentito di sminuire la reale portata dell’intervento frazionandolo in molteplici realizzazioni minori per le quali non si sono attivate le procedure richieste dal Regolamento urbanistico vigente.
La realizzazione del nuovo villaggio turistico sarebbe dovuto avvenire con le case mobili, strutture temporanee che avrebbero dovuto sostituire gli originari tucul polinesiani (capanne in legno prive di servizi che l’allora Club Meditarraneé aveva installato per un ritorno alla natura tipico degli anni ’70). In realtà le nuove case mobili non presentano alcuna relazione con i precedenti tucul in quanto a forma, sagoma, superficie, volume e dotazioni impiantistiche. Lo stato iniziale mostrava un territorio in larga parte libero da manufatti ed organizzato per una parte limitata e concentrata mediante capanne polinesiane realizzate con cannicci, ben mimetizzate nel sistema ambientale, e prive di ogni dotazione sistemate intorno ad un nucleo centrale con servizi comuni. Oggi invece la volumetria finale è di circa 4 volte superiore a quella iniziale per ogni casetta con totale indipendenza e stabilità di ciascuna casa.
Sono dunque case a tutti gli effetti, realizzate con fondazioni stabili al suolo realizzate senza alcun titolo edilizio e con un titolo paesaggistico non idoneo e sufficiente. Anche gli allacci ai servizi – predisposti per ogni casetta – sono quelli tipici delle civili abitazioni. Il quadro è tale che, se anche le case venissero demolite, l’originario contesto non sarebbe ripristinabile.
A progetto completato la volumetria finale occupata andrebbe a superare di più di 2000 volte quella iniziale. Il Regolamento Urbanistico del Comune di Castagneto Carducci, in assenza di piano attuativo, nella zona in questione non ammette trasformazioni del sistema ambientale e paesaggistico, ma solo interventi di restauro e ristrutturazione degli edifici esistenti; nel caso di specie invece si tratta di vere e proprie nuove opere di urbanizzazione. Di fatto si è avuta una trasformazione, non autorizzata, da area boscata ad area urbanizzata a fini turistico/ricettivo, incompatibile con la vocazione ambientale e paesaggistica della zona come disciplinata dagli strumenti urbanistici. Lo strumento urbanistico previsto dal comune di Castagneto urbanistico prevedeva una ricettività per la zona pari a 750 unità; la portata dell’opera, per come prevista e ricostruita dall’attività di indagine, arriverebbe a prevedere una ricettività superiore a 3.500 unità. L’attività di indagine ha preso origine da una serie di esposti presentati alla magistratura all’inizio del 2013 ed è stata condotta dai carabinieri della Compagnia di Cecina in stretta collaborazione con la Polizia Municipale di Castagneto e si è avvalsa anche di consulenti tecnici.
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