In sanità conta solo l’Isee, ecco il mio calvario

Sono certa di non essere l’unica persona che abbia, e che avrà, a che fare con una burocrazia che prontamente prende ma non altrettanto aiuta nel bisogno con sollecitudine, ad ogni modo sono dell’idea che certi episodi degni di riflessione vadano comunque segnalati.
Tutto comincia a fine Marzo del corrente anno, quando mia madre è vittima di un’ischemia cerebrale a seguito della quale rimane immobilizzata a letto con problemi anche nel linguaggio.
In un primo momento i medici sembravano sperare in un parziale recupero che le permettesse una qualità di vita almeno accettabile, ma da allora è stato solo un susseguirsi di ricoveri presso varie strutture ospedaliere e di riabilitazione fisioterapica anche di ottima qualità. Purtroppo sono giunte nel tempo una serie di complicanze che le rendono necessaria un’assistenza medico-infermieristica continua che a casa non è possibile avere e tengo a precisare che la poveretta è tutt’ora allettata e non di corporatura esile.
Al momento si trova presso un centro di riabilitazione fuori Provincia con codice ospedaliero, ma la sue condizioni non le permettono neanche un minimo recupero per cui i medici, con ragione, ci hanno detto che si vedono costretti a dimetterla e di attivare l’assistenza sociale di Livorno per un’accoglienza presso una RSA pubblica.
Qui comincia un altro calvario, nel senso che nel colloquio con l’assistente sociale non vengono minimamente prese in considerazione né la necessità di mia madre, né le notevoli problematiche della mia famiglia.
L’unica cosa che ha una valenza è il MOD. ISEE e il fatto che ci sono due figlie che si devono far carico della situazione anche se non ne hanno le competenze e le possibilità.
Dopo questo “arrangiatevi”, non ci resta che cercare, e anche velocemente, se ci può essere una struttura privata che possiamo permetterci mettendo insieme la misera pensione di mia madre, l’eventuale accompagnamento che probabilmente le verrà accordato dopo la visita fissata per il 4 Novembre (!) e quello che si potrà ottenere quando potremo affittare il suo appartamento.
Lascio immaginare la mia rabbia verso l’ineguatezza delle nostre strutture comunali incapaci di accogliere, non certo gratuitamente, una persona bisognosa di cure certificate, e la mia preoccupazione per il prossimo futuro.
Visto che il problema è tutto mio, permettetemi almeno di pensare, visto come vanno le cose in Italia, se io fossi stata “parente di..” o “amico di..” avrei ricevuto lo stesso trattamento?

Tatiana Medved

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