Sì agli orti urbani, basta cementificazione

Il comitato precari e disoccupati, muovendosi nella direzione di sviluppare un approccio critico alla società lavorativa odierna, cercando soluzioni alternative alla disoccupazione e alla precarietà, lo scorso 12 ottobre ha deciso di occupare il terreno all’angolo fra via Goito e via dell’Ambrogiana, uno spazio di quasi 6 ettari che da circa 20 anni versa in stato di abbandono, per dare un forte segnale politico all’amministrazione comunale e allo stesso tempo dare una risposta diretta a chi si trova in una situazione lavorativa instabile e/o socialmente sfavorevole. Il progetto elaborato, ed in parte attualmente realizzato, consiste nella realizzazione di orti urbani a coltivazione biologica a gestione condivisa, ovvero appezzamenti da 50 mq coltivabili da chiunque ne faccia richiesta, unitamente alla gestione collettiva degli spazi non coltivati adibiti ad area verde o ricreativa.
Attualmente sul terreno sono sorti circa 100 orti, un’area verde pubblica con giochi per bambini costruiti in materiale riciclato, un punto ristoro attrezzato, utilizzato anche come area spettacoli e uno spazio curato dall’associazione di promozione sociale Metagorà, che ha qui radicato il proprio progetto di integrazione sociale , un’opera vivente collettiva che unisce arte e agricoltura.

Motivi dell’occupazione  – La scelta di occupare questo luogo si ascrive a diverse motivazioni, tutte di natura fondamentale:
– Proteggere dalla cementificazione e dal degrado l’ultima grande area verde del quartiere San Jacopo Fabbricotti e di tutto il centro di Livorno, area inestimabile perché per le sue caratteristiche è a tutti gli effetti un vero e proprio pezzo di campagna nel centro cittadino.
– La legge regionale 1/2005 decreta che “nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti”. Tale legge, verrà presto sostituita con la p.d.l. reg. Toscana n. 282 , norme per il governo del territorio (al vaglio della giunta) che, oltre a ribadire l’importanza strategica di inserire nella pianificazione territoriale e urbanistica regole precauzionali chiare per la prevenzione e mitigazione dei rischi idrogeologici, prevederebbe, per terreni non attraversati da urbanizzazioni (come questo) il divieto di costruzione di edifici a scopo residenziale. Riguardo al rischio idrogeologico ricordiamo che la sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2563 ha ritenuto illegittimo il piano regolatore generale (P.R.G.) perché non adeguato al piano di assetto idrogeologico (P.A.I.); inoltre in tale sentenza si ritiene che “l’esatta considerazione del fabbisogno abitativo è elemento essenziale per la corretta costruzione del piano, non solo nelle sue linee essenziali, ma anche per la corretta definizione degli standard urbanistici, necessari per conseguire la razionale utilizzazione del territorio”. Quanto appena citato, assieme alla sopracitata legge 1/2005, ci fanno domandare quali siano state le motivazioni per concedere la costruzione di nuove abitazioni ad uso privato in questo quartiere, già saturo di alloggi vuori delle più svariate metrature e composizioni.
– Dare alla città progetti sostenibili sia dal punto di vista ambientale e paesaggistico che da quello sociale. Siamo convinti che uno dei principali scopi del nostro progetto sia la possibilità di sostenere quelle che sono le fasce sociali più disagiate, nel pieno rispetto della tutela ambientale, per questo scopo è stata prevista la creazione di soli piccoli appezzamenti di terra da destinarsi a coltivazione biologica d’ortaggi, assegnati in via prioritaria a pensionati, famiglie numerose, stranieri, precari e disoccupati.
– Permettere e divulgare il diritto all’autodeterminazione alimentare, ovvero il diritto ad un cibo genuino, economicamente accessibile, prodotto nel rispetto delle terre che ci ospitano. Per arrivare a questo ci ispiriamo anche ad esperimenti già avviati sul territorio italiano, come l’esperienza campi aperti, avviata nel Bolognese, dalla quale è sorto il progetto nazionale di Genuino Clandestino. Il progetto Orti Urbani si muove anche in sintonia con il community open space movement , movimento diffuso in tutta Europa e nel continente americano, che ha come scopo la riappropriazione delle aree verdi pubbliche e private con progetti dal basso, che mirano all’autogestione di tali aree da parte di cittadini che si fanno carico dell’identificazione del terreno, della progettazione e della gestione dello stesso, garantendone l’accesso a tutta la comunità.

