L’intervista. Mister Di Carlo in redazione: “Ho accettato in tre secondi. Così ci si può salvare”. E riceve la telefonata di Prandelli. Il video della diretta

Al termine dell'incontro, Quilivorno.it ha consegnato all'allenatore una targa ricordo con la scritta: "Combattente in campo, condottiero in panchina"

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Dall’esperienza sul campo a quella sulla panchina amaranto passando per la trattativa che l’ha portato all’ombra dei 4 Mori. Mister Di Carlo è stato ospite nella redazione di Quilivorno.it per oltre un’ora. Sono stati tanti i temi affrontati dall’allenatore che non si è mai tirato indietro neanche alle domande più incalzanti da parte dei tifosi. Al termine dell’incontro, Quilivorno.it ha consegnato all’allenatore una targa ricordo con la scritta: “Combattente in campo, condottiero in panchina”.

Partiamo dalla carriera di calciatore: dopo tanta gavetta finalmente arriva l’esordio in serie A (a San Siro contro l’Inter).
“Ho ricordi bellissimi  di quel giorno perché arrivare in A è il sogno di tutti i calciatori. Io ho avuto la fortuna di arrivarci e per cinque anni ho sempre dato il mio contributo per il Vicenza che considero il top della mia carriera da calciatore”.

Come avvenne il passaggio al Livorno?
“La colpa è di Lucarelli vista la stagione fatta insieme a Lecce. In quell’anno (1999/2000) ho imparato tutto sul Livorno: sapevo già tutte le canzoni della curva, conoscevo bene le BAL, il cacciucco e i 4 Mori. Mi ha fatto una testa tanto su quanto fosse bello giocare a Livorno. Poi grazie all’intercessione di Spinelli e Jaconi ho avuto la fortuna di accettare la proposta”.

Ripensi ancora a Como-Livorno?
“Mi ricordo che ci azzopparono Protti nella prima partita contro l’Arezzo. Questa fu una delle cause per cui non siamo riusciti a vincere lo scontro diretto in casa contro il Como. Facemmo 95 minuti in attacco, ma il pallone non entrava. Con Igor in campo avremo vinto almeno 3-0. Al ritorno mi ricordo che Scichilone prese una traversa clamorosa, segno che era destino che non andassimo in B”.

Ti offrirono il rinnovo del contratto?
“Sì, ma capii che ero troppo vecchio per continuare. Jaconi e i ragazzi volevano che rimanessi. Penso che bisogna smettere quando si è coscienti di star bene e aver lasciato un bel ricordo. Quell’esperienza mi è servita anche oggi”.

Com’è stato il passaggio dal campo alla panchina?
“Relativamente semplice, ma al contempo anche difficile perché si cambia tipo di lavoro. Spesso l’allenatore si sente ancora calciatore e prima separa queste due cose e meglio è. Devi pensare non più al singolo ma a 24-25 giocatori, a tantissimi tifosi, a tutta la società. Hai una responsabilità diversa”.

Il ricordo peggiore e migliore da allenatore?
“Tutte le esperienze servono per far crescere. Col Mantova raggiunsi la finale contro il Torino per andare in serie A, e ci fu una “ladrata”. Dopo ti rimane dentro quel senso di ingiustizia perché sai che hai perso ma non per demerito tuo, ma perché gli altri hanno usato qualcosa di diverso. Sono dispiaciuto per Mantova che era tanti anni che non andava in A. Come beffa finale prendemmo un palo all’ultimo minuto. Come soddisfazione penso che l’impresa fatta con il Chievo sia straordinaria. A gennaio erano staccati da tutti e noi facemmo l’impresa di salvarsi realizzando 38 punti nel girone di ritorno”.

Un allenatore al quale ti ispiri?
“Ci sono tre tecnici che cito sempre: il primo è Caramanno perché a Palermo mi ha insegnato la tattica di calcio. Dopo metto Ulivieri e Guidolin che mi hanno dato sicurezza nei mezzi e fatto capire che il calcio è un gioco di squadra. Jaconi a Livorno è stato straordinario, perché mi ha fatto capire che si può vincere anche con il sorriso e non solo le tensioni e preparazioni pre-partita”.

Quando c’è stato il contatto con il Livorno e perché hai accettato?
“Erano le 7.30 del mattino e vidi il numero di Capozucca. Ho subito capito di cosa si trattava. Non ho neanche fatto finire il discorso al ds che ero già in macchina perché la voglia di venire a Livorno era tanta. Mi sono trovato alle 9.30 a Genova, dopo sono stato presentato. E’ stato tutto velocissimo e anche il mio staff era ancora impreparato. Avevo voglia di ripartire e nelle situazioni difficili mi trovo a mio agio. per arrivare a grandi risultati serve un grande lavoro e ho visto la disponibilità del gruppo per arrivare a raggiungere la promozione”.

