Riforma del lavoro: cosa va e cosa non va

Sulle conclusioni della direzione nazionale del Partito Democratico,  in merito alla riforma del mercato del lavoro,  trovo condivisibili due punti che riguardano l’estensione degli ammortizzatori sociali a favore dei soggetti finora esclusi e il potenziamento dei servizi per l’impiego e delle politiche attive  del lavoro. Merita degli approfondimenti la questione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Occorre comprendere il livello delle tutele collegate al contratto di lavoro,  la gradualità della maturazione delle stesse, i meccanismi deterrenti contro gli abusi nell’utilizzo di questa tipologia di contratto. Infine è utile capire quante forme di lavoro precarie saranno abolite; fattore non secondario perché altrimenti corriamo il rischio di avere un mercato del lavoro con flessibilità sia in entrata che in uscita e pertanto iperprecario. Non condivido invece il punto teso al superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori recentemente revisionato dal Governo Monti nel 2012. Alcuni sostengono che sia necessario superare l’articolo 18 per promuovere la crescita dimensionale delle imprese e sbloccare le assunzioni rendendo più dinamico il mercato del lavoro. Tali tesi, a mio parere, si basano su  fondamenta precarie. Bastano due esempi. In Germania e’ prevista la possibilita’ del reintegro di un lavoratore licenziato illegittimamente, dopo una sentenza di un giudice, nelle aziende con più di dieci dipendenti. Questo non ha impedito la crescita delle grandi imprese tedesche che competono sul mercato globale. In Italia invece le imprese con meno di 15 dipendenti, dove non si applica l’articolo 18, soffrono maggiormente la crisi e contribuiscono, in modo cospicuo, all’aumento della disoccupazione. Nei progetti del Governo ci sono altre due questioni che sono state introdotte nella legge delega attraverso un emendamento e riguardano il demansionamento e il controllo a distanza. Su questi punti quali sono gli obiettivi del Governo? Infine non dobbiamo commettere l’errore di sovraccaricare di aspettative il Jobs Act. Le riforme del mercato del lavoro non generano automaticamente occupazione. Per creare lavoro sono necessarie invece delle adeguate politiche a sostegno del reddito e dello sviluppo. Questi ultimi temi sono da reinserire nell’agenda del governo.

Federico Mirabelli

Componente Assemblea Territoriale PD Livorno

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