Storia del terreno – Il terreno, storicamente adibito a coltivazioni, ha visto modificare la sua destinazione d’uso per la prima volta nel 1973, con il piano regolatore Insolera, che prevedeva un piano di edilizia economica popolare (P.E.E.P. 10). In particolare, per il terreno in oggetto, era prevista la trasformazione in area da adibire a verde pubblico ed impianti sportivi. La destinazione d’uso viene nuovamente variata nel 1986, prevedendo la costruzione di un centro commerciale (Superal – Pam). Bisogna aspettare il 1998 e l’amministrazione Lamberti per arrivare all’attuale destinazione d’uso di terreno per l’edilizia privata, ma con volumetria di costruzione inferiore a quella attuale, che stata recentemente aumentata durante il secondo mandato dell’amministrazione Cosimi.
Negli anni ’70 il terreno, di proprietà del Sig. Martorini, era dato in affitto al sig. Piero Mancini, che lo coltivava. Il sig. Mancini, fino al giorno del passaggio di proprietà del terreno alla Superal, ha permesso a residenti del quartiere di coltivare una piccola fetta di terreno ad ortaggi. Beneficiari di tale concessione erano Giancarlo Domenici, Jacopini, Renzo e Piero Bendinelli e Luigi Vanni. Al momento della vendita la Superal intimò lo sgombero all’ultimo beneficiario rimasto a coltivare l’orto, Piero Bendinelli, il quale chiese di applicare la legge sull’usucapione tentando di dimostrare che la concessione fosse durata più di 20 anni. Durante il processo (1994) emerse che i 20 anni non erano trascorsi, ma le parti trovarono ugualmente un accordo: venne concesso al sig. Bendinelli di contivare il terreno fino al giorno d’inizio dei lavori di costruzione, che però non iniziarono mai. Togliendo questo piccolo fazzoletto di terra, che è ancora oggi adibito ad orto, il resto del terreno, nel disinteresse e nell’incapacità tanto dell’amministrazione pubblica, quanto dei privati, è stato lasciato a sé stesso.
Dal 2009 e fino al 2011 il terreno, sotto la proprietà di Coop Italia, a seguito di lamentela da parte degli abitanti dei palazzi adiacenti è stato oggetto di manutenzione. Inizialmente la pulizia voleva essere effettuata esclusivamente con mezzi meccanici, che misero a rischio il pozzo settecentesco che, sormontato dalla vegetazione, era difficilmente identificabile dagli operatori. Occorse l’intervento di Luigi Vanni, che bloccò le ruspe e richiese l’intervento dei vigili urbani, per salvare un bene storico che altrimenti sarebbe andato distrutto. Dal 2011 l’area non è più stata ripulita ma, anzi, è stata trasformata in discarica a cielo aperto per raccogliere abusivamente macerie, come quelle provenienti dalla ristrutturazione di palazzi in zona piazza Chayes e, in generale, di qualsiasi ditta edile che scaricava lì, fuori da ogni controllo, i propri scarti di costruzione. Contattato l’ufficio ambiente, il responsabile, Sig. Gonnelli, decise di mandare i vigili a fare un sopralluogo e, in questa occasione, fu il Vigile Ursi a notificare sia lo stato di abbandono del terreno sia l’uso a discarica, che comprendeva non solo macerie ma anche elettrodomestici. Contestualmente vennero anche effettuate rilevazioni per verificare la presenza di amianto ma l’area né risultò priva.

Le reazioni della cittadinanza – Il progetto avviato sul terreno in Via Goito ha da subito mostrato la sua forte vocazione sociale e la volontà di coinvolgere tanto il quartiere quanto tutta la cittadinanza Livornese, in momenti di aggregazione sociale, pensati sia per mostrare quali idee volessimo realizzare per quell’area sia per creare momenti d’incontro a scopo ludico e di formazione. Si sono già susseguiti, e si susseguiranno incontri per confrontarsi sui metodi di coltivazione e su temi di interesse sociale, oltre a percorso gastronomici a base di ortaggi auto-prodotti in loco. Sono previste giornate pubbliche ed aperte a tutti per lo scambio di semi, per la costruzione di beni utili con materiali riciclati, come forni d’Argilla o pannelli solari. Lo spazio è stato reso disponibile all’associazione di promozione sociale metagorà e a gruppi teatrali e musicali, che hanno modo di utilizzarlo per fare prove e per esibirsi durante gli incontri conviviali. Numerosi sono i bambini che sfruttano l’area per giocare e per poter toccare con mano piante ed animali, imparando ad approcciarsi e a rispettare un ambiente naturale che, diversamente, difficilmente troverebbero in città. Per loro stiamo pensando a percorsi educativi che possano insegnargli sia ad approcciarsi alla terra ma anche a conoscere la flora e la fauna presente in questo fazzoletto di terra. Tutto questo ha portato ad un forte avvicinamento dei cittadini livornesi, che hanno preso parte a più cene di autofinanziamento, l’ultima delle quali ha contato ben 400 presenze e che hanno sottoscritto il nostro appello per difesa di questa zona del quartiere.

La richiesta – Vorremmo non solo che l’amministrazione comunale, segnando un taglio netto con le amministrazioni precedenti, appoggiasse pienamente il nostro progetto, ma anche che istituisse un piano, magari con l’apertura di uno sportello dedicato, destinato al censimento ufficiale di zone pubbliche o private in disuso e in stato di abbandono, che possa diventare punto riferimento e di supporto tecnico per associazioni di quartiere e singoli cittadini che desiderino avviare iniziative spontanee su tali spazi.
Questo documento sarà presentato a tutte le forze politiche rappresentate in comune, ai partiti e alle associazioni presenti sul territorio oltre che alla stampa e alla cittadinanza livornese.

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