Buongiorno Livorno: cure compassionevoli? Invitiamo alla cautela
L’incontro avuto dall’assessore al Sociale e alla Sanità del Comune di Livorno, Ina Dhimgjini, che ha giustamente espresso la solidarietà e la vicinanza della città alla famiglia della piccola Sofia De Barros, affetta da leucodistrofia metacromatica, ha risollevato la questione relativa all’ammissibilità o meno di certe “cure compassionevoli” da parte dello Stato.
Va segnalato che con l’espressione terapia compassionevole ci si riferisce in genere a terapie in fase di sperimentazione clinica, che quindi non hanno ancora completato il processo che ne riconosca la validità, e che possono essere somministrate ai pazienti che presentino condizioni di salute gravi per cui ogni altro trattamento si è rivelato inefficace. In ogni caso, si tratta di procedure e protocolli che stanno all’interno di un percorso di studio controllabile, perché condotto secondo criteri razionali e trasparenti che rispettano il metodo della ricerca scientifica, l’unico che può fornire sufficienti garanzie, e la cui sperimentazione sia in una fase sufficientemente avanzata da escludere effetti nocivi sulla salute dei pazienti.
Chiaramente l’applicazione di queste terapie deve avvenire dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato, con una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi, in accordo con l’Art. 5 della Convenzione di Oviedo, recepita con la Legge 145/2001. Questo iter costituisce un diritto del singolo ma anche un dovere per l’istituzione sanitaria, che deve svolgere un’opera di tutela della salute dei cittadini che preveda un ruolo attivo dei pazienti.
La prima questione da evidenziare è che la cura Stamina non è assolutamente assimilabile a questo tipo di terapie. In questo caso si parla infatti di un metodo che non fornisce nessun tipo di garanzia, ripetutamente sconfessato dalla comunità scientifica, di un personaggio, non-medico, sotto indagine perchè accusato di trarre consistenti guadagni da pazienti affetti da patologie senza speranza, e di un caso sollevato mediaticamente.
La deroga al processo di sperimentazione di una procedura sanitaria non può spingersi al punto di far sì che le istituzioni appoggino trattamenti che non si sottopongono al vaglio della comunità scientifica e, quindi, di un metodo che, nella sua corretta applicazione, costituisce la migliore garanzia dei diritti delle persone, esponendo potenzialmente i cittadini che dovrebbero proteggere a rischi per la loro sicurezza e incolumità.
D’altronde non possono nemmeno essere messi in discussione il dolore, la determinazione e i diritti di una famiglia che tenta in ogni modo di allieviare le sofferenze di un proprio congiunto. Un travolgente coinvolgimento emotivo in casi come quello di Sofia è inevitabile, ma l’opera di tutela di cui devono farsi carico le istituzioni non può basarsi sull’emotività del momento. Lo Stato non può avallare terapie che non forniscano certe garanzie minime, soprattutto per quanto riguarda i rischi per la salute. Tantomeno può finanziare approcci o cure che non soddisfino tali garanzie, non soltanto per una mera questione di risorse, ma per non alimentare dei circuiti perversi.
Queste nostre convinzioni ci spingono quindi a invitare alla cautela le istituzioni relativamente a metodi di cura che si sottraggono ai criteri di trasparenza e razionalità propri della ricerca scientifica, senza l’osservanza dei quali le stesse istituzioni vengono meno al loro obbligo di tutela, escludendo di principio e di fatto la partecipazione attiva di qualunque paziente al trattamento.
Molto impegno in questi anni è stato profuso affinché il cittadino, specie se ammalato, resti fino alla fine padrone di sé e soggetto di diritti. La tutela di tali diritti passa però attraverso un altro diritto fondamentale, quello all’informazione corretta, onesta e libera, molto diversa, spesso, da quella che viene veicolata dai mass-media. Essere liberi di scegliere significa prima di tutto sapere. Chi propone delle terapie sfuggendo deliberatamente ai controlli della comunità scientifica internazionale nega prima di tutto il diritto alla scelta informata.
Direttivo Buongiorno Livorno
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