Noi che quella maglia amaranto non ce la leviamo mai di dosso
di Anna Campani
Questa mattina quando mi sono svegliata ho sentito come un’oppressione nel petto. Facile a dirlo, difficile descriverlo pienamente. Ieri sera l’adrenalina mi ha concesso alcuni minuti di confusione, stordimento ed incredulità, tanto da non sentire, poi il vuoto è arrivato. Sugli spalti dopo il triplice fischio ho avvertito un senso di vuoto. Uno stadio intero in piedi, che guardava assente il nostro campo, con quei giocatori al centro, del quale io vedevo solo la maglia, la nostra, quell’amaranto. “Bel colore di nostra divisa…” pensavo. La rabbia mi ha portato a pensare che quella maglia, dovevano togliersela, che non erano degni, che eravamo noi, quegli ammutoliti sugli spalti, in una scena da film, con la differenza che spesso i film finiscono bene, eravamo gli unici ad avere il diritto di indossarla. Quella stessa maglia che t’infilano per la testa da bambino, quando per la prima volta ti dicono “Oggi si va a vedere il Livorno”.
Quello che mi m’inquieta di più in tutta questa storia calcistica allo sfascio è appunto il silenzio, ieri sera sugli spalti, questa mattina in giro, strano per noi Livornesi che chiacchierare ci piace così tanto. Niente commenti e se qualcuno provava a dire qualcosa, gli altri rompevano subito il discorso, perché non parlarne non cambierà le cose, ma almeno si sente di meno, è delle volte ti aggrappi solo a quello, a non pensarci (come se fosse possibile) a credere che quella maledetta serata non sia mai esistita e che dobbiamo ancora giocarli quei novanta minuti. Purtroppo però la realtà è un’altra, il signore con il fischietto in bocca, quella partita l’ha già arbitrata e quello al quale è stato detto di difendere la nostra porta, beh non l’ha difesa come doveva e poi sappiamo tutti com’è andata. In questo momento riesco solo a pensare a questi quattordici anni, a quello che abbiamo vissuto, ai giocatori che abbiamo visto passare, al sangue, al sudore che tifosi e giocatori hanno sputato per farci tornare nel calcio che conta, ed è quello che mi fa più rabbia, perché era quello che dovevano difendere. Dovevano difendere l’onore di un certo Igor Protti, di un portiere che si chiama Ivan, di un allenatore che si chiama Jaconi che ieri sera ha visto il suo lavoro esser frantumato a chi questa maglia mica l’ha capita davvero. Come in una pellicola messa al contrario ho rivissuto le partite, quelle che ci hanno portato in A, quelle che ci hanno fatto esplodere il cuore nel petto.
Penso a Piacenza, penso alla partita con l’Alzano, penso a quella con l’Empoli, ma penso anche a quelle partite dove noi tifosi eravamo presenti, con la sciarpa amaranto stretta al collo come se dovessimo aggrapparci a quella per continuare ad avare la forza di crederci. Ripenso a quel maledetto giorno di Pescara, al Moro, a quel suo sorriso e alla voglia di combattere, al fatto che non c’è più, che lui l’anima in campo l’avrebbe data e allora la rabbia aumenta, lo sconcerto, l’incredulità che torna. Ripenso alle punizioni di Diamanti, a Treviso, agli urli liberatori, che ieri sera sono rimasti in gola, strozzati dalla fine di un ciclo, dalla fine di quattordici anni di vittorie ma anche di sofferenze, di critiche e di strade sbagliate che ci hanno portato nuovamente in quella fossa di leoni che è la serie C.
Ieri sera uscita dallo stadio, mentre andavo a prendere il motorino ho detto a una mia amica, “Hanno cancellato tutto nel giro di ’90 minuti”, poi ci ho pensato, ho riflettuto e no, non hanno cancellato niente, non hanno cancellato le bandane di San Siro, i gol di Protti, non hanno cancellato il nostro “Sol dell’avvenire”, perché ci siamo ancora noi, ieri ammutoliti sugli spalti, oggi già pronti a riempire nuovamente lo stadio, a tifare ancora, a perdere la voce, a sperarci come abbiamo fatto quattordici anni fa, quando tornare in cadetteria per noi abituati a soffrire sembrava soltanto un’utopia. Sarà difficile, dura, sarà una battaglia, ma noi ci saremo sempre perché ieri sera negli spogliatoi quei giocatori che dovevano difenderci la maglia amaranto l’hanno tolta, ma noi NO e questo da una parte è quello che conta.
Finché vivrò canterò FORZA LIVORNO !
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