Cos’hai portato in più rispetto alla passata gestione?
“Probabilmente il metodo di lavoro e ogni allenatore porta le sue teorie. I ragazzi mi hanno subito seguito e abbiamo iniziato un percorso importante per arrivare a giocarci la salvezza fino all’ultima giornata. Sono convinto che con lo spirito e l’atteggiamento giusto possiamo farcela a giocare con le 5 squadre che al momento sono impegnate per la lotta per non retrocedere”.

Ti rivedi in qualche calciatore?
“Mi rivedo in Andrea Luci. Io stato capitano del Livorno per un anno grazie a Protti e Jaconi che appoggiarono questa scelta. Sono stato capitano anche a Vicenza. Andrea vedevo che era l’anima, un mediano che ha fatto tanta carriera prima di arrivare in A. Quando arrivi a questi livelli con queste premesse allora puoi esaltare anche le tue qualità”.

Qualcuno dei tuoi vecchi compagni ti ha contattato dopo che sei arrivato sulla panchina del Livorno?
“Doga, Balleri e Cannarsa sono già in società. Protti, Lucarelli, Vanigli e Fanucci mi hanno contattato. Ma ora sono concentrato in questi mesi e magari ho meno tempo da dedicare agli amici. In futuro sì, ma ora penso solo alla squadra”.

L’eredità che Nicola ha lasciato è stata pesante da gestire?
“Quello che Nicola ha fatto insieme alla squadra e ai tifosi rimarrà nella storia. La mia fortuna è stata quella di conoscere già l’ambiente come il dottore, i magazzinieri, Paolo Nassi e altri. Sono subentrato, ma c’ero già dentro. Non conoscevo i giocatori, ma loro si sono subito messi a mia disposizione per raggiungere l’obiettivo che è la vittoria alla domenica”.

Cosa pensi del fatto che Ceccherini nell’under 21 non gioca mai?
“Mi ha chiamato Prandelli chiedendomi informazioni su di lui, Bardi e Benassi perché avrebbe piacere di convocarli per uno stage con la nazionale maggiore. Io sono orgoglioso di questo, poi però vedo che spesso e volentieri Ceccherini con l’under 21 è in panchina e Benassi in tribuna. Forse i problemi sono da altre parti, ma ho piacere che Prandelli segua i nostri giovani. Rispetto le idee di Di Biagio e non mi permetto di giudicare il lavoro degli altri”.

Non pensi che Spinelli sbagli a dire in continuazione che voglia lasciare a giugno e che tutti sono in vendita?
“Non voglio entrare nel merito di quanto accade fuori dal campo perché il presidente va sempre sostenuto visto quello che ha fatto in questi anni. Come tutti vorrebbe che il Livorno fosse primo in classifica, ma sa che questo non è possibile. Mi ha chiamato dopo le sconfitte contro Genoa e Verona dicendomi che aveva apprezzato la squadra e mi ha sostenuto”.

Domenica arriva la Sampdoria, tua vecchia conoscenza. Cosa ricordi di quell’esperienza? Fu ingiusto l’esonero?
“Tutto è cominciato dal preliminare. Stavamo vincendo 3-0 e i nostri avversari eravamo morti. Il loro ultimo cambio è stato obbligato perché si era fatto male un attaccante. Mancavano 40 secondi e il nostro portiere fa un rinvio sbilenco. La palla la prende Mertesacker, due nostri centrocampisti scivolano e il pallone arriva a Rosemberg che calciando trova un angolo impossibile. Il mancato passaggio del turno ha cambiato i piani perché se si approdava alla fase a gironi non c’era bisogno di vendere tutto per rimettere a posto i conti. La squadra nonostante tutto si era ripresa e non era facile giocare anche in Europa League. A dicembre eravamo quinti in classifica, ma poi Cassano ha litigato con il presidente, hanno mandato via il direttore generale e il 27 gennaio mi arrivano Maccarone e Macheda dopo che avevamo venduto anche Marilungo e Pazzini. C’è stato uno stravolgimento tecnico ed è stato fatto un errore di valutazione perché si pensava di essere già salvi. I messaggi che arrivavano dall’area tecnica erano forvianti e hanno scaricato tutta la colpa su di me”.

