Quarta fase, Porto 2000 e dintorni. Ecco come vediamo lo scalo livornese
Quarta fase, dopo ampia discussione sui temi relativi agli scali portuali ed alle infrastrutture Toscane ha redatto, in preparazione di un prossimo convegno dedicato a questi temi, un articolo documento avente per oggetto la portualità labronica ed il suo impatto sull’attuale situazione economica e sociale del nostro territorio. Ne indichiamo alcuni passaggi.
Riteniamo, alla luce dei recenti fatti e del duro confronto in atto in città su questi temi, necessario affrontare l’argomento con alcune riflessioni. Assistiamo, da tempo allo scontro in atto fra i partiti della città, La Porto di Livorno 2000, il Comune di Livorno e l’Authority Portuale principalmente in merito all’unico interessante introito che sembra essere rimasto in ambito portuale: le Crociere.
L’assenza di una chiara scelta in merito alla destinazione di parte della Banchina di Alto Fondale alle attività crocieristiche ed alle dovute compensazioni è certo elemento di ritardo e di mancata programmazione; ma è solo uno degli elementi di ritardo e mancata programmazione che ormai affliggono il nostro scalo.
Ma è soprattutto la mancata privatizzazione della “Livorno 2000”, così come previsto per legge fin dal 1994, che ha solo impedito che Livorno diventasse un porto HUB impedendo la partnership con qualche privilegiato colosso crocieristico internazionale, ma che ci ha relegati al rango di modesto scalo di transito (vedi le sferzanti dichiarazioni a suo tempo rilasciate dalla MSC che dedica a Livorno per l’imbarco una sola nave della sua flotta (la MSC Orchestra) contro le sei di Civitavecchia e le quattro di Genova.
La mancata privatizzazione è servita in passato soprattutto per consentire la copertura di interessi personali, di speculazioni e di avventurose gestioni che hanno portato la società quasi al fallimento e nemmeno la fase commissariale, che pur aveva nei programmi di procedere celermente alla privatizzazione, ha mai dato soluzione al problema.
Scali come Civitavecchia 2.524.746 passeggeri nel 2011) e lo stesso Piombino (concorrente temibile sulle isole dell’arcipelago e l’Elba) contano movimenti turistici economicamente più interessanti e radicati.
Livorno era nel 2011 solo il quinto scalo italiano per numero di passeggeri, dopo Venezia, Savona, Napoli, Civitavecchia, e resistendo alla pari con Genova è ormai insidiata persino da Bari, Messina e Palermo.
Nel 2013 ben cinque porti supereranno quota un milione di passeggeri (Civitavecchia, Venezia, Genova, Napoli e Savona) e Livorno passerà in seconda fascia con Catania, Salerno, Ancona, Cagliari e Ravenna, retrocedendo.
Si consideri poi che il nostro è prevalentemente un flusso di passeggeri in transito, soprattutto sulle crociere e sulle Love boat.
Nel 2012 la MNC Crociere ha presenziato a Civitavecchia alla posa della prima pietra della Darsena di Sant’Egidio affermando che farà di Civitavecchia il trampolino di lancio per una sfida competitiva europea e la Royal Caribbean che porterà in Italia nel 2013 la nuovissima “Celebrity Reflection” (ultima nata con 3.046 passeggeri) e che affiancherà la “Celebrity Silhoutte” (2.886 passeggeri) conferma che avrà come HOME PORT di riferimento in Italia, Civitavecchia e Venezia. Livorno rientra solo nell’elenco dei porti di scalo.
La decisione ultimamente presa di procedere verso l’applicazione della legge e la pubblica gara per la cessione di quote pubbliche ci sembra un primo passo sulla giusta strada.
Il pubblico, nel mantenimento delle quote previste per legge deve garantire un controllo serio e continuo sulla corretta gestione e sugli obiettivi da raggiungere ma lasci la gestione operativa alla dimensione privata.
Abbiamo poi con interesse seguito anche il dibattito ancora presente fra gli agenti marittimi labronici.
