Porto 2000, privatizzare o meno?

Privatizzazione si o privatizzazione no? La domanda sul futuro della Porto 2000 aleggia nei palazzi da un bel po’. Insieme a diverse intenzioni non dette. Chiariamo intanto il quadro. La Corte dei Conti ha ribadito che il soggetto pubblico deve scendere sotto il 50% nelle quote della società. La prima osservazione da fare è che non c’è da stupirsi, visto che tutti gli altri terminal del porto sono gestiti da soggetti privati. Tutti, senza eccezione, cosa che peraltro deriva dalla Legge 84/94, non certo nuova e che quindi dovrebbe ormai essere nota. Per quale mai “azzeccagarbugliesco” principio un container che viene scaricato da una nave deve essere gestito da un privato e un passeggero che scende da una nave no? Senza contare che una Autorità Portuale che affida le concessioni ad una sua società configura quello che a sinistra si dovrebbe ben conoscere, perché lo si è citato (a ragione) ogni giorno degli ultimi venti anni. Si chiama “conflitto di interessi”. Andiamo avanti. Stabilito che va venduta, occorre stabilire a chi e come, e qui se ne sono sentite di tutti i colori. Una ipotesi divertente fatta in passato era quella della SPIL, società notissima per la vocazione a trasformare (in perdita) ex-cinema in parcheggi. Sperando che non stiano pensando di riempire l’Odeon mettendoci le navi, è evidente che SPIL non ha alcuna competenza nell’attività svolta dalla Porto 2000. La seconda ipotesi è SAT, la società che gestisce l’aeroporto di Pisa. Se anche per alcuni far attraccare una nave e atterrare un aereo sembrano la stessa cosa, la realtà è che le competenze richieste sono anche qui molto diverse. Non ha nessun senso che SAT assuma la gestione operativa della Porto 2000, mentre ne ha invece che ne detenga una quota di minoranza per produrre quelle sinergie nel nome di un progetto di sviluppo del turismo integrato territorialmente. Guarda caso, cioè, quel progetto che gli stessi politici che ora invocano l’arrivo di SAT hanno impedito per anni ed anni che si concretizzasse, tanto che almeno fino a poco tempo fa all’aeroporto di Pisa non c’era un unico cartello che ricordava che esiste la città di Livorno. Città che peraltro somiglia sempre più a Damasco, viste le folgorazioni che abbondano nelle sue vie (Renzi docet…). L’ultima ipotesi che si è sentita è nientepopodimeno che la Regione acquisti le quote della Porto 2000. Quella stessa Regione che, per lo stesso principio, si è da un paio di anni liberata dei traghetti della Tirrenia vendendoli a Moby Lines dovrebbe ora mettersi ad agganciare alle bitte i cavi d’ormeggio di quegli stessi traghetti. Errare è umano, è vero, ma perseverare è diabolico. Dato tutto questo, allora, facciamo una ipotesi. Non sarà che quei politici che ora si sbracciano a favore di una “gestione pubblica” non desiderino invece che alla fine essa arrivi o sia delegata a un soggetto privato che, già presente in porto e ben competente di attracchi (sia pur non di passeggeri), non aspetta altro che un’occasione simile per procurarsi una ambita “gallina dalle uova d’oro”? Scommettiamo che in questo caso la gestione privata gli piacerebbe, e molto!? Non è finita. Visto che per molti livornesi le Colonne d’Ercole stanno sullo Scolmatore, proviamo almeno noi a guardare oltre. Chiediamoci perché negli altri porti i terminal delle crociere sono spesso gestiti da operatori del settore (ad esempio, a Genova c’è MSC), magari con quote pubbliche minoritarie (che hanno senso). Per rispondere, basta fare un esempio. Supponiamo che a Livorno si resti orgogliosamente ancorati all’idea del terminal “pubblico” (benché come abbiamo visto c’è molto di non detto su questo). Supponiamo poi che La Spezia completi il suo terminal passeggeri e ne privatizzi la gestione (come già in estate aveva annunciato di voler fare) affidandola a una grande compagnia delle crociere o ad un’alleanza tra esse e altri operatori primari del turismo. Se accade tutto questo, dove manderanno più volentieri le loro navi quelle compagnie? Dove gestiscono direttamente il terminal, cioè a La Spezia, o dove i gruppi di interesse di una città fuori dal tempo pretendono di controllare ogni pertugio dell’economia? Senza contare che si sta parlando di quelle stesse compagnie che pochi mesi fa ci hanno lasciato con un palmo di naso portandosi via un bel po’ di accosti a favore, guarda caso, di La Spezia e che ora ci dicono che la differenza tra noi e loro è solo “un quarto d’ora di viaggio”. Se questo è lo scenario, dove si avrà quindi quello sviluppo del turismo che in tanti in questa città hanno sempre voluto a parole e snobbato nei fatti? A Livorno o a La Spezia?

 

Cristiano Toncelli

progettoperlivorno.org

 

 

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