Maternità, diritto o privilegio?

E’ notizia di questi giorni la dichiarazione dell’Amministratore Delegato di Yahoo  Merissa Mayer, la quale, in attesa di due gemelle e con un bimbo di tre anni ha annunciato che tornerà al lavoro 15 giorni dopo il parto. La signora Mayer è l’ultima di una serie di novelle super-mamme: abbiamo visto Michelle Hunziker, rientrata dal lavoro ad appena una settimana dal parto, o le nostrane Ministre anche loro subito al pezzo dopo la maternità.

Da un punto di vista mediatico, si tende a ridimensionare e banalizzare la maternità come un evento ordinario e privato, che non necessità di particolari tutele per le persone che godono di condizioni economiche e culturali elevate, tali da potersi permettere di non essere condizionate da un evento così importante quale la nascita di una nuova vita.

Non esercitare i diritti previsti dalle leggi, demonizzare chi  – persone, istituzioni – li difende, sembra essere diventato oggi lo sport nazionale e coloro che esprimono questi ideali, generalmente personaggi pubblici della politica, dell’economia o dello spettacolo, vengono innalzati sul palcoscenico dei media – novello altare della novella religione del liberismo.

Così ci inducono a pensare che le tutele previste dalla legge sulla maternità non siano un diritto, ma vengano percepite come un privilegio per le “normali” mamme.

In una nazione dove più volte è stata denunciata una crescita demografica pari o molto vicina allo zero fino al 2001 e che ha ricominciato a crescere solo grazie all’immigrazione, in una nazione il cui tasso di natalità è il più basso del mondo e che sta diventando sempre più vecchia, sarebbe auspicabile e ci si aspetterebbe più attenzione per l’evento della maternità e allo stesso tempo l’emanazione di politiche attive a sostegno delle famiglie.

Non certo l’esaltazione di chi può permettersi il lusso – perché solo di questo si tratta a parer nostro – di fare a meno delle tutele perché ha un reddito assai superiore alla normalità delle mamme che, quando hanno un lavoro ( spesso, a parità di ruolo, pagato meno rispetto agli uomini),  non possono permettersi certamente di assumere tate e collaboratori domestici per poter gestire al meglio il menage familiare. Mentre quelle che il lavoro non ce l’hanno devono purtroppo veramente pensare due volte prima di mettere al mondo un figlio, perché il rischio è di non riuscire a far fronte a tutti gli impegni economici, dato che i vari bonus bebè e quant’altro sono riconosciuti a redditi veramente miserrimi.
I diritti, per conquistarli necessitano di tempo e lotte, mentre perderli purtroppo è un attimo, ma è evidente che oggi non abbiamo più consapevolezza di questo  e ci permettiamo allegramente di non esercitarli, di rinunciarvi, di pontificare sulla loro necessità, dando per scontata la loro esistenza.

Il rischio è che ci ritroviamo senza neanche accorgercene, ai tempi del medioevo o dell’antica Roma… e questo non ci sembra un futuro auspicabile per i nostri figli.

Livorno, 10/09/2015

FABI – s.a.b. di Livorno

 

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