Dopo la condanna, Berlusconi ricomincia con i suoi discorsi
Ora che la magistratura ha potuto concludere un procedimento penale contro Berlusconi senza essere bloccata da leggi ad personam, indulti, amnistie, depenalizzazioni, prescrizioni, scudi o lodi, il Cavaliere torna ad accusare i giudici comunisti, che lo perseguiterebbero da quando è sceso in politica nel 1994. La balla è grossa, perché le prime informative giunte alla stazione dei carabinieri di Arcore risalgono al lontano 1973, quando Silvio si ficcò in casa il criminale pluriomicida Mangano (indicato da Borsellino come “pontiere della mafia al Nord”) ed il suo amico Marcello Dell’Ultri. Nel 1979 è invece la Guardia di Finanza ad interessarsi a Silvio ed ai suoi cantieri edili. Poi, nel 1983, il futuro leader politico viene indagato per traffico di droga, nel 1989 viene condannato in appello (ma salvato dall’amnistia) per falsa testimonianza sulla sua appartenenza alla loggia eversiva P2, mentre nel 1993 la Procura di Torino già indaga sul suo Milan e quella di Milano su Publitalia. Tutto questo prima della sua eroica discesa in campo per salvarci dai comunisti, tra l’altro mentre la Fininvest moltiplicava le collaborazioni d’affari proprio con i comunisti italiani e sovietici (storico l’accordo del 1988 tra Berlusconi e le televisioni dell’URSS).
Ridicolo anche accusare di faziosità i magistrati: primo perché non fanno altro che applicare le leggi (anche quando lo hanno assolto), molte delle quali confezionate da un Parlamento manovrato per anni dai suoi avvocati in veste di deputati, secondo perché è un insulto all’intelligenza denunciare un complotto che coinvolgerebbe centinaia di magistrati: per fare un esempio nel processo Mediaset il Cavaliere è stato giudicato da un GIP, da tre giudici di primo grado, altri tre in appello e cinque in cassazione: ben 12 magistrati, assegnati dal Codice di procedura penale e non da Bertinotti o Di Pietro. Tra l’altro del collegio della Cassazione non fa parte nessun magistrato iscritto a MD, la cosiddetta “corrente di sinistra”, ma anzi hanno fama di conservatori: pur non essendo bolscevichi, quindi, hanno tenuto presente che la Legge deve essere uguale per tutti, indipendentemente dal peso politico e da quanti voti un cittadino può raccogliere alle elezioni. Forza, Italia: forse in questo paese non tutto è perduto.
Andrea Romano – Coordinatore provinciale IDV Livorno
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