La storia di Livorno spiegata (con le canzoni) da Pardo Fornaciari

di FILIPPO PINI

Nella settima conferenza del ciclo “Fram(m)enti Livornesi” è Pardo Fornaciari che spiega, straordinariamente, un aspetto fondamentale per capire la storia della città labronica, ovvero la musica del canto popolare. “Livorno ha una tradizione socio-politica molto più breve di altre città toscane ma, allo stesso tempo, è stata ed è culla di grandi pensatori e innovatori, persone che hanno sempre sognato la rivoluzione sociale sin dagli albori, tema ricorrente nella nostra storia cittadina. Quando la rivoluzione bussa alla porta è il canto che l’annuncia”. Con queste parole Fornaciari vuole far capire che la musica, in particolar modo quella sociale, è il risultato delle idee di una società, della volontà di dar voce alle proprie ragioni in una modalità comprensibile a tutti. Questo è ciò che a Livorno accade.
Fornaciari fa un excursus musicale perfetto. Facendo un balzo indietro nella storia di duecento anni delinea quel filo rosso che unisce il canto popolare, dalla Carmagnola in livornese della fine del ‘700, agli ultimi cantori livornesi iscritti in questa tradizione. Dal patriottismo livornese della “Tirolese” a “Già lo sguardo”, canzone socialista, passando per la “Tresca Nefanda”, canto anarchico del ’49, si ha un filo conduttore, la denuncia dei soprusi, l’amore per il socialismo prima e l’anarchia poi.
Il canto sociale livornese è impregnato di tutte quelle caratteristiche storiche che hanno distinto Livorno dal resto della Toscana. Fornaciari fotografa perfettamente, sia le figure di Pietro Gori e Ezio Taddei, due grandi cantori sociali del Novecento livornese, sia quelle di Michelangelo Ricci e Marco del Giudice, giovani cantautori impegnati nel sociale. Il folto pubblico presente, al termine di ogni riproduzione musicale di Pardo e i suoi ospiti, lo ringrazia calorosamente con una lunga serie di applausi.

 

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