Ragazzina schiavizzata e picchiata dalla matrigna per quattro anni, assembla un cellulare e scappa
Al pronto soccorso dove è arrivata la minore è stato attivato il codice rosa per proteggerla da ulteriori vessazioni. Sul caso indaga la Squadra Mobile
di gniccolini
LIVORNO – Quando da piccolina le raccontavano che le bambine cattive sarebbero finite all’inferno, forse la sua testolina non poteva arrivare a comprendere cosa volesse dire quella parola. Lisa (un nome di fantasia che daremo a questa ragazza per difendere il suo anonimato e la sua privacy) lo ha scoperto sulla sua pelle, qualche anno dopo, tra schiaffi e umiliazioni, tra pedate e voglia di indossare un paio d’ali per volare via il più lontano possibile da una realtà troppo dura per essere reale.
Schiava della sua matrigna. Una vera e propria schiava della matrigna che sin dall’età di 13 anni l’aveva chiusa in casa, qui nella nostra città, nella Livorno che ne non ti aspetti, privandola del “fuori”, della libertà di credere ad un futuro che solo ieri, Lisa, ha avuto il coraggio di riprendersi con la forza di chi ha ingoiato troppo. Lisa oggi ha 17 anni e ha dovuto subire l’ennesimo pestaggio da parte della donna che vive con il padre fin da quando era piccola, fin da quando le raccontavano di fare la bimba brava, ché sennò finiva all’inferno.
L’inferno di Lisa. Lisa all’inferno ci è finita davvero ma senza aver fatto “la cattiva”. Quattro anni di prigionia domestica, ritirata da scuola e costretta, come una moderna Cenerentola, a pulire l’appartamento che condivideva con il padre e con altre due sorellastre. “Ho dovuto subire cose indescrivibili”, ha raccontato ieri agli assistenti sociali e agli agenti di polizia che l’hanno ascoltata dopo che è partito il “codice rosa” dal pronto soccorso di Livorno nel quale si era rifugiata dopo la fuga. “Quando secondo la mia matrigna sbagliavo qualcosa mi metteva la testa nel water close e poi azionava lo sciacquone”. E poi le botte. Quelle a cui il padre non si opponeva, quelle che lo stesso padre “ogni tanto mi riservava per compiacere la sua compagna”, spiega a chi l’ha accolta e l’ha tirata fuori da questa prigionia.
Il cellulare assemblato con pezzi rotti. Negli anni un telefono cellulare le ha permesso di credere e di sperare che presto tutto questo sarebbe finito. Un cellulare che lei stessa con il tempo ha assemblato rubando pezzi che finivano sul pavimento dopo litigate furenti tra i due adulti di casa che facevano volare di tutto. E tra il “di tutto” anche il “cell” che, botta dopo botta, regalava spicchi di speranza alla giovane Lisa. Oggi una batteria, domani una tastiera, dopo domani una scheda sottratta di tanto in tanto ai cellulari dei due adulti e poi rimessa al suo posto per la paura di farsi “beccare”. E’ questo il passepartout che la 17enne ha custodito con il tempo e con il quale periodicamente, come una spia, senza farsi accorgere, utilizzava per telefonare alla zia paterna raccontandole il suo calvario aspettando la maggiore età, come aveva fatto il fratello poco tempo prima, per riuscire così ad “evadere” da quella gabbia.
Le catene si spezzano. Ma Lisa non ce l’ha fatta ad attendere i 18 anni per guadagnarsi la vita. E proprio ieri infatti, martedì 15 ottobre, quelle catene che si spezzano dopo l’ennesimo schiaffo, dopo l’ennesimo insulto. Lisa riesce a scappare e riassaporare l’aria fresca sulla faccia che le era stata privata da tanto, troppo tempo. Lisa riesce a chiamare la zia, le lascia alcune indicazioni, legge una il nome di una via e si fa venire a prendere. Insieme arrivano al pronto soccorso.
Le cure mediche del caso e la decisione uscita fuori come un amen, senza pensarci, di far attivare il “codice rosa”, quella campana di vetro sotto la quale da ieri sera, Lisa, è finalmente al sicuro.
Sul caso indaga la Squadra Mobile. Al pronto soccorso di Livorno arrivano gli assistenti sociali, i medici, l’agente di polizia preposto a ricevere i “may day” di tanti angeli caduti nel fango della violenza. Da ieri sera Lisa è al sicuro sotto l’ala del codice rosa, in un posto segreto dove nessuno la potrà trovare, dove nessuno le potrà fare più male. Dove l’inferno non esiste. Specialmente per chi, come lei, la “cattiva” non l’ha mai fatta.
Sul caso sta indagando la squadra Mobile diretta dal dottor Marco Staffa che ha interrogato questa mattina la minore che adesso è in una struttura protetta lontano dal male.
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