“Modì” venduto a un cinese. Nogarin: “Lo scenario peggiore”
L’acquirente è un collezionista miliardario di Shangai che ha partecipato telefonicamente all’asta
Modì da record. L’opera – un nudo di donna distesa su un letto, chiamata “Nudo disteso con braccia aperte” o “Nudo Rosso” e realizzata nel 1917 – è stata battuta a New York alla cifra di 170,4 milioni di dollari (158, 4 milioni di euro). Tuttavia, il quadro, per 9 milioni, non è l’opera d’arte più preziosa del mondo. Il titolo è andato ad un Picasso, “Le donne di Algeri (Versione 0)” battuto all’asta, sempre a New York lo scorso maggio, per 179,4 milioni di dollari.
Il quadrò di Modì è la prima volta che viene battuto all’asta e fa parte di una serie di grandi nudi realizzati per Leopold Zborowski, polacco ma attivo a Parigi, uno dei più importanti mercante d’arte moderna, a sua volta ritratto dallo stesso Amedeo Modigliani. L’acquirente è un collezionista miliardario di Shangai che ha partecipato telefonicamente all’asta.
Il sindaco Nogarin: “Si è concretizzato lo scenario peggiore” – Il “Nu couché”, capolavoro assoluto di Amedeo Modigliani è stato battuto all’asta ieri da Christie’s e aggiudicato, per oltre 170 milioni di dollari, ad un collezionista cinese, che per ora ha voluto mantenere l’anonimato.
Come Sindaco di Livorno confidavo, nella remota ipotesi, che questa vendita venisse scongiurata e il quadro potesse rientrare nel nostro paese.
Sognavo, lo ammetto, come credo tanti livornesi, che potesse venire esposto, un giorno, nella patria di “Dedo”.
Più realisticamente, lontano da ogni provincialismo, speravo che, “ultima ratio”, venisse ceduto, ad un importante museo per divenire così “ambasciatore” della cultura italiana e di Livorno, nel mondo. Alla fine si è concretizzato lo scenario peggiore: il secondo quadro più costoso di ogni tempo, dopo “Le donne di Algeri” di Pablo Picasso, con tutta probabilità, non sarà fruibile a lungo, per il pubblico.
Un politico, ormai dimenticato, affermò che “con la cultura non si mangia”.
Questo paese si dimostra invece una miniera di diamanti, purtroppo ce ne rendiamo conto solo quando assistiamo, impotenti, alle fughe di queste gemme inestimabili all’estero. Gemme che intrinsecamente sono patrimonio di tutta l’umanità ma finiscono nelle collezioni di qualche privato come dimostrano i valori ai quali è arrivato anche questo meravigliosa opera d’arte.
Paesi come la Cina e l’Arabia Saudita, fiancheggiati dai mercanti d’arte, fanno incetta dei capolavori di grandi artisti, divenuti ormai investimenti milionari, più sicuri del mattone, facendone schizzare così il valore alle stelle.
Sono quelle nazioni che da tempo non favoriscono la crescita naturale ed artistica dei loro stessi connazionali ma che, al contrario, l’hanno osteggiata violentemente come la vicenda di Ai Weiwei ci insegna. Un’arte non più espressione della storia di un territorio, della sua cultura ma sempre più espressione dell’arroganza del Dio denaro.
Al di là del rammarico è sempre più necessario ed importante comprendere come l’opera sia uscita dal paese per prevenire in futuro altre perdite di sovranità culturale.
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