25 Aprile e primo maggio: “I forzati del lavoro”

25 Aprile e Primo Maggio (come già il 2 Giugno): tutti i negozi aperti in barba alla Repubblica nata dalla Resistenza e fondata sul Lavoro. Non avverto dibattito, scandalo ed indignazione che animò lo stesso tema l’anno scorso a seguito della decisione di Coop di aprire il 25 Aprile.

Questo perché la Coop è chiusa, unica nella grande distribuzione? E così le nostre coscienze si sono acquietate? Come se i valori del lavoro e del suo riconoscimento riguardassero solo i lavoratori della Coop e non TUTTI i lavoratori il dibattito sul tema delle aperture senza limiti dei negozi, non solo non è proseguito ma è letteralmente scomparso dalle questioni in agenda nella discussione della costruzione di una società più “civile”.

La decisone di Coop di tornare a privilegiare, senza distinzioni di opportunità, i valori costitutivi rispetto al “mercato”, oltre a rappresentare un forte segnale di diversità che va valorizzato, permette di ritornare invece sull’argomento “aperture” con una convinzione in più: si può fare, non c’è condanna capitale per i lavoratori in servizi non indispensabili di vedere mortificato il piacere del riposo quando “la società” riposa e festeggia.

“La giornata di domani (Natale n.d.r.) era un’autentica, inalienabile festa del detenuto, riconosciutagli formalmente dalla legge. In quel giorno non poteva essere mandato al lavoro e di simili giorni nell’anno ce n’erano tre in tutto” (F. Dostoievski: Memorie di una casa morta – cap. X): se anche lo stato zarista nel 1800 garantiva ai forzati delle carceri siberiane tre giorni di festa dal lavoro, mi domando se è proprio così impossibile (ri)stabilire regole che salvaguardino l’esigenze delle imprese, la legittima concorrenza fra le stesse con la dignità del riconoscimento del lavoro attraverso anche il rispetto del giorno di festa.

Dobbiamo rilanciare l’idea di una “nuova” (o vecchia?) qualità della vita che sostituisca lo shopping festivo, che non è né un servizio pubblico (ospedali, trasporti, sicurezza, informazione) né un pubblico esercizio (bar, ristoranti), con il recupero del “valore riposo” e delle relazioni sociali. Dobbiamo essere convinti che ciò è possibile perché, se non invertiamo la tendenza, un domani faranno lavorare la domenica (con il sabato) anche quelli che oggi lo utilizzano solo per fare la spesa.

I segnali già esistono, a partire da alcune richieste padronali che vorrebbero equiparare la domenica (e i festivi) a giorni normali, “tanto siamo sempre aperti”, dicono, e naturalmente così non riconoscere più le maggiorazioni previste per il lavoro domenicale e festivo: anche questo in barba alle tesi sostenute dai fondamentalisti del “sempre aperti” per i quali le aperture generano occupazione e salario.

Questo argomento resta un terreno di confronto anche fra forze politiche, specie sul piano locale, che mi auguro si avvii non legato a contingenze o a speculazioni di parte.

Grazie dell’eventuale attenzione
Beltramme Maurizio*

*dipendente UNICOOP Tirreno Ipercoop Livorno
e componente Comitato Soci Unicoop Tirreno Livorno

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