Iva non versata, nei guai due fratelli
Oltre mezzo milione di euro di fatture false per ottenere indebite linee di credito bancarie: tre denunciati, i due fratelli e il padre. Sottoposti a sequestro denaro, quote societarie, unita’ immobiliari e automezzi
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Livorno hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni – emesso dal gip Antonio Pirato – nei confronti di due fratelli, di 40 e 35 anni, entrambi residenti a Livorno, per aver omesso nell’anno 2013 – in qualità di amministratori di una società labronica operante nel settore dei trasporti di merce su strada (con un volume d’affari di circa 5 milioni di euro annui) – versamenti di Iva e di ritenute per circa 500 mila euro (guarda il video in fondo all’articolo).
L’attività d’indagine della Procura della Repubblica ha avuto origine nel 2014 nell’ambito di un differente contesto investigativo, scaturito da una denuncia-querela sporta da un istituto di credito a seguito della concessione di linee di credito, sotto forma di anticipi, alla società ed ad una ditta individuale, quest’ultima riconducibile al padre dei fratelli, dietro la presentazione di fatture per operazioni inesistenti.
Gli accertamenti investigativi condotti dal Nucleo di Polizia Tributaria di Livorno hanno consentito di riscontrare la falsità delle fatture per un importo complessivo pari a circa 570.000 euro, non registrate in contabilità e non rinvenute dai fornitori indicati nei documenti, essendo state utilizzate al solo scopo di ottenere un’immediata liquidità dal sistema finanziario. E’ stato così appurato un danno complessivo nei confronti dell’istituto di credito per circa 330.000 euro, pari alla differenza fra l’importo dell’anticipo ottenuto e quanto non restituito.
Per tale condotta, sono stati denunciati per truffa aggravata alla Procura della Repubblica il padre – all’epoca anche rappresentante legale della società di trasporti – e, in concorso, uno dei figli livornesi. L’Autorità Giudiziaria procedente ha emesso, per entrambi, il decreto di citazione a giudizio nel mese di settembre 2015, con fissazione dell’udienza nel dicembre 2016. L’importo illegittimamente acquisito dalla società è stato poi contestato, ai fini fiscali, quale provento illecito da assoggettare a tassazione, nel corso di una successiva verifica fiscale.
Nel corso degli accertamenti di natura fiscale sono stati riscontrati, inoltre, mancati versamenti per 195.000 euro di ritenute e 280.000 euro di Iva, con il superamento delle soglie di punibilità e la conseguente segnalazione alla Procura della Repubblica dei due fratelli amministratori pro tempore (succeduti al padre). Per questo il gip ha disposto il sequestro preventivo di denaro e beni fino alla concorrenza dell’importo di circa 630.000 euro, pari all’indebito profitto conseguito di 475.000 euro e agli interessi legali maturati e relative sanzioni per oltre 150 mila euro.
In sede di esecuzione del provvedimento cautelare, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria hanno sottoposto a sequestro denaro per circa 88.000 euro, 3 automezzi per il trasporto di merce per un controvalore di euro 93.000, quote societarie per euro 20.000 nonché 3 unità immobiliari, ubicate a Livorno, costituite da due appartamenti e un garage, per un valore di oltre 300.000 euro.
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