Portiamo avanti il centro Don Nesi

Premetto che sono un volontario dell’Associazione da circa sette anni e devo ringraziare in parte un amico che mi ha portato a conoscere questa realtà, in occasione della proiezione di un film, attività che viene portata avanti in forma del tutto volontaria da parte degli operatori e di volontari dell’Associazione fra i quali oggi ne faccio parte anch’io ed in parte alla mia curiosità di scoprire che nel mio quartiere, si facevano attività che nemmeno conoscevo esistessero in questa parte della città, in particolar modo il cinema, soprattutto da quando a poco a poco le varie sale cinematografiche più importanti della città andarono a scomparire.
Leggo dapprima con stupore, poi con un lieve sorriso che per fortuna mi contraddistingue quanto talune persone scrivono, riguardo l’Associazione Don Nesi Corea, accusando chi porta avanti le tante iniziative volte a tutta la cittadinanza, siano essi bambini, siano adulti, di “sfruttare” il nome del Nesi.
Lo sfruttamento così inteso indica un ritorno in fatto di soldi (ritorno economico) in fatto di potere (ritorno politico), in fatto di opportunismo, (ritorno attraverso favoritismi di varia estrazione o natura). Posso allora cavalcare il concetto di sfruttamento facendo una riflessione; fare attività di doposcuola per i bambini e i ragazzi delle prime superiori, dare la possibilità agli autori di libri che vivono a Livorno, così come è capitato anche a me, di poter presentare un testo, oppure allestire mostre fotografiche, di pittura o suonare, come nell’esperienza della banda musicale di Corea intitolata a Domenico Papalini, ex “bimbo” del Nesi. Offrire quindi alla popolazione di tutta la città ma in primis a quella del quartiere Corea ancora oggi periferico, non solo da un punto di vista urbanistico, ma anche da un punto di vista culturale, visto che ancora oggi é ritenuto un quartiere non al pari degli altri. Dare la possibilità ai bambini meno fortunati, di poter giocare con i loro genitori grazie al Servizio degli Incontri Protetti, oppure permettere a tutti i bambini ma anche ai genitori meno abbienti di poter far trascorrere alcune ore di svago nella ludoteca allestita nell’associazione e di poter vivere i campi estivi in forma del tutto gratuita, tutto questo è un sinonimo di sfruttamento? Oppure non possiamo portare avanti il nome di Alfredo Nesi, parroco, uomo, educatore? Dobbiamo per forza avere la “targa” della confessionalità per fare tutto questo? Per caso don Alfredo Nesi faceva distinzioni nel suo Villaggio Scolastico? Chi avesse dubbi riguardo al pensiero di Nesi, si vada a leggere le lettere, si vadano a vedere le fotografie dei tanti incontri che ci sono stati nel Villaggio Scolastico fra Nesi e tante persone anche di diversa estrazione culturale da quella confessionale. Per caso venivano chiuse le porte del Villaggio Scolastico a coloro che non erano cattolici? Sono sempre più convinto che serva una buona consapevolezza di quello che si dice, cercando anche di vivere un luogo, per portare anche un contributo, così come faccio io da anni, avendo trovato nell’associazione don Nesi Corea, un luogo e non un “non luogo”, dove quello che sono è apprezzato, dove si tiene in vita quella socialità indispensabile per una collettività ormai sterile e individualista. E’ il caso di dire che il concetto confessionale “bussa e ti sarà aperto” vale per me e vale per tutti. Anche per coloro che intendono conoscerci meglio e scoprendo invece che l’Associazione Don Nesi Corea è ormai una delle poche realtà rimaste a portare avanti attività gratuite in quel quartiere che fu sede di quella esperienza del Villaggio Scolastico di Corea.

Giuliano Turchi

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