Ddl “Buona Scuola”, prof scrive al Ministro

Ecco la lettera aperta scritta al ministro dell’Istruzione da parte di una docente di inglese.

Gentile Sig. Ministro,
ho deciso di scriverle, come hanno fatto altri colleghi in questo momento perché di certo non posso sapere cosa lei pensi di noi, ma vorrei aiutarla a farsi un’idea più precisa della categoria. Mi presento dicendo che sono una docente di inglese di scuola secondaria di secondo grado, ma, all’inizio della mia carriera ho insegnato in un altro ordine di scuola, il che significa che possiedo più abilitazioni all’insegnamento conquistate attraverso esami e concorsi di vario genere. Vengo da una famiglia “immersa “ nella scuola: mia nonna ha fatto la maestra elementare in un’epoca in cui era ben raro che le donne lavorassero, mio padre attivo sindacalista per una vita, forte sostenitore della scuola pubblica anche nei centri più disagiati dello stivale, mia madre docente. Ma non è di me né del passato che voglio parlarle, caro Ministro, ma della scuola di adesso. E voglio partire appunto dalla categoria “insegnanti”.

Inizio premettendo che, come in ogni altra categoria, ci sono mele marce anche all’interno del corpo docenti, rispetto alle quali è necessario prendere provvedimenti. Ma voglio continuare ricordandole  che, senza il corpo docenti italiano, il suo Ministero sarebbe ben poca cosa : il corpo docenti italiano è quello che ha SEMPRE fatto fronte a tutte le riforme che ogni governo gli ha propinato, senza mai (ma non è il vostro caso) interpellarlo, è quello che, senza il becco di un quattrino nelle casse e con uno stipendio da fame (Le ricordo che siamo assai lontani dalle medie europee) ha cercato di creare dal nulla, si è inventato progetti, ha saputo programmare  a breve e lungo termine, ha mandato avanti la didattica autoformandosi sempre e solo frugandosi di tasca propria, sfruttando le competenze interne per migliorarsi e stare al passo con quanto dall’alto ci veniva richiesto. E’ vero, probabilmente il risultato non è sempre ottimale, ma come si fa a far funzionare dei laboratori se il Ministero continua ad operare tagli sul  personale tecnico o di custodia? Come si insegna informatica se non si acquistano nuovi software o nuove macchine? Come si fa ad usufruire della rete se gli istituti non sono cablati e non si hanno agevolazioni nelle tariffe telefoniche? Come si strutturano le ore di alternanza scuola-lavoro senza risorse? Dove pensa che le scuole italiane trovino i fondi per tutto questo? Non solo, i suoi docenti sono anche coloro che tengono alta la bandiera dell’istruzione italiana all’estero: è grazie a tutti loro, al loro impegno quotidiano e silenzioso, alla loro coscienza professionale, alle loro capacità di rinnovamento  che la qualità della preparazione nella scuola italiana è ancora riconosciuta fra le più alte a livello mondiale. E il merito è solo di chi insegna, che si documenta, che continua a studiare, che si mette in gioco a livello internazionale confrontandosi con le istituzioni scolastiche di altri Paesi grazie ai progetti europei . Si può fare di più e di meglio? Certo, ma non tagliando ancora risorse, non riempiendosi la bocca di slogan a cui non seguono fatti, non insultandoci o dicendo che lavoriamo poco, ma rispettando il lavoro che portiamo avanti e gli sforzi che facciamo. La sua risorsa, Ministro, sono le persone che fanno la sua scuola – sono docenti che, non è vero che non vogliono cambiare lo status quo; lo desiderano eccome, glielo posso garantire – vogliono migliorarsi, vogliono avere mezzi e possibilità per loro, in primis, per poter poi offrire opportunità ai propri studenti. Allora abbia rispetto, ci ringrazi e, anziché perseguire una politica del divide et impera, ci sostenga e ci dia i mezzi per non vergognarci mai di fare la professione che abbiamo scelto.

Una docente di inglese

 

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