Che rapporto hai con i tifosi del Livorno?
“Qui il tifo è molto caloroso. I supporter vogliono vedere sempre il bel gioco e gente che dia tutto per la maglia. Con loro ho un rapporto eccezionale e li ringrazio perché non hanno trasmesso negatività e si sono stretti intorno a me e alla squadra. Si è arrivati alla famosa tregua. Tutti vogliono lo stesso obiettivo”.

Adesso mister Di Carlo risponde alle numerose domande che ci sono arrivate (purtroppo per motivi di tempo non è stato possibile accontentare tutti). 

Buongiorno mister, le volevo chiedere cosa ne pensa della campagna acquisti di gennaio e se non era il caso di prendere anche un centrocampista, grazie (Carlo).
“Eccezionale. Sono stati tutti bravissimi dal presidente a Capozucca perché hanno preso i giocatori giusti dove servivano. Non serve acquistare dieci giocatori, ma si deve andare a rinforzare dove realmente serve. Noi volevamo rinforzarci a sinistra e abbiamo preso Castellini e Mesbah pur avendo già Gemiti. Dopo avevo detto alla società che io gioco sempre con due punte, quindi serviva un attacante di peso ed è arrivato Belfodil. Magari se Luci si fosse fatto male prima avremo preso anche un centrocampista”.

Non le preoccupa il fatto che in caso di salvezza il Livorno dovrà rifare la squadra da zero visti i tanti prestiti che ha (Marione 69)?
“Caro Marione, pensiamo prima a salvarci perché più stai in A e più che hai una salvezza anche economica”.

Vorrebbe nel suo staff uno come Protti? (Luca Nord)
“Lui deve stare nel Livorno, non nello staff di Di Carlo. E’ stato una bandiera. Penso che ci saranno i tempi e i momenti giusti e in un futuro spero che ci sia questa possibilità perché lui qui è un istituzione”.

Grazie per la grinta, se potessi scegliere un giocatore per il Livorno chi sarebbe? (Aurora)
“Deve avere le giuste motivazioni perché Livorno è una piazza bella passionale. Servono giocatori che diano l’anima come ad esempio faceva Morrone. Se poi questi giocatori hanno qualità tecnica meglio”.

Possibile creare nuovamente il cerchio magico a fine di ogni partita? (Filippo)
“No perché ogni allenatore ha un suo metodo e va rispettato. Rispetto tantissimo le metodologie dei miei colleghi, ma io ho la mia. Per me l’importante è che i giocatori alla fine salutino i tifosi sia che si sia vinto o no”.

Perché Baldini ce l’ha così tanto con lei? (Cinzia)
“Dovrebbe avercela più con se stesso. Star a tirar nuovamente fuori questo argomento a distanza di 7 anni e dopo aver fatto cene insieme, discusso e parlato di quando accaduto lo trovo fuori luogo. Sta fuori da tanto tempo quindi è normale che sia arrabbiato”. 

Possibile giocare con un 4-3-3 con questa formazione: Ceccherini, Coda, Emerson, Mesbah, Benassi, Biagianti, Greco, Siligardi, Paulinho e Belfodil? (Alessandro) 
“Questa squadre è nata e ha vinto un campionato con il 3-5-2. Poi è normale che in allenamento provo altri moduli tra cui il 4-3-3, ma gli interpreti sono il fattore determinante. Se giochiamo con tre attaccanti, questi devono correre. Prendete per esempio la Juventus: le due punte corrono più dei centrocampisti. Tutti devono fare sia la fase offensiva che difensiva”.

Non pensa che come capitano sia più giusto Emerson? (Fabio)
“A me non piace che i giocatori protestano con l’arbitro perché devono restare concentrati sulla gara. Paulinho è importante così come Emerson perché sono giocatori di personalità. La fascia dà maggiori responsabilità, ma il capitano deve comunicare solo con l’allenatore e trasferire il messaggio ai compagni”.

Perché con il Genoa è stato espulso? (Claudio57)
“Stavo rincorrendo Emeghara per festeggiare il suo gol, ma solo dopo mi sono accorto che c’era la bandierina alzata per il fuorigioco. Un allenatore non dovrebbe mai farsi trascinare dalle emozioni, ma a volte è normale che capiti. In settimana si fa tanto per arrivare al gol e veder gonfiare la rete è sempre qualcosa di bello. Il quarto uomo era giovane e non ha capito il mio gesto, magari non tifava Livorno (sorride, ndr)”.

E’ favorevole alla moviola in campo? (Augusto Livorno)
“Sì, ma solo per i casi di gol-non gol, altrimenti le partite durerebbero troppo tempo. L’addizionale di porta è un lavoro difficile perché passi molto tempo a non fare niente e poi devi decidere di un’azione in pochi secondi. E’ un po’ come il portiere”.

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