Frontera: per rialzarci serviva un guizzo politico

Secondo una ricerca di cui “Il Corriere della Sera” pubblica i risultati, con grande evidenza, dedicando una delle pagine centrali al problema della integrazione sociale (titolo a tutta pagina : “Le banlieu d’Italia” , Livorno, tra i 116 capoluoghi di provincia in Italia, è in testa alla classifica della”precarietà sociale”, quella dei Comuni italiani dove l’integrazione è più difficile. E’ solo l’ultimo, clamoroso dato di conferma di un degrado che procede sempre più velocemente, come su un piano inclinato, verso il basso e che ha visto accumularsi, negli  ultimi anni, una lunga lista di primati negativi per la nostra città: prima nella classifica della disoccupazione giovanile nelle regioni del Centro e Nord Italia, prima per tasso di disoccupazione (e ultima per percentuale di occupati) nelle Regione Toscana, la nostra regione, nella quale siamo ultimi per qualità dei servizi sanitari, primi per tasso di abbandono scolastico e ultimi per percentuale di laureati, nonché primi per tasso di invecchiamento dei residenti (dato su cui influisce il fenomeno, ancora non studiato, della massiccia emigrazione dei giovani verso altre città. Non parliamo di dati di carattere economico, quali i depositi e le sofferenza bancari.  Non ci sono statistiche aggiornate sulla contrazione del commercio, ma il gran numero di chiusure di attività testimoniate dalle saracinesche abbassate, parla da solo. Pericolosi gli indicatori relativi a fenomeni di degrado sociale, quali le tossicodipendenze, l’usura, la microcriminalità, comprese risse ed episodi di violenza, la penetrazione della criminalità organizzata (sensibile in alcuni Comuni della provincia) tutti tra i più alti della Toscana. In ultimo sembra confermarsi il drammatico dubbio di un altro ancora più triste primato, stando ai dati pubblicati da Medicina Democratica, relativi all’incidenza dei tumori, come conferma di fenomeni rilevanti di inquinamento ambientale.

Da tempo in molti parlano dell’urgenza di un salto di qualità, di un guizzo, di un sussulto (o, secondo il lessico regionale, di un soprassalto) che scuota Livorno dalla deriva che ha imboccato, ma senza che se ne veda l’inizio. Il mondo politico, ma non di meno la società civile e le organizzazioni sociali livornesi non sembrano dare tangibili segni di vita in questa direzione e si cullano nella autocommiserazione per “la crisi”, che però non sembra affatto aver colpito dappertutto così pesantemente. C’è il rischio ora che subenti la rassegnazione e anche un altro più grave rischio: che Livorno venga percepita, anche in Toscana (come già si comincia ad avvertire), come una palla al piede, un peso morto: lo conferma la scelta regionale e nazionale (purtroppo invocata e condivisa a livello locale, con tanta miopia), di dare a Livorno la patente di “Area di crisi complessa”, utile ad accedere a qualche aiuto di Stato, ma portatrice di un  marchio non certo qualificante per favorire investimenti privati, né per incoraggiare la volontà di ripresa. Inoltre, anche a livello di immagine, Livorno rischia di essere percepita, in futuro, come un ghetto (una città che non ha mai avuto un ghetto al proprio interno, pur ospitando tante comunità diverse, si può trovare ad essere vista come un unico “ghetto” !!), sul quale scaricare attività e servizi che nessuno vuole sul proprio territorio. Se ci chiediamo quali siano le cause di questo declino, apriamo un capitolo che può spaziare molto ampiamente e risalire alle origini della città, alla sua storia, alla composizione sociale della sua cittadinanza, così come appunto la storia l’ha determinata Si può discutere delle sua caratteristiche culturali e. delle sua cattive abitudini e così via. Il tema della “livornesità”, del resto, è notoriamente straricco di spunti.

La domanda da farsi,  tuttavia, dovrebbe essere un’altra: perché Livorno, nonostante tutti i suoi limiti e i suoi punti deboli, dalla sua fondazione fino all’inizio degli anni Duemila è sempre andata avanti, persino nonostante la guerra che l’aveva distrutta in buona parte (ben più di quasi tutte le altre città italiane) ? Perché Livorno ha sempre migliorato le sue condizioni e solo da poco ha cominciato a regredire? Se è stata governata, per esempio, per settant’anni di seguito dalla sinistra, è perché la sinistra ha saputo per sette decenni, far progredire la città. Il suo porto è stato, solo una quarantina di anni fa, il primo del Mediterraneo per traffico di container e oggi se la deve vedere con Civitavecchia, La Spezia e Piombino, tutti porti che quaranta anni fa avevano un traffico commerciale trascurabile. Le sue scuole dell’infanzia e i nidi contendevano a Reggio Emilia il primato nazionale della qualità del servizio educativo (che accendeva l’interesse dei ricercatori svedesi e americani). Fioriva il commercio, che attirava clienti da tutta la Toscana. Qui sorgeva (e funzionava a pieno regime) la più grande sala cinematografica d’Italia. E si potrebbe continuare, ma non ce n’è bisogno, perche basta la logica per capire che i livornesi credevano nei risultati che vedevano. Ma nel 2014 i risultati che vedevano hanno spinto la città a voltare pagina, traumaticamente e risolutamente. Una volontà che non dice niente di definitivo sui prossimi anni, ma lo dice, invece, su quel decennio che ci sta alle spalle.

A parte ogni altra considerazione, per chi ama questa città, di fronte al capovolgimento di tutte (o quasi) le linee di tendenza e di fronte al rischio di uno storico declino, resta dunque urgente un sussulto. Nell’attesa sarebbe utilissimo, peraltro, qualche segno di umiltà, di responsabilità. E’ toccato invece leggere, sulla stampa, da parte del Sindaco che ha guidato Livorno per dieci anni, con uno stile di governo accentratore,  un lungo sfogo, denso di incandescenti recriminazioni, non prive di sfumature commoventi,  e attribuzioni autoassolutorie di responsabilità all’universo mondo. Il cittadino che ha di fronte stato in cui è ridotta la città, quando vede l’assoluta incapacità di chi ha avuto primarie e amplissime responsabilità di governo locale di assumersene doverosamente il carico,  resta ulteriormente deluso e trova la triste conferma dell’inadeguatezza ad un ruolo importante, che ha pesato, certo non come unico fattore, sull’arretramento di Livorno. Povera Livorno, ce la farà a ricominciare ? E da dove?

Claudio Frontera, ex presidente della Provincia dal 1994 al 2004

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