“Aggredito dopo essere stato investito. Ferito all’anima dalla mia città”
Salve, sono un uomo di 35 anni, nato e cresciuto a Livorno. Scrivo per sottoporvi un fatto che mi è accaduto, che non fa per nulla onore alla nostra città. Sabato 29 marzo, ore 20, piazza Garibaldi, Livorno, attraversamento pedonale di fronte all’edicola. Stavo rientrando a casa dal lavoro. Proprio sulle strisce pedonali, un anziano signore apparentemente alticcio, in sella a uno scooter, mi viene addosso.
Agilmente, riesco in parte a schivarlo (mi colpisce soltanto il braccio) e a rimanere in piedi. L’uomo cade a terra assieme al motorino. Perde il casco, gli occhiali e rompe il parabrezza. Rimango sotto shock per un attimo, paralizzato, il braccio mi duole e lo spavento mi pietrifica. Sopraggiungono due ragazzi sulla trentina, visibilmente anch’essi saturi di vino.
Parlando un inconfondibile livornese, aiutano il signore a rialzarsi. Io mi riprendo, raccolgo gli occhiali al conducente, glieli porgo. Lui chiede chi fosse il ragazzo che ha investito. Rispondo prontamente “io”. I due sconosciuti intervengono allora in modo risoluto, dichiarando che non mi ero fatto nulla e, anticipando ogni mia richiesta, che non mi azzardassi a tentare di lucrare sull’accaduto, cosa che neppure mi aveva sfiorato la mente. Li ignoro, rivolgendomi al conducente, cercando di capire come ci saremmo potuti mettere d’accordo se, tornando a casa, mi fossi accorto di avere una frattura al braccio che mi doleva moltissimo. I “soccorritori” sono diventati più violenti: hanno cominciato a urlarmi che sarebbe stato meglio se fossi tornato in fretta a casa altrimenti mi avrebbero picchiato. Sbraitavano e mi spintonavano,
Ho cercato di prendere il telefono per chiamare la polizia, me lo hanno strappato di mano, appellandomi “frocio di m…”.
Ho provato a prendere la targa del motorino, ma ero sconvolto e non riuscivo bene a leggere. I due intanto proseguivano con spintoni e insulti, Tra i passanti che si erano fermati, NESSUNO mi ha aiutato! Un tale al quale mi sono rivolto in cerca di solidarietà e aiuto, ha girato lo sguardo, andandosene. Anche il conducente, probabilmente sentendosi protetto dai due ubriachi, è risalito sul suo mezzo e mi ha congedato con un timido ma sbrigativo “va bene, allora io andrei”.
Gli ho ricordato che aveva appena investito una persona sulle strisce pedonali, ma che se riteneva giusto andarsene, andasse pure! I due hanno ricominciato a spintonarmi, intimandomi di andare via, altrimenti mi avrebbero pestato. Sconfortato, mi sono allontanato al grido di “vai a casa finocchio di m…!”. Credo che soltanto si possa immaginare cosa si provi a essere vittime di un incidente, sapere di avere totalmente ragione, cercare di capire se ci siamo fatti male o meno e, invece di ricevere conforto, cure, attenzioni, essere aggrediti verbalmente e fisicamente. Mi domando come sia possibile che una città come Livorno permetta questo nella più totale indifferenza, come sia possibile che la polizia non intensifichi dei controlli in una zona che tutti sappiamo essere “critica”, come sia possibile che il solo essere o sembrare (non è questo l’importante!) omosessuale induca qualcuno a giustificare violenza, come ancora le persone vengano divise tra serie A e serie B solo in base all’apparenza e ciò sia tollerato, se non addirittura approvato. Tremo ancora mentre sto scrivendo, di rabbia e di dolore. E’ una ferita che la mia Livorno m’ ha inferto nel cuore. Guarirà con molta più difficoltà rispetto alla piccola contusione alla mia mano!
Luca Dieci
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