Il dibattito interno al Pd avvincente e a tratti struggente

Il dibattito interno al Pd sul futuro del partito è avvincente, emozionante ed a tratti struggente: c’è chi parla di necessità di convocare l’Assemblea Territoriale, chi la Direzione, chi vuol ripartire dai circoli, chi dall’elettorato. Non è stato ancora affrontato il delicato tema del luogo ove svolgere la prima assise e cioè se può essere adatto il Circolo Carli di Salviano oppure il Divo Demi alla Guglia.
Facile ironia? Fuoco sulla Croce Rossa? Il fatto è che tutti parlano dei preliminari e non vengono mai al sodo. Forse perché non hanno la minima idea sul cosa fare? La frase più aulica in auge da alcuni anni è: “Per uscire dall’impasse bisogna andare ad ascoltare la gente”. Perchè, cosa vuole la gente, il Pd non lo sa? Con un po’ di presunzione glielo spiego io: soldi, tramite lavoro, per un futuro dignitoso per sé e per i propri figli, un sistema sanitario per il quale non si aspetti un anno per un’ecografia, una scuola che ti dia cultura, una proposta chiara sui problemi derivanti dall’emigrazione,una città a misura d’uomo con più pulizia e meno buche assassine. Presumo che questo copra il novanta per cento dei desideri degli italiani e quindi dei livornesi. Con la stessa presunzione di cui sopra posso dire quindi di aver evitato al Pd un inutile e noioso passaggio: ora sappiamo cosa vuole la gente e potremo passare al secondo punto all’ordine del giorno:come garantire tutto ciò ? Rimaniamo in attesa delle proposte ed operiamo una seconda riflessione. Facciamo una simulazione e cioè facciamo finta che il Pd, dalla federazione ai circoli, avesse abbassato, prima dell’8 giugno, tutte le serrande per un periodo indeterminato. Se ne sarebbe accorto qualcuno? E, se sì, chi ? La gente ? Non se ne sarebbe accorto nessuno solo perché il Pd serve (serviva ?) solo a quelli che ci stanno dentro, non a quelli che stanno fuori. Nella mia breve esperienza di dirigente dei Ds, ormai datata, ho imparato di più su questo partito attendendo che iniziassero le riunioni (avendo l’abitudine di presentarmi in anticipo) che nelle riunioni stesse:i portieri della Quercia smistavano uno strano traffico di cittadini che là si presentavano per le più disparate esigenze (accomunate dal fatto che appartenevano al “privato” e non al “pubblico”), indirizzando loro verso decentrate stanze dove persone specializzate si impegnavano (non si sa a che titolo) a risolvere i loro problemi. Dicevamo il dibattito e qui gli scenari (perché ho modo di pensare non sia cambiato nulla dai tempi dei Ds) diventano kafkiani:lunghissimi rituali con l’inevitabile produzione di documenti che alla fine avrebbero anche potuto essere cestinati: a decidere poi sulle cose da fare erano i soliti dieci-venti “mandarini” gestori del vero potere. La piramide è rovesciata:non sono gli iscritti che decidono una linea politica che i dirigenti dovrebbero poi far propria ma sono i “supercompagni” che impongono, tramite i loro scudieri, la linea verso il basso. L’unica variante da allora ? Che ora la “degenerazione correntizia” (come si diceva ai tempi del Pci rivolti agli altri) rende più difficile l’oliato sistema del flusso delle disposizioni dall’alto verso il basso. Per sintetizzare: ai tempi dei Ds ai congressi sezionali andava a votare meno del dieci per cento degli iscritti (corretta visione:tanto a che serviva ?), ai tempi del Pd un po’ di più perché i “telefonisti” delle varie correnti cercano di convincere, con gli argomenti ritenuti più congrui, a votare per loro. Alla fine della fiera: perché il Pd avrebbe dovuto ricevere un responso elettorale diverso da quello ottenuto? Questa è la madre di tutte le domande per poter ricominciare.

Franco Marianelli

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