Si sottolineano come ancora esistenti nel nostro scalo temi e giudizi che anche nel nostro documento sono ben presenti: l’antistorica idea che gli investitori privati e le grandi Conferences internazionali siano predatori da evitare; i dragaggi ormai latitanti ed insufficienti; l’assoluta distanza ormai dalle nuove realtà del naviglio internazionale (ormai attraccano nel Mediterraneo navi containers da 13.000 teus, mentre a Livorno resistono appena le navi da 8.000), l’assenza di studi e ricerche sulle nuove tecnologie infrastrutturali e la Regione e la Provincia da tempo assenti dalle scelte sul porto; tutto questo fa oggi di Livorno un porto di secondo livello.
L’assenza poi, aggiungiamo, dai più importanti centri internazionali ed europei di elaborazione delle linee guida dei traffici marittimi e delle intermodalità segnano e disegnano l’immagine della decadenza di uno scalo che negli anni novanta si poneva ambiziosamente il traguardo di scalo faro nell’area mediterranea e che oggi riesce appena a sopravvivere.
Necessita la piena presa di coscienza che il nostro è ormai solo uno scalo di secondo livello, il livello feeder e che per questo per mantenere almeno questa collocazione, dovrebbe con una nuova professionalità, attrezzarsi, ricercando anche maggiore privatizzazione di alcuni settori ed il recupero di quanto nella Compagnia sia ancora attuale e salvabile.
Necessita soprattutto una politica delle alleanze, abbandonando l’isolamento sterile che ci contraddistingue da tempo.
Ne fanno fede, per esempio, le iniziative coraggiose di Savona Vado che si è recentemente alleata con Tarragona (Spagna) e Sete (Francia) per presentarsi per il terzo anno consecutivo all’Intermodal South America di San Paulo insieme al GF GROUP quale West Med Port Network in grado di interloquire con il mercato brasiliano della frutta fresca, dei container frey e dry.
I porti toscani non fanno “rete” e lo si paga anche in termini di specializzazione nell’offerta di servizi doganali e di trasporto.
Livorno non riesce più nemmeno a coordinarsi con Piombino e Carrara ed è assente dalla politica territoriale degli approdi turistici toscani.
L’ultima scellerata decisione di inglobare Piombino in Livorno destinando lo scalo di Carrara al La Spezia la dice lunga sull’incapacità anche della Regione Toscana di avviare una seria politica portuale.
La stessa Authority di Livorno necessita ormai di aprirsi ad una ampia politica di Area recuperando la presenza operativa di Collesalvetti, certamente più rappresentativa di Capraia, e dando senso alle necessarie strategie di sviluppo comprensoriale, creando così i presupposti veri per il necessario rilancio della piattaforma logistica intermodale.
Il dibattito sui bacini di carenaggio richiederebbe un’attenta analisi sulla necessaria programmazione delle manutenzioni cantieristiche e sui veri soggetti manutentori, ma soprattutto un intervento statale e una fino ad oggi assente attenzione regionale a queste tematiche.
La città e la Regione devono recuperare in fretta il ruolo perso di interlocutori e programmatori delle linee guida di sviluppo della portualità sul nostro territorio e dei corridoi marittimi quali unici ponti fra le nostre aree produttive, l’Europa e il Mediterraneo, così come sarebbe ormai necessario trasformare l’attuale interporto, arricchendolo di vere professionalità, in una vera e moderna piattaforma logistica regionale almeno di valenza europea.
Ma tutto ciò andrebbe fatto rapidamente e senza indugi, immaginando anche un coraggioso rinnovamento nelle classi dirigenziali, abbandonando la vecchia logica delle scelte fatte per appartenenza fideistica alla nomeklatura, perché il tempo dato è alla scadenza e le occasioni perdute già molte.
La ventata innovativa che si è abbattuta sulla città potrebbe consentire, se liberata da ansie populistiche convenzionali, una seria riflessione sugli errori del recente passato e rappresentare una vera sfida sui problemi reali per il rilancio del nostro territorio.
Tuttavia l’intervento di Rifondazione Comunista e di Buongiorno Livorno sul ruolo dell’ANCI in relazione alle scelte sulle nomine portuali non può che preoccupare, proprio alla luce delle pressioni che nelle ultime nomine alla presidenza della Port Authority di Livorno hanno esercitato le autonomie locali.
I risultati hanno fatto clamore e si sono riversati in negativo proprio sulla nostra realtà, abbiamo l’impressione che la necessità di facile consenso e magari di corporativismi ormai inutili e dannosi facciano intravedere “Buona notte Livorno”.
Il Portavoce
di Quarta Fase
Avv. Ugo Boirivant
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