Intervista a Doga, futuro da direttore sportivo: “Possiamo salvarci. La mia squadra era diversa”

141 presenze, 5 gol ed una promozione in A sono i dati che più servono per raccontare la storia di un giocatore rimasto molto legato a Livorno

di MATTEO NOVEMBRINI

Livorno – Cinque stagioni piene con indosso la maglia amaranto, per un totale di 141 presenze e 5 gol. Cinque stagioni che però hanno segnato una carriera. Con il Livorno Alessandro Doga, protagonista delle due storiche promozioni in B (5 maggio 2002) ed in A (29 maggio 2004), ha scritto le pagine più importanti della propria carriera da calciatore, arrivando a toccare quella Serie A di cui aveva già sentito il sapore, guardando dalla panchina o dalla tribuna le partite della Sampdoria dei primi anni ‘90 all’inizio della carriera, ma gustata fino in fondo solo con il Livorno. Che diventerà, per lui nativo di Genova, una specie di seconda casa, per quell’amore e quel rapporto trovato con la nostra città in quei primi favolosi anni del nuovo millennio. Oggi Alessandro è un uomo maturo, che ha lasciato il calcio giocato già da qualche anno, mondo che però non ha voluto lasciare del tutto, intraprendendo la carriera di allenatore con le giovanili del Livorno subito dopo il suo addio e quindi da dirigente sportivo, riconoscimento appena conseguito.

Ciao Alessandro, innanzitutto complimenti per essere diventato direttore sportivo. Soddisfatto?

“Grazie mille. Sì, è stato un corso formativo a mio avviso importante, che ho deciso di fare per migliorare le mie conoscenze nell’ambito calcistico.”

Ci racconti il suo percorso per ottenere questa licenza.

“E’ stato un corso piacevole innanzitutto perché mi ha dato la possibilità di stare a contatto con l’ambiente del calcio, ed al tempo stesso molto utile. Si è sviluppato su due graduatorie, quella tecnica e quella amministrativa, ed è stato organizzato in sei sedute. L’11 dicembre ho finalmente raggiunto l’obbiettivo in seguito ad un esame che è stato articolato in due momenti: il primo è stato quello dell’esposizione della tesi, avvenuta nella mattina, che io ha fatto riguardo all’inserimento di un ex calciatore nel mondo del calcio, prendendo in considerazione tutte le problematiche del caso. Nel pomeriggio invece ho risposto alle domande della commissione, che spaziavano in un programma molto vasto, dal marketing alla modulistica per arrivare al razzismo.”

Aveva già programmato, appena appesi gli scarpini al chiodo, di fare il direttore sportivo oppure è un’idea venuta più avanti?

“Sinceramente no, l’idea mi è venuta quando sono venuto a sapere di questo corso. Io pensavo a prendere il brevetto di allenatore di seconda, ma poi ho visto questa possibilità e l’ho colta, per migliorare ed incrementare le mie conoscenze”.

Proprio a questo proposito, adesso si concentrerà sull’impegno come direttore sportivo allo stesso modo di quello da allenatore, oppure privilegerà uno dei due incarichi?

“Non ho una preferenza per uno dei due ruoli, ma intanto mi godo questa mia privilegiata posizione. Sono infatti parte del settore giovanile del Livorno, una squadra di Serie A, cosa per cui sono strafelice. Al momento il mio obbiettivo è quello di assimilare il più possibile, guardando ad ogni aspetto del campo e non solo, perché so quanto sia difficile oggi ricoprire l’uno o l’altro ruolo. Voglio fare tesoro di più conoscenze possibili, poi vedremo”.

Parliamo della situazione del Livorno, terzultimo in classifica a rischio retrocessione. Come vede la squadra di Nicola? Riusciranno a salvarsi gli amaranto?

“Davide è un bravissimo allenatore, non sono preoccupato. La squadra è stata messa su per puntare alla salvezza, non certo per lottare per lo scudetto o per un posto in Europa. La squadra lotta per evitare la retrocessione, ed anche se al momento il Livorno (in realtà dice “siamo”, ad indicare quanto sia ancora forte il suo legame con la città e la squadra, ndr) è in zona retrocessione, non bisogna farsi prendere dal panico e mantenere la calma, che è quello che i ragazzi stanno facendo. Bisogna analizzare gli aspetti negativi, la squadra ha buone qualità ed il mercato di gennaio può dare una mano”.

Fece parte del gruppo della storica promozione in A del 2004. Anche voi all’inizio avevate avuto delle difficoltà, ma poi la vostra squadra prese il ritmo e si salvò in un campionato che vide ben 12 squadre racchiuse in 4 punti. Vede delle somiglianze tra quel Livorno e questo?

“No, le ritengo due squadre diverse perché create in due epoche diverse. Noi avevamo una media d’età più alta, e potevamo contare su dei singoli molto forti come Lucarelli o Protti. Questa squadra invece è molto giovane, e Nicola ha fatto un lavoro straordinario lo scorso anno quando, con nessun giocatore di spicco, è riuscito a regalare la promozione al Livorno. Quello di quest’anno è un gruppo giovane che ha voglia di fare bene, attaccato alla maglia e concentrato sul progetto, e con queste premesse speriamo (e si torna con il plurale) di tenerci stretta la Serie A.”

 

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