La pace e i pacifisti, dov’è l’equilibrio?

Leggo quotidianamente degli eccidi perpetrati in Nigeria dai guerriglieri fondamentalisti, islamici se si vuole, delinquenti senza fede giustificabile per conto mio, che nell’ultima brillante performance hanno sterminato almeno 2000 persone.

Il rispettoso silenzio delle istituzioni, nazionali e locali ( queste ultime pronte a vociare in altre circostanze senza risparmio di fiato, energie, illuminazione a fiaccola eccetera ) mi fa pensare che esista una differenza sostanziale tra questi eccidi, forse Salomonicamente tollerati o guardati con sostanziale indulgenza, semmai sottaciuti perché ”hai visto mai venissero qui ”? … e quelli accaduti a Gaza

Riferendosi a quella zona quando per numeri infinitamente minori di quelli che leggo oggi, per azioni non volte allo sterminio sistematico di popolazioni, villaggi e etnie bensì per azioni di guerriglia impiantata su una situazione di attacco e contrattacco continui come avviene laggiù da lustri, si sono viste per Livorno fiaccolate e altro, gente tuonare dai palchi accusando, schernendo, urlando il proprio ( determinante !… ) disaccordo su politiche paramilitari definite disumane…

Sono d’accordo in parte con loro, la guerra fa male, non serve a nessuno, è difficile stabilire quale è la responsabilità più grave tra chi attacca e tra chi si difende, e cosa si debba intendere tra attacco e cosa per difesa : vivo di dubbi, non ho certezze specialmente quando la pelle è quella degli altri, da una parte e dall’altra, seppure la lettura completa della storia non mi pare dare torto a chi ha oggi più force de frappe e più potere militare.

Intanto, dubbi o no, anche se continuo a pagare tasse che nello specifico si trasformano anche in sovvenzioni allo stato palestinese che non disdegna di trasformarli ( mio malgrado, nostro malgrado, malgrado ogni intelligenza ) in armamenti mentre contemporaneamente riscuote gabella presso le popolazioni nel distribuire gli aiuti che noi paghiamo, e che dovrebbero essere gratuiti, destinati al sollievo di chi soffre la guerra e che ( forse ) non la condivide e scoppia su mine, bombe lacniate da ambo le parti..

Oggi il dubbio che mi stringe il cuore al di là della querelle permanente e delle ipocrisie dei politici locali e non, è questo : qual è il metro di misura che determina la inaccettabilità di una azione militare, paramilitare, e quale è invece il viatico che la rende moralmente accettabile o quanto meno tacitamente accettata, quasi che il bon ton politico ( si chiama ancora politically correct o son cambiate le mode ? ) non consenta di parlarne, prendere decisioni, sfiaccolare qua e la anche per gli omicidi perpetrati, per esempio, in Nigeria?

Salvatore Favati

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